Dato non-farm payrolls nettamente più alto delle previsioni per dicembre, Cpi più basso del previsto e accordo per una tregua fra Israele e Hamas.
Le ultime ore di Joe Biden sembrano un copione cinematografico. Ma gli effetti speciali di fine mandato non sono certamente una novità assoluta. Spesso e volentieri, però, si rivelano in breve tempo per ciò che in realtà erano. Fuochi d’artificio destinati a diventare fuochi fatui.
Nel frattempo, proprio quel dato sull’inflazione statunitense migliore delle attese, cui si è accoppiato un trend simile anche per il giubilato Regno Unito, ha garantito al sedicente mercato un potenziale detonatore di Bonanza sull’obbligazionario: rendimento del decennale Usa -14 punti base, rendimento decennale britannico -16 punti base, rendimento decennale tedesco -9,1 punti base. In poche ore nel pomeriggio del 15 gennaio, dopo la diffusione delle letture sull’inflazione. Chi era entrato in giostra nei giorni precedenti, scommettendo su prezzi con andamento a precipizio, ora gongola. Ma attenzione a cosa ci attende. A brevissimo giro di posta.
Il 23 e 24 gennaio si riunisce il board della Bank of Japan e il Governatore Kazuo Ueda ha reso noto en plein air come sia sul tavolo l’opzione di un rialzo dei tassi, al fine di contrastare ex ante gli effetti di eventuali politiche tariffarie Usa. Cosa accadde l’ultima volta che a Tokyo azzardarono un ritorno alla normalità monetaria è noto a tutti. Uno tsunami estivo che il 5 di agosto colse tutti con la guardia abbassata. E il livello attuale dello yen sembra telegrafare uno smobilizzo di carry trades 2.0 come opzione decisamente più probabile del mero cigno nero, nonostante proprio quello spoiler di un possibile ritocco all’insù abbia garantito l’effetto placebo di breve termine di un apprezzamento della valuta nipponica.
E prendendo per buona la tregua a Gaza, nonostante già all’ora di pranzo di ieri circolassero voci di una marcia indietro da parte di Hamas, il 26 gennaio scade invece la deadline per l’accordo di cessate il fuoco fra Israele e il Libano. Voci sempre più insistenti parlano di un’estensione già decisa, ma, volendo pensare male, quella data cade dopo l’insediamento di Donald Trump. E se qualcuno a Tel Aviv volesse inviare un segnale alla nuova Amministrazione, questa sarebbe l’occasione giusta. Oltretutto con la possibilità di un’immediata escalation sul fronte di Gaza, a nemmeno una settimana dalla più mediatica, obbligata, mal digerita e scontata delle tregue.
Israele invade il Libano e l’Iran attacca per ritorsione? Basta dare un’occhiata a tre numeri cristallizzati nella chiusura di contrattazioni di mercoledì. Wti a 78,56 dollari (+2,87%), rame 4,3960 (+1,23%) e legname da costruzione 566,00 (+2,82%). Si comincia, insomma. Tremori sui prezzi. Tanti detonatori. Pronti a far esplodere il mega-panetto di esplosivo al plastico che ci viene mostrato nel grafico: il credito revolving totale sta collassando. E cosa sia accaduto le ultime due volte che si è sostanziata questa dinamica appare evidente.
Una nuova crisi pare pronta, manca solo l’innesco. Preparata a tavolino. Come scriveva l’altro giorno Nomura, Joe Biden ha operato da agente provocatore economico nei confronti dell’Amministrazione Trump. Un avvelenatore seriale di pozzi. E l’impossibilità di indebitarsi rappresenta la madre di tutti gli ordigni, perché l’America senza carte di credito è come Roma senza il Colosseo. Un’economia basata al 70% sui consumi personali, come cresce? Andiamo avanti a guerre e AI? Impossibile. Ma quel massimo di indebitamento rappresenta una variabile più instabile di un carico di esplosivo al plastico inzeppato nel bagagliaio di un’utilitaria incidentata a un posto di blocco di West Belfast. Chi accenderà il fiammifero? Tokyo? Tel Aviv? Beirut su mandato di Teheran?
I numeri parlano chiaro, d’altronde. Something’s gotta give. Il pranzo gratis non lo garantisce nemmeno Donald Trump. Perché la misura di leverage è colma in ogni ordine e grado. E in condizioni simili, i cattivi pensieri sorgono spontanei. Ad esempio, mentre gli agenti arrestavano l’ex Presidente golpista, l’ente statistico di sudcoreano rendeva nota una vaghissima revisione al rialzo del tasso di disoccupazione del mese di dicembre: dal 2,9% al 3,7%. Che dite, quel colpo di Stato da operetta e quella legge marziale durata meno di una partita di calcio ora assumono tutto un altro profilo e un senso che dovrebbe inquietare?
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