«Se non siamo alla ricerca dell’essenziale allora cosa cerchiamo?». Attorno a questa provocatoria domanda ruota il programma della 45a edizione del Meeting per l’amicizia tra i popoli che si terrà a Rimini dal 20 al 25 agosto 2024. Una domanda molto alta e profonda che ci sfida sia singolarmente che come società e che ci chiede di mettere in gioco non solo le nostre convinzioni ultime, la nostra visione del mondo, ma anche le risposte pratiche, le iniziative, le realizzazioni che i nostri convincimenti sanno (o cercano di) produrre.
Da questo punto di vista possiamo dire che la proposta cade a fagiolo per la sanità, anzi a doppio fagiolo se vogliamo essere precisi, perché da una parte il tema della essenzialità è il cuore del servizio sanitario visto che ad esso si chiede di erogare i livelli essenziali di assistenza (LEA), e dall’altra è proprio di questo periodo l’ultima valutazione effettuata dal Ministero della salute (su dati 2022) su come si sono comportate le singole regioni nella erogazione, appunto, dell’essenziale.
Non ripetendo quanto già scritto a proposito della valutazione dei LEA ma accettando di confrontarci al fondo con la domanda che il Meeting propone, come si trova la sanità rispetto alla ricerca dell’essenziale?
Nel sito web del Ministero della salute leggiamo: “il servizio sanitario nazionale è un sistema di strutture e servizi che hanno lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale all’erogazione equa delle prestazioni sanitarie, in attuazione dell’art. 32 della Costituzione”. Possiamo quindi dire, come iniziale risposta al titolo del Meeting, che la sanità è andata alla ricerca dell’essenziale e l’ha individuato in tre principi: uguaglianza, cioè i cittadini devono accedere alle prestazioni del Ssn senza nessuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche; universalità, cioè le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie devono essere estese a tutta la popolazione; equità, cioè a tutti i cittadini deve essere garantita parità di accesso in rapporto a uguali bisogni di salute. Se questi sono i tre principi su cui si regge l’essenzialità in sanità è stato poi necessario individuare quali sono le attività (servizi e prestazioni) nei confronti delle quali l’essenzialità va esercitata, ed a questo proposito sono stati identificati i LEA, che contengono l’essenzialità proprio anche nel nome.
Ora, e senza entrare nel merito specifico dei LEA (quelli individuati sono servizi e prestazioni realmente essenziali?), visto che la sanità è andata alla ricerca dell’essenziale possiamo scampare la risposta alla seconda parte del titolo del Meeting? Qui purtroppo (o per fortuna) si inserisce la sfida che ci pone la realtà e questa ci dice (come sarà chiaro a breve) che, dopo avere identificato cosa è essenziale, di fatto (volontariamente o meno) siamo andati alla ricerca (meglio, alla realizzazione) di altro. Vediamo perché.
Si è realizzata, essendo essenziale, l’uguaglianza? Pensiamo, a titolo di esempio, a tempi di attesa e ticket. La lunghezza dei tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni essenziali, al di là dei tentativi in corso per risolvere il problema, sta introducendo di fatto un doppio binario: chi ha le risorse può accedere a pagamento alle attività intramoenia (che hanno tempi di attesa molto ridotti) oppure può uscire dal Ssn (si stimano in quest’area più di 40 miliardi di euro a carico dei cittadini), gli altri aspettano o rinunciano (con le conseguenze che è facile immaginare). La politica dei ticket (sia sulle prestazioni ambulatoriali che sui farmaci) ha portato alla conseguenza che per la stessa prestazione erogata in regioni diverse il cittadino compartecipa in maniera quantitativamente differente. Ma l’uguaglianza non dovrebbe essere essenziale?
Si è realizzata, essendo essenziale, l’universalità? Anche qui due esempi fanno capire a che punto siamo. Il primo riguarda la mobilità sanitaria, cioè quel fenomeno per cui (senza entrare nelle sue molteplici cause) parecchi cittadini, e soprattutto in alcune regioni, decidono di (o sono costretti a) migrare altrove per ricevere una prestazione essenziale. Il secondo riguarda proprio la recente valutazione LEA visto che ben 8 regioni sono state giudicate insufficienti nella erogazione di servizi e prestazioni essenziali, ed anche nelle regioni promosse c’è ancora molto da fare per arrivare ad un livello di essenzialità che non si limiti alla stretta (ed arbitraria come valore numerico) sufficienza. È questa l’essenzialità che caratterizza l’universalità?
Si è realizzata, essendo essenziale, l’equità? Chiediamoci: si può considerare equo un servizio sanitario dove sono sempre più frequenti le segnalazioni di effetti avversi sulla salute causati dalla bassa condizione sociale, dallo scarso livello di istruzione, dal minore accesso alle informazioni, e così via? È accettabile che nei diversi ospedali del nostro paese si registri un esito differente nella cura della stessa patologia (si vedano i risultati del Programma nazionale esiti)? Per non parlare di quello che è successo soprattutto nei primi mesi della pandemia da Sars-CoV-2 dove la carenza degli strumenti di cura (respiratori, letti di terapia intensiva, …) ha indotto alla selezione dei parenti da curare ovvero da accompagnare alla morte.
Questi esempi, ma l’elenco si può allungare a piacimento, ci dicono che di fatto siamo andati alla realizzazione di altro, abbiamo individuato l’essenziale ma non siamo stati capaci di (o, peggio, in alcuni casi non abbiamo voluto) realizzarlo. Forse non siamo esplicitamente, cioè con volontà, andati alla ricerca di qualche specifico altro, ma la realtà ci ricorda che la mancata erogazione dell’essenziale porta necessariamente alla realizzazione di qualcosa che essenziale non è.
E allora? E allora, avendo ormai alle spalle più di 45 anni di servizio sanitario, è il caso di tornare con impegno alla ricerca di cosa è essenziale oggi per la sanità, di cosa deve essere realisticamente, e non utopisticamente (o ideologicamente), considerato essenziale per il Ssn dei prossimi anni (e non solo del Ssn visto che sono all’orizzonte i LEP della autonomia differenziata), cercando di fare in modo che in questa ricerca della essenzialità non si insinui (anche solo surrettiziamente o persino involontariamente) qualcosa d’altro che essenziale non è.
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