La campagna elettorale è iniziata: sarà breve ma intensa e mai come questa volta sarà possibile individuare quali sono i temi più cari ai diversi schieramenti. Tra questi, purtroppo, la scuola sembra non essere presente in nessuno dei programmi. Qualcuno ne parla, cita questioni in sospeso (rinnovo del contratto, innalzamento obbligo scolastico, sistema di reclutamento) ma nessuno, ad oggi, ha affrontato in maniera organica e circostanziata il tema della riforma della scuola. In Italia abbiamo un sistema scolastico obsoleto, valido – l’abbiamo detto tante volte – fintanto che è servito alla grande impresa di diffondere una cultura di base in tutta la popolazione, ma del tutto inadeguato alle esigenze della società di oggi. Un sistema che arranca e che non sembra avere chiaro quale debba essere l’obiettivo primario del sistema educativo: crescere giovani donne e giovani uomini con la mente liberi, con la voglia di mettersi in gioco e di guardare al futuro affiancando alle conoscenze, nozionisticamente intese, un’attenzione alla persona, che deve essere al centro di qualsiasi percorso.
Per fare questo occorre avere una visione più ampia del sistema scuola che parta certamente dalla riqualificazione e ammodernamento delle strutture che ospitano i nostri ragazzi e i nostri bambini ma che si concentri sulla valorizzazione dei docenti e sulla creazione di un sistema premiante e competitivo che permetta alle singole scuole una maggiore autonomia nell’ottica di migliorare la propria proposta educativa.
I ragazzi di oggi sono forse più “difficili” e cresce anche il numero di quanti necessitano di sostegno. Ma essi non sono il problema, semmai sono la risorsa della scuola. E risorse sono anche le famiglie, che devono essere parte del percorso educativo: non controparte ma parte di un unico grande contesto che collabora in armonia. Interessante osservare la questione del cosiddetto “insegnante esperto” con un incremento di 400 euro nella retribuzione. Il giusto tentativo di introdurre elementi per costruire un “sistema premiante e competitivo” è stato subito contestato da sindacati e presidi a conferma del fatto che è il sistema scolastico statale, o meglio statalista, ad essere refrattario allo stesso principio meritocratico. Ci troviamo di fronte a un sistema che è strutturalmente incapace di misurare, riconoscere, valorizzare il merito in modo da renderlo fattore di crescita e miglioramento. Al contrario, viene normalmente vissuto come elemento divisivo, fonte di proteste e rivendicazioni.
Non possiamo che ribadire che la chiave per una vera riforma della scuola che ne garantisca un sostanziale cambio di passo in termini di efficacia e di efficienza si chiama liberà di educazione, legata inscindibilmente con autonomia e parità.
Il Pnrr è una grande opportunità di miglioramento del nostro sistema scolastico. Purtroppo non è pensato per realizzare la libertà di educazione o quantomeno per allargare in modo significativo spazi di libertà, parità, autonomia. Un esempio. In ottemperanza all’attuazione del Piano Scuola 4.0 e della linea di investimento 3.2 in favore della digitalizzazione, anche delle amministrazioni, cablaggio ecc. è stato testé deliberato un finanziamento in favore di oltre 8.400 scuole in tutta Italia per un totale di 1.296.000.000 (un miliardo e 300 milioni, cifra tonda). Cosa non buona, ottima! Osserviamo però che fra le oltre 8.400 scuole non figura nessuna scuola paritaria. Non un euro va al sistema paritarie che pure sono scuole pubbliche. Questo significa certamente rinnovare il plauso al Pnrr, ma nel contempo valutare azioni o interpretazioni che possano anche fletterne l’applicazione in un senso più equilibrato a vantaggio del sistema scolastico comprensivo di scuole pubbliche statali e paritarie.
Ma non fermiamoci al Pnrr. Maggiori opportunità possono oggi essere offerte dal Family Act del quale si attendono i decreti attuativi. Gli articoli 1 e 2 presentano aperture importanti. Sinteticamente si afferma “il valore sociale delle attività educative … attraverso il riconoscimento di agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni della base imponibile o detrazioni dall’imposta sul reddito in relazione alle spese sostenute dalle famiglie ovvero attraverso la messa a disposizione di un credito o di una somma di denaro vincolanti allo scopo” e, all’art. 2, “…misure di sostegno alle famiglie mediante contributi destinati a coprire anche per l’intero ammontare il costo delle rette relative alla frequenza dei servizi educativi per l’infanzia…”.
Mi sembra che ci siano le premesse per fare passi avanti significativi nel senso della libertà di educazione. Credo che valga la pena intensificare l’attenzione, moltiplicare le azioni e gli interventi, fare pressione sulla politica, partiti, parlamentari, uomini delle istituzioni affinché queste premesse vengano confermate nei decreti attuativi e riempite di contenuti quantitativamente importanti dal punto di vista economico. È sempre il tempo per queste battaglie, la campagna elettorale è un tempo ancora più propizio. La politica ne deve tenere conto. Muoviamoci.
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