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Home » Educazione » Didattica » SCUOLA/ Studenti più bravi in inglese che in italiano, cosa manca (oggi) alla lingua di Dante

  • Didattica
  • Scuole Medie

SCUOLA/ Studenti più bravi in inglese che in italiano, cosa manca (oggi) alla lingua di Dante

Marco Ricucci
Pubblicato 3 Gennaio 2025
(Ansa)

(Ansa)

Molti studenti della scuola italiana sembrano apprendere l’inglese con più facilità rispetto all’italiano. Un cambiamento che pareva impensabile

Negli ultimi anni, si è osservato un fenomeno interessante nelle scuole italiane: molti studenti sembrano apprendere l’inglese con maggiore facilità rispetto all’italiano. Gli alunni delle scuole medie, infatti, mostrano una maggiore competenza in inglese rispetto a italiano e matematica. Per queste ultime due discipline si osserva un significativo declino rispetto ai risultati ottenuti prima della pandemia. Gli studenti del Sud e delle Isole si trovano in una situazione ancora più critica. Questa è l’analisi fornita da Invalsi, basata su una recente revisione dei dati dei test effettuati nel 2024.


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È un trend che solleva interrogativi riguardo ai metodi di insegnamento, alla cultura linguistica e ai materiali didattici utilizzati. Ma quali sono le ragioni di questo fenomeno?

L’inglese è diventato la lingua franca del mondo moderno. La globalizzazione ha portato a una diffusione capillare della cultura anglosassone, dai film alle serie televisive, dalla musica ai videogiochi. Gli studenti italiani sono esposti quotidianamente a contenuti in inglese, il che crea un ambiente di apprendimento naturale e stimolante. Al contrario, l’italiano, pur essendo la lingua madre, non offre la stessa varietà di stimoli nella vita quotidiana degli studenti. Le scuole italiane hanno implementato, nel corso degli anni, metodi didattici innovativi per l’insegnamento dell’inglese. L’uso di tecnologie, come applicazioni e piattaforme online, insieme a pratiche comunicative come il role play e il lavoro di gruppo, ha reso l’apprendimento dell’inglese più interattivo e coinvolgente. In confronto, l’insegnamento dell’italiano tende ad essere più tradizionale e teorico, focalizzandosi su grammatica e sintassi piuttosto che sulla comunicazione pratica.


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La motivazione gioca un ruolo cruciale nell’apprendimento linguistico. Molti studenti insieme alla loro famiglie vedono nell’inglese una chiave per il futuro: opportunità di lavoro, viaggi e interazioni internazionali. Il 60,1% degli studenti di terza media ottiene risultati soddisfacenti in italiano, conformi agli obiettivi stabiliti per questo grado di istruzione. Per quanto riguarda la matematica, continuando il confronto con altra materia, la percentuale si attesta al 56%, mentre per l’inglese nella comprensione della lettura si registra un significativo aumento all’81,9% e per la comprensione orale si arriva al 67,8%.


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Si osserva una chiara differenza rispetto ai dati precedenti alla pandemia, con una diminuzione di 5,5 punti in italiano. D’altra parte l’italiano, pur essendo fondamentale per la comunicazione nel contesto locale, non offre le stesse prospettive globali, portando a una minore motivazione. Le risorse disponibili per l’insegnamento e l’apprendimento dell’inglese sono abbondanti e variegate: libri, corsi online, video didattici e materiali interattivi sono facilmente accessibili. Invece le risorse per l’italiano, soprattutto per il perfezionamento o per l’apprendimento di varianti regionali, possono risultare limitate. Questa disparità influisce sulla qualità dell’apprendimento delle due lingue. Anche se l’italiano ha una presenza online crescente, l’inglese rimane predominante, offrendo agli studenti italiani più opportunità di interazione e pratica.

In sintesi, gli studenti italiani tendono a imparare l’inglese meglio dell’italiano a causa di una combinazione di fattori culturali, metodologici e motivazionali. La globalizzazione, le tecniche didattiche innovative, la motivazione intrinseca e la disponibilità di risorse influenzano profondamente l’apprendimento linguistico dell’inglese, mentre i docenti di lingua italiana devono fare i conti con un decadimento delle competenze di base della lingua patria, e con un preoccupante diffondersi dell’analfabetismo funzionale che ritorna.

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