Secondo un calcolo indipendente di Reuters, sono quasi 1.500 gli alawiti uccisi in Siria: dietro al massacro ci sarebbero le milizie governative

È di quasi 1.500 il numero di morti nelle recenti violenze anti-alawiti che si sono registrate in Siria e, in particolare, sulla costa occidentale in cui la minoranza etica da sempre risiede: veri e propri massacri che hanno il sapore della pulizia etnica in un paese che è appena uscito da una lunghissima guerra civile contro l’ex presidente Assad e che aveva promesso di intraprendere un percorso democratico per tornare a contare in un modo che aveva voltato le spalle alla Siria di Assad.



Partendo dal principio, è utile ricordare che gli alawiti sono una minoranza etnica composta da circa 2 milioni di persone, da sempre vista come una minaccia per la maggioranza sunnita per il semplice fatto che la famiglia Assad ne faceva parte; mentre il primo episodio di questa violenza etnica sembra risalire a marzo quando il governo neo-insediato della Siria era intervenuto sulla cosa occidentale per sedare una piccola rivolta di sostenitori di Assad.



Quello che doveva essere un intervento mirato e preciso, alla fine si è trasformato in una carneficina, tanto che tra il 7 e il 9 marzo buona parte dei villaggi occidentali della Siria sono oggi completamente deserti: non esistono dati ufficiali su quante persone siano morte negli scontri con l’ONU che parla di 111 vittime (con una stima definita “sottostimata” e mai aggiornata), il Syrian Network for Human Rights che ne riporta circa 1.334, l’Osservatorio siriano per i diritti umani che parla di 1.557 morti e il governo che si limita a riportare i 200 militari uccisi.



In Siria quasi 1.500 alawiti uccisi nell’arco di soli tre giorni: il calcolo indipendente di Reuters

Proprio qui si inserisce una recente indagine condotta da Reuters in queste settimane raccogliendo decine e decine di video, numerose testimonianze dirette e racconti resi dalle persone – specialmente gli alawiti – che in quei territori della Siria ci vivono e che hanno vissuto sulla loro pelle la pulizia etnica: il quadro che ne emerge è impietoso perché parla di almeno 1.479 alawiti uccisi nell’arco di soli 3 giorni, ai quali ne vano aggiunti un’altra 20ina nell’arco di tempo tra il 10 maggio e il 4 giugno.

Il giorno più duro per gli alawiti – secondo i calcoli di Reuters – sarebbe stato l’8 marzo con una conta totale di 828 morti in sole 10 località distribuite nell’area occidentale della Siria, seguito dal 7 marzo nel quale se ne sono contati 578 in 26 località e, infine, da un più “calmo” 9 marzo che ha fatto registrare 74 uccisioni in 4 luoghi: ad oggi secondo Reuters le regioni di regioni di Latakia, Tartous e Hama sono completamente desertiche, con gli ex residenti (almeno, tra quelli rimasti in vita) che hanno preferito accamparsi fuori dalla base militare russa che si trova nell’area per cercare riparo.

Chi ha compiuto il massacro di alawiti in Siria: le analisi di Reuters puntano la lente su Damasco

Nella sua indagine, Reuters ha anche cercato di ricostruire la catena di comando che ha portato alle uccisioni, con il governo della Siria che per ora non ha rilasciato particolari dichiarazioni in merito, avviando un’indagine interna per ricostruire i colpevoli: l’agenzia ha scoperto che tra i miliziani avvistati dai residenti dell’area occidentale interessata alla repressione ci sono tutte le principali forze militari che sostengono il governo di Ahmad al-Shara.

Siria: il presidente Ahmad al-Shara (Foto: ANSA-EPA/STEPHANIE LECOCQ / POOL)

In particolare, molto frequenti sono state le segnalazioni dei militari dell’unità HTS – che include anche l’Unità 400, la Brigata Othman e il Servizio di sicurezza generale – che attualmente controlla parte dell’area costiera della Siria; mentre non mancano neppure le milizie turche – come l’Esercito Nazionale Siriano, la brigata Sultan Suleiman Shah e la divisione Hamza -, le fazioni sunnite che rispondono ai gruppi Jayish al-Islam, Jayish al-Ahrar e Jayish al-Izza, alcuni civili armati e numerosi combattenti stranieri tra il Partito Islamico del Turkestan, gli uzbeki, i ceceni e diversi arabi.

La singolarità della presenza di tutte queste milizie durante le repressioni è che sono parte di quei 12 gruppi armati che hanno sostenuto il golpe di Ahmad al-Shara nel quale è stato deposto l’ex presidente della Siria Assad: ognuno dei leader 12 gruppi, dopo l’instaurazione del nuovo governo avrebbe ricevuto personalmente dal neo-insediato presidente una carica militare di alto livello, un’area del paese da controllare e una competenza specifica; facendo supporre a Reuters che il commando di massacrare gli alawiti sia arrivato direttamente da Damasco.