I think tank servono per fare politica. Non fa eccezione quello di Tony Blair, molto attivo in Africa, dal Gabon Al Congo. Ecco perché
Non c’è dubbio che nel mondo attuale la politica estera sia anche condotta attraverso istituti o think tank (in Italia pensiamo ad esempio alla comunità di Sant’Egidio oppure all’Istituto di studi politici internazionali di Milano) assai spesso diretti o fondati da ex primi ministri. È il caso dell’ex primo ministro britannico Tony Blair, fondatore del Tony Blair Istitut for global change, che da diverso tempo – anche per conto del Regno Unito – sta portando in essere relazioni di natura politica ed economica col continente africano, e nello specifico con il Gabon e con la Repubblica Democratica del Congo. Proprio il 17 febbraio infatti Tony Blair ha avuto modo di incontrare il premier Ali Bongo durante il vertice Unione Europea-Unione Africana che si è svolto a Bruxelles. Lo scopo naturalmente è quello di contribuire a rendere più efficiente l’economia del Gabon. Naturalmente a vantaggio della Gran Bretagna e delle sue multinazionali.
Ancora più significativa è la collaborazione della moglie di Tony Blair Cherie Blair, fondatrice dello studio legale Omnia Strategy, con il Gabon.
Ma l’attivismo politico e diplomatico dell’ex primo ministro non conosce tregua, come dimostra ad esempio l’incontro con il presidente del Congo Félix Tshisekedi e, più recentemente, quello fatto a luglio per convincere il presidente a non affidare l’appalto della Grand Inga – che consiste nella realizzazione di dighe di enormi dimensioni sul fiume Cingo – ad una società mineraria australiana.
Di analogo interesse il fatto che l’istituto di Blair abbia contribuito alla realizzazione del fondo Mwinda volto a realizzare l’elettrificazione del Congo entro il 2024.
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