In Europa si pensa ad aumentare il numero di soldati ricorrendo alla leva militare volontaria. Prosegue senza senno il riarmo a tutto campo
Grida di “alle armi, alle armi!” come luci accecanti divampano in Europa, tra il plesso jagellonico-baltico, ritornato a nuova vita attiva dopo decenni di ibernazione totalitaria russa e paralisi da regolamentazione burocratico-celeste di marca Ue, e l’arco germanico-franco, sino alle italiche classi politiche imitanti ragliando: si invoca a gran voce – da leader dimezzati – che è giunta l’ora della battaglia volontaria… e poi via via obbligatoria… come un tempo, per la difesa di una patria artificiale e insieme di altre patrie nazionali (sempre l’Ue da un lato e le terre natie dall’altro). Sono notizie che reclamano il popolo alle armi.
Non è banale dire che un nuovo corso si inizia nella storia europea, come un tempo si faceva con i banditori che correvano per le vie per reclutare armati. È oggi il tempo della guerra combattuta non soltanto con apparati tecnologici sofisticatissimi, al riparo di schermi di acciaio e vetro imperforabile da qualsivoglia proiettile che volesse uccidere i manovratori? Si mette in moto una macchina… da guerra con uomini e donne in carne e ossa che già si vedono al petto appuntate medaglie e già si delineano i campi del valore e della morte come in ogni guerra che si rispetti.
Un cambiamento subitaneo, perbacco, che dovrebbe travolgere decenni e decenni di scarse dimostrazioni di dedizione al combattimento di intere generazioni in bell’altro affaccendate, ma tant’è; le biblioteche di antropologia di psicologia delle masse son state buttate al macero…

Son passati quei pochi decenni in cui tutti si affrettavano a smontare eserciti di leva e in cui coloro (io fui tra questi) che in pubbliche tenzoni si limitavano a raccomandare di andar cauti con gli oracoli liberisti “di sinistra” che preconizzavano il ritorno sulla terra del Kant pacifista finalmente realizzato.
Ce ne dissero di tutti i colori e gli improperi non finivano mai, con dileggio e spregio di qualsivoglia realistico ragionamento.
Il grande affanno di oggi, che inizia dal cadente precipitosamente Macron all’incerto e ondeggiante (ci si mette anche la sua fisiologica altezza) Merz, mi pare finirà nello stesso sacco in cui si ripongono le sbandate della storia, ossia le simulazioni della guerra. Tuttavia, perdere la testa – come mi pare oggi accada alle cuspidi del potere europeo in primis – è sempre assai pericoloso, perché un colpo di fucile – basta un fucile, lasciamo perdere i missili e i droni – può uccidere un altro patriota, “altro” perché di un’altra nazione e di un’altra patria.
Mi chiedo dove siano finiti i cantori della fine del mondo delle guerre e delle dittature che ci hanno assordato con i loro silenzi della ragione per tanti anni e su quei silenzi hanno costruito le loro fortune. O forse il tutto è solo una burla, un sogno di Goya, una visita alla stanza dove si raccolgono le opere del Goya nero al Prado…
Se così non fosse, sarà l’ora di un altro e finale autodafé che segue quello industrial-termico che già ci ha ridotto in povertà e reso inermi e decadenti per le perverse ideologie dominanti di matrice burocratico-celeste Ue.
Ma tant’è… ora è già troppo tardi. Ricordate il sublime T.S. Eliot? Ascoltate:
Così il mondo finisce
Così il mondo finisce Così il mondo finisce
Non con uno schianto ma con un lamento…
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