SCENARIO COVID/ Nuovo picco in novembre, Italia salva: lo dice la Spagnola
I dati Covid a livello globale sono altalenanti: in molti paesi ci sono zone rosse, mentre in Italia e in Germania l’epidemia è sotto controllo

I dati globali sono altalenanti: a livello macro rallentano, ma allo stesso tempo permangono zone critiche in cui il virus viaggia a velocità d’interazione elevata.
Una di queste “zone rosse” è rappresentata dalla Spagna. Madrid è semi-blindata, 37 i distretti chiusi, quasi 800mila persone con limitazioni all’interconnessione. E un indice Rt che viaggia verso il 2.
Non va meglio in Gran Bretagna, dove si cerca a tutti i costi “di evitare un nuovo lockdown nazionale”, di fatto però circa 14 milioni di britannici sono in regime di restrizione, con 4.300 contagi medi al giorno e aumento dei ricoveri. Dati che allarmano la sanità di sua Maestà.
Critica la situazione anche in Francia: oltre la metà dei dipartimenti è “zona rossa”, contagi in media sui 13mila casi giornalieri (ieri +16mila in 24 ore) e ricoveri in aumento. Nonostante ciò si tenta qualche slancio di normalità, proponendo quarantene più corte (7 giorni) e soprattutto si vorrebbe portare a tre i positivi per classe per arrivare a un blocco del singolo gruppo.
In India riapre il Taj Mahal, che aveva chiuso i battenti a marzo, nonostante i mille morti al giorno, ma è un paese che non registra miglioramenti significativi. A fine agosto si pensava ad un rallentamento dei contagi, smentito dagli ultimi dati che hanno fanno schizzare i ricoveri, mettendo sotto pressione la già non organizzatissima sanità indiana.
In Australia permangono zone di lockdown “duro” , mentre la Nuova Zelanda riapre. Sempre restrizioni in Asia centrale. Rallentamento parziale in Sud America e in Africa, dove però s’ impennano i casi nel nord del continente e soprattutto non si ha un quadro omogeneo a livello di monitoraggio, causa difficoltà strutturali.
Trentacinque sono invece i giorni senza casi autoctoni in Cina, dove la quarantena è obbligatoria per chiunque entri nel paese (a spese proprie). In Germania i casi sono in aumento, 2mila al giorno, ma sotto controllo, e situazione speculare in Italia (contagi medi sotto i 2mila), dove sembra funzionare l’atteggiamento adottato dalla stragrande maggioranza della popolazione: ricoveri in media stazionari, senza sbalzi significativi. Il contagio pare rallentato fortemente in questi due paesi, che stanno applicando un monitoraggio costante e continuo (lo scrivono anche negli Stati Uniti, dove lo scenario pare in leggero miglioramento, pur se permangono zone in blocco e ricoveri stabili).
In Europa lo scenario peggiora di ora in ora, ultimo caso la Repubblica Ceca, dove si è dimesso il ministro della Sanità, Adam Vojtech: “Spazio a nuove soluzioni” ha detto, prima di lasciare l’incarico in un paese in cui il virus sta dilagando.
Spiccano due modelli (oltre al caso particolare della Svezia, che presenta dati oscillanti: solo 10 milioni d’abitanti, come la Lombardia, ma con un’incidenza ampia in rapporto alla densità di popolazione e al territorio), che per ora scongiurano lockdown generali, sia in Germania che in Italia. Si noti come Germania e Italia siano nettamente distanziate da Gran Bretagna, Francia e Spagna. Nella simulazione (basata su dati JH University) il trend su circa dieci giorni porta Berlino e Roma in una zona tranquilla, lontana dal blocco.
Abbiamo però un mondo altamente globalizzato (anche rispetto al periodo della Spagnola) che necessita di modelli caotici e legati alla “singolarità di variabile”, ben enunciata dalla Teoria matematica della complessità, quindi che prende in considerazione ogni singola variabile in gioco.
Abbiamo quindi bisogno di simulazioni (modelli stocastici, ovvero che tengono in considerazione variabili e input, che lavorano quindi sulla probabilità e sul dinamismo dello scenario) che richiedono però una strada obbligata: un tracciamento generale (mediante big data, già esistente con social e qualsiasi interazione online, come il modello Corea del Sud basato su App) che necessita poi di un’estrapolazione dei dati tramite super computer (senza tracciamento ovviamente non serve a nulla).
Italia e Germania, monitoraggio e tecnologia
In Italia e Germania abbiamo questo scenario, che segue quello della Spagnola: mettendo in proporzione i dati del 1918 e del 1919 con la media dei primi sei mesi del 2020 (che però rappresentano già una fase avanzata dell’infezione), si va a creare una curva assai limitata più o meno in autunno. Questo significa che – parlando sempre a livello mondiale, quindi alcuni paesi potrebbero esserne esclusi – l’eventuale ritorno dell’epidemia potrà essere contenuto senza i pesanti sforzi sostenuti a inizio 2020.
Per evitare il lockdown (che a livello economico sarebbe difficilmente superabile) bisogna attuare un monitoraggio scrupoloso, seguito da interventi tempestivi: test e tamponi strategici, controlli alle frontiere, che non vanno aperte troppo frettolosamente a quei paesi che hanno ancora “zone rosse” (bene aver reso obbligatorio il tampone per chi proviene dalla Francia) e zone “globali” che non hanno superato la fase acuta. Scarsa attenzione può portare a possibili cluster e a un aumento dell’Rt (la soglia è 1,5 e la Spagna, dati alla mano, viaggia appunto verso 2).
I dati tuttavia ci indicano, in Italia e in Germania, che è in atto una fase più leggera e gestibile, appunto perché ora siamo “tecnicamente preparati”, anche con modelli matematici di simulazione più vicini alla realtà e dopo lo stress test della nostra sanità (per Bloomberg l’Italia è quarta al mondo, dopo Hong Kong, Singapore e Spagna).
Dati e numeri (anche confrontati con quelli della pandemia di Spagnola, vero termine di paragone) ci confortano; la tecnologia fa il resto, ma l’attenzione (come la tempestività d’intervento) deve rimanere ancora alta per qualche mese, il tutto per non vanificare lo sforzo encomiabile compiuto fino ad oggi e che ci ha permesso di gestire, attraverso una normalità ragionata, una situazione che a marzo sembrava ingovernabile e che oggi invece appare (in alcuni paesi, tra cui il nostro) gestibile.
A livello globale la pandemia sta comunque rallentando leggermente: 31 milioni di contagi (da gennaio circa 3,2 milioni al mese), quasi un milione di decessi, due terzi risultano guariti. E questo non può che essere auspicio di successo.
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