I ragazzi di quattro scuole campane hanno messo in scena "Lisistrata" al Teatro grande di Pompei. La scuola dimostra di avere risorse inimmaginabili
“Mi cucirò calzoni neri/ Con il velluto della mia voce/ E una blusa gialla/ Con tre metri di tramonto”
Così comincia nel silenzio del Teatro grande di Pompei, gremito di persone, il Coro finale di Lisistrata. Avreste dovuto ascoltarli, questi ragazzi dei paesi vesuviani, avreste dovuto sentire il battito di una voce sola e, come me, che sono semplicemente la loro preside, provare una “commozione” così intensa da piangere.
La Prima di Lisistrata, spettacolo della IV edizione di Sogno di volare, si è servito delle parole di Aristofane, di Majakovski, di Dante, di Hikmet, di Baldini. Che magìa ha saputo creare Marco Martinelli con queste voci tessute come stoffa preziosa. Una commedia sulla pace desiderata, sulla guerra che ci fa seppellire i figli, sul desiderio, sulla riscoperta di sé.
Il mondo è in fiamme, ovunque si combatte e si muore, eppure….
“Ascoltate! (stateme ‘a sentì)/ Se accendono le stelle (si ‘appiccene ‘e stelle)/ Significa che qualcuno ne ha bisogno (quarcheduno ‘ne tene bisogno)/ Significa che qualcuno vuole che ci siano/ Significa che qualcuno chiama perle/ questi piccoli sputi”
Così “cantano” questi nostri ragazzi, anche in vernacolo, per farci riaffiorare dalla fossa della nostra distrazione. Le stelle ci saranno per un motivo, qualcuno le ha accese.
E continuano:
“Se io non brucio/ E tu non ardi/ Se tutte e due non prenderemo fuoco/ Chi mai farà scomparire le tenebre?”
Bisogna essere in due, bisogna essere insieme, perché la Speranza arda nei cuori, per non perdersi nelle tenebre. E infatti il grido dell’anima si leva:
“A quanti/ spossati/ si sono riversati per le strade./ A tutti/ alle schiere sfinite della terra/ che invocano una festa/ andiamo incontro/ con le mani disgiunte dalla guerra./ A quelli/ che dalle corazzate sui fratelli/ hanno puntato le torri coi cannoni./ Che senso ha/ Se tu/ Solo/ Ti salvi?”
“Voglio salvezza/ Per tutta la terra priva d’amore,/ Per tutta la folla umana/ Del mondo“.
Ma non basta. Non possiamo solo levare il nostro sdegno, il nostro desiderio di pace. Non succede nulla, i potenti della Terra continuano a buttare le bombe. Ed ecco che a risolvere la contrapposizione di chi ha torto e chi ha ragione arrivano loro, i figli:
“Hallo, chi parla…/ Mamma,/ mamma!/ Vostro figlio è magnificamente malato;/ Mamma! Mamma…/ Vostro figlio ha un incendio nel cuore./ Dite ai pompieri/ Che sul cuore in fiamme/ Ci si arrampica con le carezze….”
Le carezze. Quelle che salvano. Quelle che guariscono. Solo un figlio può dirti così. Anche quando non lo hai partorito. Un figlio. Come quelli delle nostre scuole. Quelli che nessuno ascolta. Quelli che si nascondono nei cellulari. Si smarriscono. Non trovano più la strada di casa. E con la voce di Dante ci dicono:
“Non v’accorgete voi/ Che noi siam vermi/ nati a formare/ L’angelica farfalla?”
Sogno di volare è un percorso pensato per la crescita sociale e culturale del nostro territorio; un’azione pedagogica impegnativa per i nostri studenti che continuamente li spinge a credere in sé stessi e ad impegnarsi per il loro presente, prima ancora che per il loro futuro. Attraverso la riscrittura del linguaggio già esilarante, provocatorio e iperbolico di Aristofane, fatta direttamente da loro, abbiamo assistito a una commedia che parla di guerra, di rivolta, di emancipazione ma anche di collaborazione tra schieramenti contrapposti, per raggiungere un comune bene. Il sogno di una Speranza attuale più che mai. Siamo al quarto anno e dopo Uccelli, Acarnesi-Stop the War e Pluto, un Aristofane contemporaneo.
Come è stato possibile tutto questo? È accaduto perché a un uomo, che di mestiere fa il direttore del Parco archeologico più bello del mondo, un visionario del Sogno, Gabriel Zuchtrigel, è venuto in mente che per fare cultura bisogna sporcarsi le mani con la vita. Quella dei ragazzi del nostro territorio martoriato. Perché uno strepitoso regista come Martinelli pensa che da una non-scuola possa nascere il senso vero di farla, questa scuola, fino ad insegnare, con la collaborazione di tanti addetti ai lavori, che:
“Secondo me si potrebbe/ Essere in tanti/ Ma tanti./ Diciamo che ci sono stati degli sbagli/ La prima volta/ Si sa/ Che non ne ha colpa nessuno/ È andata così…/ E ricominciare tutto daccapo”
Con 120 studenti, 90 dei quali partecipanti allo spettacolo – provenienti dal Liceo “E. Pascal” di Pompei, dall’Istituto Superiore “E. Pantaleo” di Torre del Greco, dal Liceo “G. de Chirico” di Torre Annunziata e dall’Istituto Superiore “R. Elia” di Castellammare di Stabia – si rende concreto il concetto di teatro come educazione a tutto tondo, come legame con il patrimonio culturale di appartenenza.
Economicamente il progetto è sostenuto dal Parco archeologico di Pompei e dalla Fondazione Ray of light dell’artista Madonna che ha voluto finanziarlo, testimoniando come l’arte e la cultura rappresentino un investimento reale.
Vi aspettiamo sabato 4 ottobre al teatro Olimpico di Vicenza, sabato 15 e domenica 16 novembre al Piccolo Teatro di Milano, perché il mondo non ha ancora perso la Speranza di essere un posto migliore.
“Voglio salvezza/ Per tutta la terra priva d’amore/ Per tutta la folla umana/ Del mondo./ Risplenda il sole nel buio/ Ardete, stelle, di notte/ Ghiaccio sotto di noi,/ spezzati/ spezzati, spezzati…/ Dateci forme nuove/ E la voce delle cose/ Dateci un’arte nuova/ Che possa trarre fuori/ La Repubblica dal fango“.
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