Il 4+2+1 lanciato da Valditara è una ipotesi che va salutata con favore, ma la scuola attuale “chiede” percorsi ancora più flessibili

Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha recentemente dichiarato che, insieme alla ministra Bernini, si sta ragionando per portare il percorso dei quadriennali, ora coniugati ai due anni degli ITS, a sette anni totali, cioè 4+2+1, per far sì che il biennio ITS sia equivalente ai primi due anni delle lauree brevi.



Si tratta di una scelta strategica che punta a interpretare e valorizzare le mutate esigenze che caratterizzano le giovani generazioni, e che va salutata con favore. Non perché “risponde alle esigenze del mercato del lavoro”. Questa è solo una conseguenza, forse non secondaria, ma certamente non determinante.

Una volta parlare di giovani o di giovani generazioni rimandava a concetti univoci e categorie ben precise. Oggi non è più così. Senza la pretesa di fare ora analisi sociologiche, la mia esperienza di dirigente scolastica di un liceo di circa 1500 studenti mi fa affermare che ci troviamo davanti a generazioni di ragazzi diversi, nuovi, per i quali sono state coniate le più svariate definizioni: “non desideranti”, “adultescenti”, “sdraiati”, nell’età del “labirinto”, giovani “mongolfiera”, eccetera.



Potremmo continuare. Tali definizioni, non negative ma rivelative di un cambiamento, ci indicano quanto responsabilmente dobbiamo implicarci in un dialogo costante e in tentativi efficaci che, dal punto di vista educativo e formativo, ci consentano di far percorrere loro cammini efficaci di crescita.

Del resto, la scuola italiana è già implicata in percorsi strutturati le cui evidenze emergono, per esempio, dalle seconde prove dell’esame di maturità della secondaria di secondo grado, anche di indirizzi non tecnici e professionali.

Basti pensare alla seconda prova del liceo coreutico, che consiste in una performance di danza coniugata alla produzione di una relazione accompagnatoria di carattere tecnico, o alla seconda prova dei licei artistici, di stampo similare, tecnico-pratico e così via. Questi studenti diventeranno tutti danzatori, pittori, frequenteranno le accademie? Li abbiamo preparati per il lavoro?



Nello stesso tempo, un gran numero di studenti che frequentano il liceo scientifico delle scienze applicate dichiarano che proseguiranno gli studi in percorsi brevi di professioni sanitarie, o di essere alla ricerca di “curvature” formative pratiche che consentano loro di proseguire gli studi informatici (e questo dovrebbe farci riflettere sulla pertinenza della seconda prova del liceo scientifico uguale per tutti).

Dalla mia esperienza di preside anche di un indirizzo quadriennale, quello del liceo TRED (della Transizione ecologica e digitale), sperimentazione felice e piena di significative esperienze di apprendimento teorico/pratiche, realizzate in sinergia con aziende e università, emerge il grande sviluppo di una molteplicità di competenze trasversali che porteranno i nostri studenti a proseguire gli studi anche negli ITS.

Insomma, a mio avviso, andrebbero fortemente incentivati percorsi di studio anche liceali, non solo tecnico-professionali, che potenzino lo studio delle materie STEM, delle lingue così come la didattica laboratoriale.

Abbiamo necessità di rafforzare le competenze di base in italiano, matematica e inglese, dando maggiore peso alle materie tecniche e laboratoriali e la scuola italiana è già piena di esperienze e percorsi, anche con l’apporto di PCTO ben calibrati. Basta andarle a cercare. Sovente si tratta di esperienze di eccellenza.

Ben venga, allora, una flessibilità non degli apprendimenti ma dei percorsi formativi che meglio rispondono alla complessità dei nostri ragazzi, e che sappiano rispondere, questo sì, ai diversi modi di apprendere.

E ben venga il coinvolgimento del mondo del lavoro, non per prepararli a una certa figura professionale (questo verrà dopo, con il tempo giusto) ma per acquisire quelle competenze esperte di professionalità che devono essere coniugate con quelle dei nostri docenti.

La scuola italiana necessita del superamento di un piano interpretativo convenzionale. Cambiamo le nostre rigide teste di adulti e proviamo a dare fiducia, da adulti, ai ragazzi che ci sono affidati.

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