Oggi dovrebbe essere votata la lista dei contro-dazi Ue nei confronti degli Usa. Un passaggio importante di una partita delicata anche per l'Italia

Mentre i mercati provano recuperare terreno dopo giorni di perdite, oggi è previsto il voto per dare il via libera alla lista di contro-dazi che l’Ue intende adottare dal 15 aprile, dal 16 maggio e dal 1° dicembre in risposta alle nuove tariffe approvate dall’Amministrazione Trump la scorsa settimana. Secondo quanto riportato dai principali media, in questa lista non compaiono whiskey, superalcolici, vini e latticini. Sembra essere stata, quindi, accolta una richiesta italiana tesa a evitare dazi più pesanti per le produzioni vinicole del nostro Paese, dal momento che il Presidente americano aveva minacciato l’applicazione di ulteriori tariffe doganali pari addirittura al 200%. Abbiamo fatto il punto con l’ex direttore de Il Sole 24 Ore Guido Gentili.



Con questa lista di contro-dazi l’Italia sembra aver ottenuto un risultato importante. Rappresenta anche un passo avanti per trovare un accordo tra Ue e Stati Uniti?

Si tratterebbe di un risultato importante non solo per l’Italia, ma anche per la Francia, su cui pendeva la minaccia specifica di tariffe al 200% sullo champagne. Penso anche sia un gesto significativo quello di aver dato ascolto al messaggio di Trump, che potrebbe contribuire a non alzare la tensione con Washington alla vigilia di una partita che di fatto non è ancora cominciata, e che per l’Ue non è semplice da giocare, visto che deve rappresentare le posizioni di 27 Paesi membri, spesso eterogenee tra loro.



Nei giorni scorsi Giorgia Meloni ha detto che occorre rivedere il Green Deal e il Patto di stabilità in modo da mitigare le conseguenze dei dazi Usa sulle imprese. Per l’Ue, oltre al negoziato con Washington, sembra esserci la necessità di fare qualcosa per sostenere la propria economia.

Dopo l’annuncio di Trump del 2 aprile, la Premier italiana ha subito detto che l’Ue deve rimuovere i dazi che si è autoimposta. Da un lato, ha in questo modo contribuito a tenere aperto un canale forte e diretto con Washington che le è funzionale. Dall’altro, ha espresso un’esigenza reale. Del resto anche Ursula von der Leyen ha evidenziato all’inizio dell’anno la necessità di apportare alcuni cambiamenti importanti nell’Ue. Sappiamo, però, che su temi come la revisione del Patto di stabilità o il debito comune esistono idee diverse tra i Paesi membri, mentre forse una certa condivisione esiste sulla necessità di apportare alcuni cambiamenti al Green Deal. Si tratta, quindi, di portare avanti una trattativa complessa.



Di fatto, c’è una doppia trattativa da portare avanti per l’Ue: una con gli Usa e una al suo interno.

Von der Leyen ha la responsabilità ultima dell’esito della trattativa con Washington che a sua volta dipende anche dalla risposta comune che si crea. In questa partita la Presidente della Commissione europea si gioca, quindi, molto ed è interessante notare l’esistenza di un gioco di sponda con un protagonista per certi versi inaspettato: la Gran Bretagna.

Una partita tutta da giocare che non è necessariamente destinata ad andare male.

Al momento sembrano esserci spazi per una soluzione positiva, ma molto dipende oggettivamente da quello che accadrà negli Usa. Trump, infatti, ci ha abituato a decisioni improvvise e forti. Da parte dell’Ue si tratterà di evitare anche passi falsi sulla Cina, visto che in questi giorni il focus del Presidente americano pare concentrato maggiormente su Pechino.

Giorgia Meloni si recherà presto negli Stati Uniti, probabilmente il 17 aprile. Potrebbe essere rischioso un incontro con Trump poche ore dopo l’entrata in vigore dei contro-dazi dell’Ue?

Per certi versi sì, nel senso che quei contro-dazi rappresenteranno anche l’Italia. La Meloni si trova in una posizione difficile: deve tenere aperto il canale preferenziale con l’Amministrazione Trump, ma non può smarcarsi rispetto al resto dell’Ue. Dunque, se l’incontro dovesse essere il 17 aprile e i contro-dazi europei venissero giudicati negativi da Trump, questo potrebbe essere un problema per la Premier. Molto potrebbe dipendere anche da quali contro-dazi entreranno in vigore il 15 aprile e quali a maggio e a dicembre.

Potrebbe pesare anche la situazione interna americana? Musk, per esempio, si è schierato contro i dazi…

Potrebbe pesare anche le reazione dei mercati e le analisi dei Ceo dei principali colossi finanziari americani come JpMorgan, Goldman Sachs e Blackrock, che sono state molto critiche sulle conseguenze delle politiche commerciali di Trump, dal momento che potrebbero far aumentare l’inflazione e comportare un forte rallentamento dell’economia, se non addirittura una recessione. Anche queste considerazioni potrebbero portare il Presidente Usa a più miti consigli.

A breve il Governo dovrà approvare la prima Relazione annuale sui progressi nell’attuazione del Piano strutturale di bilancio. Sembra che verrà indicata una crescita del Pil pari allo 0,6% per quest’anno, dimezzata rispetto al +1,2% previsto lo scorso settembre. Rischia di essere una stima ottimistica?

Con questa vicenda dei dazi l’Italia si trova esposta a venti imponenti su un terreno su cui è forte, ovvero l’export. Visto il contesto in cui ci troviamo, al momento sembra più probabile che questa previsione possa essere rivista al ribasso piuttosto che al rialzo. Dipenderà anche se si riusciranno o meno a superare le difficoltà relative alla piena messa a terra del Pnrr. Credo che vedremo rafforzarsi la prudenza del ministro Giorgetti per via del peso del nostro debito pubblico: nei giorni scorsi, infatti, abbiamo anche visto, purtroppo, che lo spread è tornato a salire e questo non è un buon segnale.

(Lorenzo Torrisi)

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