Pierluigi Strippoli è un nome che a molti, al di fuori della genetica medica, potrà dire poco o nulla. Eppure si deve a lui, e alla sua squadra di ricerca bolognese, se la grande opera medico-scientifica di Jérôme Lejeune non è finita del tutto nel dimenticatoio. Anzi, potrebbe tornare a regalarci frutti inaspettati. Lejeune è a tutti gli effetti l’inauguratore della moderna genetica, grazie alla scoperta nel 1959 della causa della trisomia 21, ovvero quell’anomalia che in epoca passata era oggetto di diffusi pregiudizi popolari.
Tutto è dovuto, ora lo sappiamo, a un cromosoma di troppo: il 21. È una di quelle scoperte che assicurerebbero a chiunque, senza riserve, il premio Nobel. Per la prima volta un sintomo clinico veniva correlato ad un’alterazione, del tutto imprevedibile, del materiale genetico. Decenni di pregiudizi morali, che attribuivano ai genitori oscure colpe, venivano così spazzati via. Sennonché Lejeune, cattolico fervente e difensore della vita nascente, si trovò di fatto in conflitto con il mainstreaming scientifico dominante che puntava – e punta tuttora – all’analisi prenatale per ricorrere eventualmente all’aborto selettivo come soluzione “finale” contro la “sindrome di Down”, anziché scommettere sulla ricerca di cure preventive.
In realtà, la trisomia 21 continua ad essere, nel mondo, la più diffusa anomalia genetica, senza distinzioni etniche e di status sociale. Il grande medico francese era comunque convinto che prima o poi una cura si sarebbe potuta trovare. “È più facile che andare sulla luna”, ripeteva ostinato, mentre il suo rapporto con migliaia di bambini con sindrome di Down, a Parigi, era ormai leggendario per i suoi tratti di umanità e passione. Nonostante le sue convinzioni, i fondi per questa ricerca sono via via calati ovunque, se non azzerati.
Non c’erano quindi molte probabilità che un professore universitario e ricercatore genetico come Strippoli, amante – per sua stessa ammissione – della routine e a tutt’altro interessato, potesse imbattersi in Lejeune e nella sindrome di Down. Una serie di circostanze apparentemente casuali, che Strippoli ama definire “genetica dell’imprevisto”, l’hanno portato a imbattersi nella trisomia 21, trovandosi inizialmente controvoglia a un convegno parigino, su suggerimento degli amici e colleghi nordamericani Mark Basik e Ombretta Salvucci. Non avrebbe nemmeno gradito volare su un aereo, tanto da cercare ostinatamente scuse per evitarlo e preferendo, come è avvenuto per anni e anni, posizionare ogni giorno la bicicletta presso lo stesso ufficio, sempre legata allo stesso usurato palo.
Di Lejeune in realtà Strippoli aveva sentito parlare da una professoressa bolognese, Maria Zannotti, che era stata sua allieva in Francia, senza però andare oltre nella ricerca. Sta di fatto che decisivo fu quel convegno a Parigi, nel 2011. Da quella circostanza Strippoli comincia finalmente a conoscere a fondo l’opera di Lejeune, intuendone la genialità e la lungimiranza scientifica. Ha l’opportunità anche di conoscerne la moglie, Birthe Bringsted. Ed è proprio lei che lo invita a incontrare personalmente i bambini con trisomia 21. Strippoli non ne aveva mai visto uno. È un incontro affettivo – molti di loro hanno questo carica empatica – e l’inizio di un percorso di ricerca che sta portando, nonostante scarsità di fondi e poco sostegno burocratico, a risultati rilevantissimi. Gli stessi diari privati di Lejeune, che Strippoli ha potuto leggere grazie alla famiglia, sono una pista carica di suggerimenti e intuizioni preveggenti, peraltro disseminate anche negli articoli scientifici firmati da Lejeune.
Lejeune era convinto che all’origine dell’alterazione genetica potesse esserci uno squilibrio metabolico. Le ricerche del team di Strippoli – fatto in maggioranza di competentissime ricercatrici, diverse delle quali madri con molti figli – stanno dando importanti conferme a questa intuizione. Hanno potuto dimostrare rigorosamente, in questi ultimi anni, con una vastissima ricerca senza precedenti in Italia, che solo nella millesima parte dell’intero cromosoma 21 si annida il colpevole della sindrome e che un’alterazione del metabolismo dei monocarboni (ciclo del folato, ciclo della metionina, ciclo della transulfurazione) potrebbe essere causa del danno delle cellule nervose e quindi origine della disabilità cognitiva connessa spesso alla trisomia 21. C’è anche un’ipotesi terapeutica farmacologica da sperimentare al riguardo, su cui si sta lavorando, ma su questo un riserbo deontologico è doveroso, in attesa di onerose e lunghe verifiche cliniche su vasta scala. Stiamo comunque parlando di risultati praticamente unici al mondo. Per questo nel Policlinico S. Orsola a Bologna, la caccia al colpevole, nascosto in quella millesima parte del cromosoma 21, continua.
Resterebbe da raccontare quanto di questi risultati sia dovuto al lavoro di squadra ma anche alle relazioni professionali con ricercatori dell’Università di Padova, come la professoressa Silvia Lanfranchi, ed al sistematico rapporto clinico con i pazienti e con i medici che li curano. Nel policlinico bolognese per quarant’anni i portatori della trisomia 21 sono stati seguiti dal professor Guido Cocchi, che ha poi passato il testimone alla dottoressa neonatologa Chiara Locatelli. Con lei Strippoli si ritrova a collaborare sistematicamente per affinare la ricerca e le cure. Parliamo di centinaia di pazienti da seguire, provenienti, con le loro famiglie, da tutt’Italia.
E ci sarebbe un ultimo doveroso dettaglio, che Strippoli – tra l’altro votato per alcuni anni, dagli studenti in medicina, come miglior docente-insegnante – cerca invano di non far conoscere, ma che è emerso ad un recente dialogo pubblico bolognese, promosso dall’Associazione “Incontri Esistenziali”: per poter assumere più ricercatrici da dedicare a questa straordinaria investigazione genetica, Strippoli ha rinunciato al ruolo prestigioso di ordinario che era già ormai acquisito per lui, per dirottare appunto la “spesa” su nuove assunzioni. Non risultano molte notizie di esempi analoghi in circolazione. Probabilmente qualcosa della grande umanità di Lejeune – dichiarato venerabile dalla Chiesa cattolica – deve avere alterato in modo imprevedibile la “genetica” di Strippoli.
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