A ottobre, come comunicato ieri dall’Istat, la produzione industriale italiana è scesa dell’1% rispetto a settembre e dell’1,6% su base annua. Si tratta del secondo calo mensile consecutivo che coinvolge tutti i settori, tranne quello relativo ai beni strumentali. Nel frattempo prosegue anche a dicembre la discesa dei consumi di gas nel nostro Paese e, come spiega a Repubblica l’esperto dell’Ispi Matteo Villa, “i consumi diretti dell’industria sono in calo di circa il 20% rispetto agli anni passati.
Al momento questo non si riflette su un drastico calo della produzione industriale. Ma è comunque un elemento di criticità del sistema”. Non sembra esserci, quindi, all’orizzonte nulla di buono, come ci conferma Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Come giudica il dato sulla produzione industriale di ottobre?
Non è un quadro di crescita, ma di rallentamento diffuso, che investe e riguarda sostanzialmente tutti i settori. Lo stesso Istat, nel commento ai dati, scrive: “La dinamica negativa è estesa a quasi tutti i settori, con l’eccezione di quello dei beni strumentali”. E non è un buon segno.
I dati sulla produzione industriale sono relativi a ottobre, mentre la discesa dei consumi di gas dell’industria è stata registrata fino a primi giorni di dicembre. Quanto i due fenomeni possono essere collegati?
È molto probabile che la riduzione del consumo di gas corrisponda a una diminuzione dell’attività produttiva. E dunque anche a novembre e dicembre la produzione industriale potrebbe far registrare un calo. Del resto il grosso dei processi produttivi legati al Natale è ormai terminato.
Vuol dire allora che non c’è nemmeno una particolare domanda forte da soddisfare all’inizio dell’anno prossimo…
Sì, probabilmente è un segnale che la domanda non è molto robusta. Il 2023 potrebbe avere una partenza debole sul fronte dell’industria, che non è certo irrilevante per la nostra economia.
In questi giorni sono attese le decisioni di Fed e Bce, forse per noi è più importante il Consiglio direttivo dell’Eurotower in programma giovedì. Cosa dobbiamo aspettarci?
In realtà, rischia di essere più importante quello che deciderà la Fed, visto che la Bce ultimamente ha seguito le mosse della banca centrale americana. Il fatto è che negli Usa i timori su un eccessivo rallentamento dell’economia superano quelli sull’inflazione. In Europa, tuttavia, l’economia appare già in frenata. Quindi, aggiungere un ulteriore freno non sarebbe certamente positivo.
Qual è l’errore che potrebbe commettere la Bce?
Quello di mandare un segnale di rigidità rispetto a questa fase di “rientro” della politica monetaria espansiva. Abbiamo visto, in particolare negli ultimi due mesi, che la gestione della politica monetaria, che è stata restrittiva, non è stata efficace come in passato, anche perché sono intercorsi dei cambiamenti importanti nel mondo.
Cosa dovrebbe fare allora l’Eurotower?
Le aspettative sono un elemento chiave, quindi non sono importanti solo le decisioni che vengono prese, ma anche il linguaggio che viene utilizzato. I dati che abbiamo commentato evidenziano che nella distribuzione del potere d’acquisto delle famiglie e anche nei piani delle imprese l’incertezza non è diminuita, sarebbe quindi di grande aiuto fornire in modo credibile un orizzonte favorevole, quanto meno fino alla metà del prossimo anno, anche dal punto di vista della politica monetaria. Credo che questo la Bce lo possa fare.
L’Europa politica, invece, cosa dovrebbe fare?
Occorre riaffermare l’idea e la sostanza di un’Europa forte e credibile, ed è, quindi, importante che i Paesi membri diano spazio a una sorta di Piano Marshall non solamente per aiutare l’Ucraina, ma anche l’Europa intera.
Ci vuole un nuovo Next Generation Eu?
La formula esatta può essere discussa, quello che conta è che l’Europa deve dimostrarsi più forte, non più debole, soprattutto, in questa fase, più economicamente che politicamente. Va dato un segnale importante, e non è certo facile riuscirci, visto che appena si parla di soldi arrivano una serie di distinguo dai Paesi membri. Bisogna, però, dimostrare capacità di fornire una spinta al benessere degli europei, perché in questo momento ci sono famiglie e imprese che hanno bisogno di un sostegno per andare avanti.
(Lorenzo Torrisi)
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