Dal 5 al 7 settembre 2025 si svolge a Valdobbiadene il Festival dell’innovazione scolastica. Una sfida lanciata a tutta la scuola
L’anno scolastico che sta terminando lascia in eredità, a chi avrà il coraggio di farsene carico, il grande tema del rapporto tra istruzione ed educazione. Un tema antico, ma che nel corso dell’anno si è fatto via via più incombente e negli ultimi mesi è stato evocato in vari interventi e dibattiti sullo stato di salute della scuola italiana.
In particolare si parlato sempre più spesso di emergenza educativa, chiedendosi come la scuola potesse essere all’altezza del proprio compito istruttivo e/o educativo nei confronti di una generazione di bambini e ragazzi spesso in balia di sconvolgimenti sociali e tecnologici. Tale questione è stata ben sintetizzata da Umberto Galimberti in un editoriale di Repubblica di pochi giorni fa:
“L’istruzione è una trasmissione di contenuti culturali e scientifici da chi li possiede (gli insegnanti) a chi non li possiede (gli studenti); l’educazione invece accompagna gli studenti, in quella stagione incerta che si chiama adolescenza, nel loro percorso di evoluzione psicologica, mai così problematico e turbolento come in quell’età. Si è soliti pensare che l’educazione altro non sia che un derivato dell’istruzione. Ma le cose non stanno così. È semmai l’istruzione un evento che può realizzarsi solo a educazione in corso, perché, come diceva Platone, ‘la mente non si apre se prima non hai aperto il cuore’”.
In questo difficile contesto allarmante non mancano però dei segnali positivi. Tra questi vi è sicuramente l’ingresso ufficiale nell’orizzonte della scuola italiana delle Non cognitive skills (NCS) o Competenze socio-emotive (come forse più propriamente sono definite dall’OCSE), ovvero quelle competenze trasversali che riguardano la persona, il modo in cui essa interagisce con il mondo, gestisce le proprie emozioni e si relaziona con gli altri (empatia, resilienza, motivazione, problem solving, ecc.). Esse recentemente hanno trovato anche un riconoscimento ufficiale nella legge 22/2025 approvata in Parlamento da tutte le forze politiche nello scorso mese di febbraio.
A fronte di questa grossa novità legislativa nessuno si illude.
Infatti tutti sanno, in primis coloro che hanno promosso la legge, che non si può sottovalutare la congenita impermeabilità da parte del mondo della scuola italiana nei confronti di ogni novità. Una resistenza che ha fatto sì che la dinamica scolastica, nella sua struttura di fondo, soprattutto alle medie e alle superiori, sia rimasta pressoché la stessa da sessant’anni a questa parte (lezioni frontali, studio a casa, verifiche, selezione).
Eppure non è esagerato dire che queste cosiddette competenze trasversali possono essere il grimaldello proprio per sciogliere l’annosa contrapposizione tra istruzione ed educazione.
Infatti dei segnali positivi ci sono.
Fra questi vi è l’adesione di più di duecento scuole provenienti da tutte le regioni d’Italia alla sfida lanciata dal Festival dell’innovazione scolastica che, giunto alla V edizione, che ha loro proposto di incontrarsi, mettersi in gioco e confrontarsi proprio sul tema delle NCS.
Queste duecento candidature sembrano infatti sfidare un intoccabile tabù del sistema scolastico italiano, rappresentato dal divieto di mettere il naso, e men che meno di mettere in discussione proprio ciò che è il cuore della scuola, ovvero ciò che insegna e come insegna un docente nella sua ora di lezione.
Ed è molto significativo che questo avvenga proprio a partire da un interesse per il tema delle NCS e per la novità radicale che esse possono rappresentare per il sistema scolastico italiano.
Se poi si va a guardare le relazioni e i video di queste scuole candidate al Festival, emergono alcuni dati estremamente interessanti che aprono uno squarcio reale, seppur necessariamente limitato, su alcuni importanti aspetti dello stato di salute del “mondo scuola”.
Ecco alcuni elementi che emergono.
a) Il primo dato che si riscontra è che nelle nostre scuole, a fronte di un sistema vecchio e spesso ingolfato dalla burocrazia, vi è un pullulare di creatività didattica. Un chiaro sintomo della presenza in tanti docenti e dirigenti scolastici di una grande passione per il proprio lavoro e per la crescita equilibrata dei propri allievi.
Tra gli elementi di questa vivacità vi è un dato costante del dopo-Covid, ossia il desiderio di portare la scuola in outdoor e, quasi novelli peripatetici, realizzare le lezioni in mezzo alla natura.
Un secondo elemento è la voglia di insegnare a comunicare anche con nuovi mezzi come la radio, i video, il web. Il tutto segnato da una forte attenzione alla socialità (coinvolgimento degli alunni nell’impostazione della vita scolastica, co-progettazione e interazione con soggetti esterni alla scuola) e all’inclusione nei confronti di compagni disagiati, oppure nei confronti degli anziani che vivono nel territorio.
b) Un secondo aspetto rilevabile è la presenza diffusa di un approccio non timoroso nei confronti delle nuove tecnologie informatiche e digitali, fino all’affronto, privo di paure e ritrosie, delle potenzialità offerte dall’Intelligenza Artificiale (AI) con l’obiettivo di utilizzare queste nuove potenzialità tecnologie come utili strumenti didattici.
c) In terzo luogo la crescita costante delle esperienze di service learning (momenti didattici che integrano l’apprendimento con attività di volontariato e servizi alla comunità in collaborazione con enti, associazioni e imprese del territorio).
d) Un quarto elemento positivo è la vivacità di cui sono protagoniste le scuole del Sud. A fronte di diffusi luoghi comuni, regioni come la Puglia e la Sicilia dimostrano una creatività e delle competenze didattiche che gareggiano alla pari con quelle delle scuole del Nord.
A fronte di questi ed altri elementi positivi, nelle relazioni e nei video delle scuole candidate al Festival non si può evitare di rilevare l’emergere di importanti fragilità. Esse segnano la distanza non breve che la scuola è chiamata a compiere in vista di un rinnovamento che sia all’altezza del compito che le è assegnato nel contesto odierno.
Su tutte due osservazioni al riguardo.
1) Anche le esperienze didattiche più innovative spesso risultano dei momenti circoscritti ed occasionali che stentano ad incidere sulla quotidianità della vita scolastica. Questo risulta via via più evidente man mano che si cresce di grado scolastico ed è maggiore nelle scuole medie e superiori.
Per esempio: i tentativi di introdurre la dinamica didattica e valutativa delle competenze trovano una resistenza pressoché insuperabile da parte delle singole discipline, intese normalmente come compartimenti stagni ed orti intoccabili.
2) Infine la valutazione. È significativo che questo tema non sia affrontato seriamente da nessuna delle scuole che pur affrontano con coraggio e competenza tanti altri aspetti della dinamica scolastica. Per la verità ciò è del tutto comprensibile e spiega in buona parte la rigidità del sistema scolastico italiano. Si consideri per esempio il fatto che normalmente la pagella è la somma, o al massimo la media, dei voti dei singoli docenti, ma non è quasi mai una valutazione realmente condivisa e quindi collegiale.
C’è quindi molta strada da fare. Ma è anche vero che molti più docenti e dirigenti scolastici di quanto si immagina la stanno già percorrendo.
Per questo risulta davvero importante l’appuntamento della V edizione del Festival, il 5-6-7 settembre, nelle splendide colline di Valdobbiadene, dove, su questi temi, provenienti da ogni regione d’Italia, centinaia di dirigenti e “docenti coraggiosi” si incontreranno e si confronteranno per collaborare e condividere un vero rinnovamento della scuola italiana.
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