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Home » Esteri » Medio Oriente » SCENARIO GAZA/ Quella élite di Israele che ora smaschera l’inganno della “guerra giusta”

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SCENARIO GAZA/ Quella élite di Israele che ora smaschera l’inganno della “guerra giusta”

Vincenzo Rizzo
Pubblicato 6 Agosto 2025
Palestinesi a Gaza assaltano un camion degli aiuti nei pressi del punto di distribuzione di  Morag Corridor, Gaza (Ansa)

Palestinesi a Gaza assaltano un camion degli aiuti nei pressi del punto di distribuzione di Morag Corridor, Gaza (Ansa)

Israele ha deciso di occupare la Striscia di Gaza, dove intanto i palestinesi continuano a morire o venire uccisi. Israele è sempre più isolato

I politici vogliono la guerra, i generali no. Il paradosso è solo apparente, però. Nei primi prevale l’ideologia sulla realtà, nei secondi c’è la coscienza seria, personale e collettiva del rischio. È questo il quadro in cui si inseriscono due scelte diametralmente opposte.

La prima: il premier Netanyahu ha dichiarato: “La decisione è stata presa. Occuperemo la Striscia di Gaza. Hamas non rilascerà altri ostaggi senza una resa totale, e noi non ci arrenderemo. Se non agiamo ora, i rapiti moriranno di fame, la Striscia resterà sotto il controllo dei terroristi. Ci saranno operazioni anche nelle aree dove si trovano ostaggi”.


CISGIORDANIA/ "Israele l'ha annessa, ora il problema di Trump è bin Salman: vuole uno Stato palestinese"


La decisione di Netanyahu fa seguito alle immagini strazianti di un civile israeliano, ostaggio dell’organizzazione terroristica omicida/suicida di Hamas. Le atroci sofferenze dell’uomo, affamato e sottoposto alla violenza sadica dai suoi aguzzini, hanno impressionato l’opinione pubblica.

La seconda scelta, invece, contraria: 600 ex capi e dirigenti di IDF, intelligence (Mossad e Shin Bet), polizia e corpo diplomatico hanno scritto una lettera a Trump, chiedendogli di intervenire sulle azioni del governo Netanyahu, ormai distruttive. “Ci nascondiamo dietro una menzogna che abbiamo creato noi stessi – dice l’ex direttore dello Shin Bet Nadav Argaman – e il mondo ha capito da tempo che non riflette la realtà”.


ISRAELE/ "Perché la grazia a Netanyahu (voluta dagli Usa) preoccupa i Maga e tutto il Medio Oriente"


Gli alti funzionari ritengono che gli obiettivi strategici (smantellamento di Hamas e conclusione della minaccia esistenziale) siano stati già raggiunti, perciò la guerra non è più giusta. Nel loro testo di grande spessore chiedono perciò di porre fine alle sofferenze e creare una coalizione regionale-internazionale, in grado di aiutare l’Autorità Nazionale Palestinese (una volta rinnovata) per assicurare agli abitanti di Gaza e a tutti i palestinesi un’alternativa ad Hamas e alla sua ideologia perversa.

La seconda parte del testo, redatto dagli ex membri della sicurezza israeliana, è particolarmente significativa: forniscono, infatti, una soluzione politica per uscire dalla guerra.


Netanyahu chiede al presidente la grazia per il caso corruzione/ "Chiusura processo favorirà unità nazionale"


Insomma, ecco il focus: i politici adottano vie militari sempre più gravi, mentre i militari competenti indicano strade nuove per evitare la catastrofe definitiva. I primi, insomma, sono impegnati nella loro sopravvivenza politica, frutto dell’orgoglio. I secondi, invece, cercano la salvezza dello Stato, la salvaguardia di ciò che resta dell’onore militare e della reputazione morale. I 600 firmatari non possono certamente essere accusati di antisemitismo, l’argomentazione che colpisce chiunque provi a criticare l’attuale governo israeliano. Hanno servito fedelmente, infatti, lo Stato israeliano con onore e spirito di servizio.

Ma perché 600 uomini della sicurezza dello Stato intervengono pubblicamente e unitamente? Ciò accade in un momento particolare. Si susseguono, in continuazione, azioni fortemente provocatorie (come la “passeggiata” di Ben-Gvir alla Spianata delle moschee), violenze ancor più accentuate in Cisgiordania e dichiarazioni incendiarie, che hanno accentuato rapidamente l’isolamento di Israele, portandolo al “suicidio politico”.

La situazione sul campo a Gaza, poi, è sempre più grave. Il vice direttore dell’UNICEF, Ted Chaiban, ha recentemente dichiarato che dall’inizio della guerra sono stati uccisi oltre 18mila bambini palestinesi e che “una persona su tre a Gaza passa giorni interi senza cibo. L’indicatore di malnutrizione ha superato la soglia della carestia, con la malnutrizione acuta che ora supera il 16,5% (nella città di Gaza). Oggi, oltre 320.000 bambini piccoli sono a rischio di malnutrizione acuta”.

Palestinesi a Gaza
Palestinesi a Gaza in cerca di aiuti (Ansa)

Secondo l’ONU, inoltre, ultimamente, solo il 10% degli aiuti è realmente arrivato ai civili palestinesi. La crisi, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), era, peraltro, “totalmente prevenibile. Il blocco e il ritardo deliberati di aiuti alimentari, sanitari e umanitari su larga scala hanno causato la perdita di molte vite”. La decisione di bloccare gli aiuti alimentari da parte del governo – affidati alla controversa GHF, organizzazione di parte –, con l’argomentazione che Hamas si era impadronita degli aiuti, è stata smontata da USAID con uno studio molto accurato.

Ha fatto eco a tale giudizio la giornalista Emma Graham-Harrison con un articolo, molto documentato, sul Guardian del 31 luglio. Il titolo del suo intervento è indicativo: The mathematics of starvation: how Israel caused a famine in Gaza.

Che cosa comporterà, dunque, alla luce di tali evidenze, l’ulteriore azione armata a Gaza, voluta dal governo, nonostante lo scetticismo del capo dell’IDF e di alti gradi militari?  E che cosa succederà in Cisgiordania dove le violenze dei coloni non hanno più freno? E quali saranno le reazioni di Egitto, Giordania e paesi del Medio Oriente?

Nelle scelte future, insomma, non è in gioco solo la reputazione e la sicurezza di Israele, ma anche quella dell’Europa. L’impatto di politiche errate di tale gravità, infatti, potrebbe avere effetti deleteri sulla tenuta dei sistemi politici e tutto lo scenario internazionale.

Non basta, perciò, il solo riconoscimento della Palestina, rinviato peraltro a settembre. Occorrono iniziative politiche più incisive, celeri e determinate, per liberare gli ostaggi, fermare lo sterminio e salvare i civili. Gli innocenti infatti continuano a morire. L’intervento è necessario subito: a livello sanitario, alimentare, politico. I pacchi alimentari paracadutati dal cielo non sono sufficienti, tutti gli aiuti necessari devono arrivare al più presto via terra. Di fronte a una catastrofe immane, vista in diretta, preannunciata e non fermata ci sarà solo da vergognarsi. È finito il tempo degli “dei falsi e bugiardi” (Dante Alighieri).

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Tags: Benjamin Netanyahu

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