Dal pacchetto d'autunno del semestre europeo arriva la conferma di un nuovo trend nelle richieste dell'Ue ai Paesi membri
Ieri a Bruxelles si sono riuniti i ministri della Difesa dei Paesi Ue per discutere di come prepararsi a un possibile attacco della Russia che l’intelligence tedesca ritiene possibile già nel 2028. Nei giorni scorsi sono emerse proposte o leggi per istituire o potenziare il servizio di leva militare volontario. Ma anche in un documento prettamente più economico, come il pacchetto d’autunno del semestre europeo, traspare una sorta di pungolo di Bruxelles ai Paesi membri per fare di più sul fronte della difesa, come emerge in questa intervista a Massimo D’Antoni, professore di scienza delle finanze all’Università di Siena.
Professore, cominciamo dai Paesi che la Commissione europea terrà sotto osservazione per il rischio di squilibri macroeconomici. Oltre all’Italia e alla Grecia, c’è l’insospettabile Olanda. C’è qualcosa che non va nelle nuove regole fiscali europee? I Paesi membri non riescono a rispettarle oppure non possono rispettarle?
La Commissione ha individuato sette Paesi per i quali sarà realizzata a inizio 2026 un’indagine approfondita sugli squilibri macroeconomici. Dobbiamo però stare attenti a non confondere gli squilibri fiscali con quelli macroeconomici. Questi ultimi furono introdotti, in occasione della crisi del debiti sovrani del 2010-11, con l’idea che non fosse corretto considerare le variabili fiscali e di bilancio in modo isolato dall’economia nel suo insieme.
Ci spieghi meglio.
In un certo modo, si volle dar forma all’idea, corretta, che spesso gli squilibri fiscali riflettono cause sottostanti che non dipendono dalla politica di bilancio, ma da squilibri nella bilancia dei pagamenti, nell’occupazione, nel sistema finanziario e così via. Ad esempio, l’inclusione dei Paesi Bassi riflette un surplus con l’estero, il debito delle famiglie e delle imprese. Una situazione potenzialmente rischiosa, ma che non è immediatamente l’effetto delle regole fiscali.
Nel caso italiano, invece, lo squilibrio macroeconomico è sempre quello: l’elevato debito, accompagnato dalla bassa crescita, perché per il resto siamo entro i parametri. Resta il fatto che l’Ue si è dotata di strumenti di pressione efficaci per contrastare gli squilibri fiscali, mentre per gli squilibri macroeconomici non si va mai oltre il monito o la raccomandazione.
Il commissario Dombrovskis ha confermato che l’Italia potrebbe uscire dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo la prossima primavera. Resterebbe comunque impossibile per il nostro Paese non essere più considerato tra i Paesi da monitorare per il rischio di squilibri macroeconomici?
Come dicevo, il monitoraggio dipende dalla combinazione di elevato debito e bassa crescita, una condizione dalla quale purtroppo non riusciamo a uscire. D’altra parte, come in molti sottolineano, sono le stesse regole fiscali che, costringendoci a ridurre la spesa pubblica in proporzione al Pil, rendono molto difficile attuare politiche pubbliche di rilancio della crescita. Un circolo vizioso.
Nel Pacchetto d’autunno del semestre europeo viene posta una certa enfasi sulla necessità di aumentare le spese nella difesa. Si dice, per esempio, che l’anno prossimo occorrerà continuare a sostenere il rafforzamento delle capacità di difesa degli Stati membri. Visto anche quello che era stato il contenuto delle Raccomandazioni in primavera, c’è la conferma di un nuovo trend nel guardare ai conti pubblici dei Paesi membri da parte di Bruxelles?

Un trend che mi pare stia assumendo i contorni di una vera e propria ossessione dei vertici europei. Aggiungo un piccolo dettaglio: nel rapporto sul bilancio italiano si considera la spesa complessiva e viene indicato nel dettaglio il livello di una sola tra le funzioni di spesa. Indovini quale? Esatto, la difesa. D’altra parte, si insiste sulla necessità di rispettare i limiti di spesa, ma allo stesso tempo si incoraggia a violarli per riarmarsi.
Dico violare in modo provocatorio, visto che l’invito a ricorrere alla clausola di salvaguardia in modo selettivo per questo tipo di spesa autorizza in questo caso un superamento dei limiti previsti per il bilancio nel suo insieme. È evidente che per la Commissione e il Consiglio ci sono spese più spese delle altre, la spesa militare vale più di quella per ricerca, istruzione, sanità, infrastrutture, ambiente, coesione sociale, perché in questi altri casi non si consente alcuna deviazione.
È ipotizzabile che un Paese che non incrementasse sufficientemente la spesa nella difesa possa diventare “sorvegliato speciale” od oggetto di una una procedura d’infrazione?
Non credo che si possa arrivare a questo. Ma mi pare che basti quanto ho evidenziato: aumenti della spesa per la difesa oltre il limite consentito non sono considerati infrazioni. Difficile per un Paese membro resistere alla tentazione di usare la leva delle spese per la difesa per rilanciare la domanda interna, visto che ogni altra possibilità è esclusa.
Insomma, crede che dai documenti di Bruxelles traspaia in qualche modo un “invito” all’Italia ad aumentare la spesa nella difesa anche facendo ricorso alla clausola di salvaguardia prevista dal piano ReArm Europe.
È una lettura tra le righe, ma mi sembra alquanto evidente.
Vede qualche elemento interessante nel giudizio della Commissione sulla manovra italiana e nelle previsioni economiche relative al nostro Paese diffuse precedentemente?
La valutazione sulla bozza di bilancio è un documento che si limita a verificare la coerenza delle scelte di bilancio con le regole europee, cioè con il limite di spesa fissato lo scorso anno. Non va oltre l’indicazione della piena coerenza delle scelte di governo con tale limite. L’Italia rispetta il nuovo patto in maniera disciplinata. Anche le previsioni sono in linea con quanto sapevamo. Purtroppo l’Italia cresce poco per effetto di una stagnazione della produttività, che nemmeno gli investimenti del Pnrr sembrano aver rianimato.
(Lorenzo Torrisi)
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