Arcivescovo di Torino critica la tesi della Sindone formata da una statua, l'articolo ignora evidenze scientifiche emerse in altri studi e analisi chimiche
Dopo la pubblicazione dell’articolo della rivista Archaeometry, nel quale si afferma che la sacra Sindone non proverrebbe da un corpo umano ma sarebbe stata formata da un telo steso su una statua, arrivano le critiche da parte dell’Arcivescovo di Torino Roberto Repole, custode del reperto, che si è dichiarato preoccupato per le conclusioni definite affrettate e superficiali, che mettono in dubbio l’autenticità del drappo funebre di lino, ipotizzando che l’immagine provenga da un bassorilievo medioevale.
Il cardinale ha infatti ricordato, che i risultati di nuovi studi, effettuati tramite l’utilizzo di strumenti digitali come quello apparso proprio di recente, devono essere sempre sottoposti ad attenzione critica, aggiungendo che, diverse ricerche, effettuate anche con approfondite ed attente analisi fisico chimiche, hanno già attribuito la provenienza del lenzuolo in varie occasioni, confermando la presenza di Dna ed escludendo una formazione derivata da pittura, ed evidenziando anche varie corrispondenze con tracce di sangue umano.

Sindone formata da bassorilievo, l’esperta Marinelli: “Studio non tiene conto delle evidenze scientifiche, è solo una operazione mediatica”
Roberto Repole, arcivescovo di Torino e custode della sacra Sindone, ha criticato l’articolo, proveniente dalla rivista Archaeometry, che a partire da una simulazione in 3D ha affermato che il reperto non sarebbe stato formato da un lenzuolo steso su un corpo umano ma piuttosto da una figura presa da un bassorilievo. Oltre agli studi scientifici che invece in passato avevano confermato la presenza di tracce di Dna grazie alle analisi chimiche, ad avvalorare la tesi del cardinale è intervenuta anche la sindonologa Emanuela Marinelli.
L’esperta, che è tra le più note studiose della Sindone a livello internazionale, ha definito le conclusioni della recente ricerca come “Una operazione mediatica priva di alcun fondamento scientifico“, in quanto, non tiene conto delle evidenze già dimostrate da ampie indagini. La ricostruzione digitale avrebbe infatti completamente ignorato quanto emerso dagli esami microscopici e fisici che avevano comparato le microtracce rilevate con materiali biologici, dimostrando la presenza di elementi come pollini, mirra e aloe, rivenuti nelle grotte di Gerusalemme. Oltre alla corrispondenza tra le macchie sul tessuto compatibili con sangue umano, proveniente dal cadavere che era stato avvolto nel telo.
