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Home » Economia e Finanza » Economia UE » SPILLO UE/ L’Europa alza bandiera bianca sul gas russo

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SPILLO UE/ L’Europa alza bandiera bianca sul gas russo

Paolo Annoni
Pubblicato 27 Luglio 2022
gas, Von der Leyen

Ursula von der Leyen (LaPresse)

Ieri è stato raggiunto un accordo sul piano Ue di emergenza relativo al gas: un'ammissione della debolezza europea di fronte alla crisi

I membri dell’Unione europea ieri hanno raggiunto un accordo per tagliare del 15% i consumi di gas su base volontaria e obbligatoriamente nel caso di un’emergenza, come l’interruzione delle forniture russe. L’obbligatorietà può essere derogata in caso di Paesi “particolarmente vulnerabili” o per quelli che sono parte integrante della rete. Dopo l’annuncio l’euro si è indebolito nei confronti del dollaro e il prezzo del gas europeo è salito ai massimi di sempre. 


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L’annuncio dell’Unione europea, infatti, è la prova provata che senza il gas russo l’Europa deve autoimporre un razionamento e che non c’è abbastanza gas per tutti. Oltretutto, per il momento i Paesi sono liberi di tagliare o non tagliare i consumi, su base volontaria, e solo in caso di emergenza il taglio sarebbe obbligatorio. Nessuno sa quindi quali potrebbero essere le reazioni dei Paesi singoli quando arriverà l’emergenza; Grecia, Portogallo e Spagna, per esempio, hanno già dichiarato, per bocca dei proprio ministri di non essere disposte a penalizzare i propri Paesi in ottica di solidarietà europea. Forse le eccezioni all’accordo di ieri servono a permettere queste “defezioni” che sono significative. 


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Il gas, oltretutto, non ha la stessa importanza per tutti. Per alcuni Stati membri è infinitamente più importante che per altri. Una riduzione del 15% in Francia, dove c’è tantissimo nucleare, non ha lo stesso impatto di una riduzione del 15% in Germania o in Italia. 

L’annuncio di ieri conferma che l’Europa non ha alternative al gas russo nel breve-medio periodo, che è più ricattabile dai Paesi del Mediterraneo e che dovrà affidarsi al mercato del gas liquido trasportato via mare su cui la competizione è estrema. L’andamento dei prezzi del gas tornati ai massimi e probabilmente diretti verso ulteriori rialzi conferma uno scenario preoccupante. Gli attuali prezzi non permettono la sopravvivenza di una larga parte dell’industria europea e impongono riduzioni della qualità della vita ai cittadini. La domanda di gas si ridurrà “automaticamente” semplicemente perché i cittadini e le imprese non si potranno permettere di pagare le bollette. Il prezzo del gas in Europa oggi è superiore di quasi dieci volte alla media degli ultimi dieci anni. 


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Le tesi con cui si sono giustificate le sanzioni alla Russia vengono messe alla prova dalla realtà che via via si presenta. La Russia non è fallita, ha trovato sbocchi alternativi, continua la guerra e in compenso l’Europa deve affrontare sfide politiche e sociali che si fa fatica a inquadrare.

Si è aperto un abisso tra la vita dei cittadini europei che in queste settimane continua normalmente o quasi e la realtà di prezzi del gas che metteranno in crisi la sopravvivenza dell’industria e che generano spinte centrifughe in Europa. Ieri si è avuta la conferma che chi ha il gas in Europa non è disposto a condividerlo. La ragione è semplice: il costo politico interno di un razionamento ha conseguenze imponderabili.

L’abisso che c’è tra la percezione delle persone e la realtà del mercato dell’energia in Europa è una fonte di instabilità politica. È una distanza che non è stata affrontata perché la narrazione che ha accompagnato le sanzioni europee alla Russia è ancora viva nella testa dei cittadini. Le sanzioni erano, in teoria, lo strumento dell’Europa per mettere in crisi la Russia. Oggi, invece, i mercati e l’economia europei sono appesi alla saga dei flussi di gas dalla Russia. 

L’incentivo dei Governi a chiudere questa distanza trovando un capro espiatorio esterno è massima. Una recrudescenza della guerra ad agosto, per esempio, aiuterebbe i Governi europei a far digerire un boccone che è diventato molto indigesto. La situazione è talmente delicata che ci si chiede se anche questa volta ci sarà, come nel 2011, prima la tempesta economica e finanziaria e poi le proteste di piazza oppure se gli eventi saranno contemporanei piuttosto che invertiti. 

Per chiudere questa distanza i politici di diversi Paesi europei dovrebbero spiegare ai propri cittadini che sono tornati in un Paese in via di sviluppo con tanta inflazione e grandi difficoltà a reperire materie prime. Con tutto quello che questo significa per la qualità della vita e il welfare. La premessa è ammettere quali siano le conseguenze delle sanzioni; giuste o sbagliate che siano. Sono conseguenze molte volte superiori a un maglione di lana d’inverno. Se nessuno si prende la briga di spiegare quello che è successo ci penserà la realtà e a quel punto bisogna contenere la protesta e trovare qualche buona scusa. 

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Tags: InflazioneRecessione

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