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Home » Politica » Giustizia » SENTENZA OPEN ARMS/ E separazione delle carriere, le due anime di una partita ancora da giocare

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SENTENZA OPEN ARMS/ E separazione delle carriere, le due anime di una partita ancora da giocare

Dopo l’assoluzione di Salvini nel processo Open Arms è tempo di riforma della giustizia. Non tutti però, nel centrodestra, sono d’accordo sul come

Manlio Viola
Pubblicato 22 Dicembre 2024
In aula al Senato (Ansa)

In aula al Senato (Ansa)

Adesso è tempo di riforma della giustizia. Se l’assoluzione di Matteo Salvini evita lo scontro frontale fra magistratura e governo, la decisione dei giudici di Palermo non frena la volontà del centrodestra, con in testa Fratelli d’Italia e Lega, di riformare il settore e dare il via alla separazione delle carriere. Almeno questa è l’impostazione che passa all’indomani di una decisione che rappresenta una pietra miliare in questo eterno scontro fra poteri dello Stato. Che il processo a Salvini fosse politico, nel senso che aveva cause, moventi e conseguenze di natura politica, è fuori di ogni dubbio. Ma se alla vigilia si diceva che una condanna avrebbe portato all’accelerazione della riforma, all’indomani la voce che gira è opposta. È davvero così?


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La realtà che non si dice sembra essere un poco diversa. Da una parte c’è certamente un pezzo di maggioranza che vuole accelerare, d’altra c’è un altro pezzo di maggioranza che, alla luce dell’assoluzione, vuole discutere, anche se la riforma va certamente fatta. Non è diversa la situazione fra i magistrati: c’è una componente della magistratura che vuole lo scontro ad ogni costo, ma ce n’è un’altra, maggioritaria, che vuole sedersi ad un tavolo di confronto, più o meno ufficiale, che permetta di limitare i danni.


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“Quanto accaduto dimostra l’assoluta urgenza della riforma della giustizia che siamo portando avanti per arginare la degenerazione correntizia e la politicizzazione di una parte della magistratura”. Matteo Salvini è stato appena assolto con formula piena dai giudici di Palermo nel processo Open Arms e già tocca al suo vice al ministero delle Infrastrutture, il sottosegretario Tullio Ferrante, suonare la carica sulla riforma. È il segnale che questo è il prossimo step per la maggioranza di governo, giungere alla separazione delle carriere. Lo si sarebbe fatto con uno scontro frontale in caso di condanna. Ora, forse, l’accelerazione dovrà seguire un percorso diverso. Ma un’apertura viene dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, che rende “onore a questi magistrati coraggiosi”. lanciando messaggi di distensione: “Questo processo non si sarebbe nemmeno dovuto iniziare, come scrissi anni fa, come editorialista (…). Processi come questo, fondati sul nulla, rallentano l’amministrazione della giustizia e sprecano risorse. Dopo l’agonia del processo Stato-mafia e questa assoluzione, credo sia necessaria una riflessione sul nostro sistema imperfetto”.


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Una riflessione, dunque, è necessaria. Sì, perché i giudici di Palermo hanno dimostrato di essere “terzi” rispetto alle accuse e ora quel pezzo di magistratura punta a sedersi al tavolo e parlare di una riforma se non condivisa almeno che non sia divisiva. Quanto questo abbia inciso sulla decisione non è dato saperlo. Forse ci aiuteranno a capirlo le motivazioni, quando saranno scritte e rese pubbliche. Ma che si punti a trattare appare evidente. Carriere separate probabilmente sì, ma magari con la possibilità di saltare la barricata da inquirente a giudicante e viceversa almeno una volta in carriera. C’è chi pensa che quel salto forse si dovrebbe poter fare solo da giudicante a inquirente, senza ritorno a mai viceversa. Chissà.

Intanto c’è già un avversario diverso, più naturale, più politico a cui badare. Un applauso alla Camera dei deputati ieri sera ha salutato la sentenza. “Un applauso al quale non ha partecipato la sinistra” sottolinea il  coordinatore di Noi Moderati Saverio Romano, il cui intervento lo ha fatto scattare. “Nessuna sorpresa” dice Romano. “Dispiace che questa sinistra sempre più giustizialista non si sia unita all’applauso dell’aula per tributare un saluto ad un uomo, un parlamentare, un vicepresidente del Consiglio che ha ottenuto un atto di giustizia da un tribunale, non da i suoi elettori, non dalla maggioranza, non dai suoi amici, ma da quel tribunale che spesso invochiamo come autonomo, come libero da pressioni e da sollecitazioni”.

È toccato, appena fuori del tribunale, all’avvocato di Salvini Giulia Bongiorno sottolineare come questa non sia una sentenza contro i migranti. La pensano diversamente nella Ong spagnola Open Arms, i cui vertici pensano già ad un appello e sperano che anche la Procura di Palermo si opponga alla sentenza. Cosa probabile, ma non del tutto scontata.

(Manlio Viola è direttore del quotidiano online BlogSicilia)

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Tags: Matteo SalviniGiulia BongiornoCarlo NordioFdiLega

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