In UK dopo le dimissioni della vicepremier, Starmer si affida ai fedelissimi per tenere unito il partito e bloccare l’avanzata di Reform UK
Le ripetute spaccature nel partito laburista, che fatica a tenere insieme welfare ed esigenze di bilancio. Ma anche le dimissioni del vicepremier Angela Rayner, che ha dovuto lasciare il governo in seguito a una vicenda personale relativa all’acquisto di un appartamento. Non solo. Nella Camera dei comuni il primo ministro ha dovuto affrontare anche la protesta di 100 parlamentari che si rifiutavano di votare i suoi provvedimenti.
L’esecutivo di Keir Starmer non gode di buona salute e a livello di sondaggi vede recuperare terreno Reform UK di Nigel Farage, che sembra ottenere consensi grazie alle sue posizioni sull’immigrazione e al sovranismo.
Non un buon momento, insomma, osserva Claudio Martinelli, professore di diritto pubblico comparato e diritto parlamentare all’Università Milano-Bicocca ed esperto del sistema giuridico britannico, anche se la larga maggioranza parlamentare e dunque la prospettiva di governare fino a fine legislatura potrebbero dare a Starmer la possibilità di risalire.
Il governo Starmer è da tempo in difficoltà, a maggior ragione oggi dopo le dimissioni del vicepremier Angela Rayner, finita nell’occhio del ciclone per una vicenda relativa al pagamento di tasse sull’acquisto di un appartamento. Quanto è profonda la crisi dell’esecutivo?
Era da settimane, se non mesi, che si vociferava di un rimpasto nella compagine governativa. Tutto è rimasto in stand by perché si aspettava che si compisse la procedura relativa al caso Rayner. In Gran Bretagna, quando è in discussione il comportamento di un ministro in carica, della questione si occupa una commissione indipendente, che alla fine del suo lavoro esprime una valutazione. Non si tratta di una inchiesta perché non ha carattere penale.
La conclusione è stata che la vicepremier non ha commesso una patente violazione delle norme, ma non avrebbe tenuto quel surplus di diligenza che viene richiesto ai ministri e in generale ai componenti del governo. A quel punto, dopo pochissimo, la Rayner si è dimessa, prendendo atto della situazione, e Starmer ha dovuto dare seguito al “reshuffle”.
Come ha proceduto?
Ha indicato come nuovo vicepremier e ministro della Giustizia David Lammy, mentre Yvette Cooper ha preso il suo posto agli Esteri, sostituita da Shabana Mahmood agli Interni e come responsabile della politica sull’immigrazione.
L’impressione è che abbia voluto rafforzare le posizioni a lui favorevoli dentro il partito laburista: Rayner era esponente di parte starmeriana, ma rivolta abbastanza a sinistra, mentre in questo modo il primo ministro ha stretto intorno a sé persone a lui più vicine nel Labour. L’obiettivo è dare l’immagine di un partito che non è spaccato come sembra, per proseguire sulla linea del risanamento del bilancio portata avanti dal Cancelliere dello Schiacchiere Rachel Reeves.
Quali sono i temi su cui Starmer sta perdendo consensi?

C’è un tema che spacca il gruppo parlamentare laburista, ed è quello del welfare in rapporto al risanamento del bilancio. In luglio un provvedimento del governo, voluto da Reeves per risanare il bilancio, ha dovuto subire un notevole annacquamento perché 100 parlamentari avevano minacciato di non votarlo. Un ammutinamento rientrato grazie al fatto che il governo ha concesso parecchio sul piano della riduzione dei tagli previsti. Nonostante questo, quattro parlamentari sono stati sospesi da Starmer: non fanno più parte del gruppo laburista.
Ci sono altri argomenti fonte di attrito all’interno dei laburisti?
Reform UK, di Nigel Farage, forte anche della crisi dei conservatori, spinge molto sulle classiche tematiche dell’immigrazione e del sovranismo. Detto questo, però, siamo a poco più di un anno dall’inizio della legislatura. Ciò significa che il primo ministro, che gode di una maggioranza clamorosa all’interno della Camera dei Comuni, ha davanti a sé una prospettiva di quasi quattro anni di governo, nei quali può succedere di tutto.
Reform UK ha il vento in poppa dei sondaggi, che tuttavia in Gran Bretagna sono molto più mobili di quanto non lo siano quelli italiani, dove per la maggior parte delle volte si vedono scostamenti dello 0,1%.
Il governo Starmer può cadere?
Nel quadro politico britannico non è che se un primo ministro è sotto nei sondaggi, soprattutto a inizio legislatura, vuol dire che sia finito. Incontra delle grossissime difficoltà a implementare il suo indirizzo politico, innanzitutto interne al suo partito e al suo gruppo parlamentare, che non è un monolite.
Le vicende interne a ciascun partito, soprattutto se di maggioranza, sono fondamentali per interpretare il quadro politico complessivo. Ricordiamoci, però, che cosa accadde durante la Brexit: i Tory erano divisi su tutto, eppure governarono proclamando leader diversi esponenti dal 2010 al 2024.
Starmer ha la possibilità di invertire la rotta della sua impopolarità crescente?
Deve mostrare di essere di poter dare seguito a quello che ha promesso. Il problema è che dentro il manifesto elettorale erano mascherati troppi equivoci; se non scioglierà questi nodi pagherà le conseguenze politiche, come sempre accade a tutti i primi ministri.
Il terreno su cui si misura la sua capacità di governare rimane quello del welfare e della giustizia sociale?
Due necessità altrettanto importanti, ma che non è affatto facile nel concreto tenere insieme. Combattere le diseguaglianze e risanare il bilancio non sono obiettivi che si coniugano facilmente. Tuttavia la politica britannica, forse più di tante altre, va parametrata con un occhio lungo: le dinamiche costituzionali favoriscono la possibilità di implementare indirizzi politici molto più che in altri Paesi.
Questa fragilità del governo si ripercuote anche a livello internazionale, per esempio sul dossier ucraino?
No, se c’è un settore dove c’è una sorta di concordia nazionale che va al di là dei partiti è proprio la questione ucraina. Da questo punto di vista non gli vengono mosse critiche. Al contrario, è una carta che sta giocando per rafforzare il suo governo.
Il suo scenario?
Le variabili che condizionano la stabilità politica sono in tali che non ha senso fare previsioni, ma analisi. Stando così le cose, a mio avviso la prospettiva è quella di legislatura.
(Paolo Rossetti)
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