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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » SPY FINANZA/ Ecco dove nasce il piano di legare il debito Usa alle criptovalute

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  • Borsa e Spread
  • Economia e Finanza

SPY FINANZA/ Ecco dove nasce il piano di legare il debito Usa alle criptovalute

Mauro Bottarelli
Pubblicato 26 Settembre 2025
Pixabay

Pixabay

Gli Stati Uniti hanno un problema con l'enorme debito pubblico che potrebbe essere risolto usando le cryptovalute

Ultimamente ho parlato molto spesso di sterilizzazione parziale del debito pubblico statunitense tramite le crypto. In gergo finanziario anglosassone, tokenization. Mi pare quindi sia giunto il momento di spiegare come questo sia possibile, da dove nasca l’intuizione e quali conseguenze questo possa avere per gli Usa e per l’intero comparto dell’obbligazionario sovrano. Occidentale, quantomeno.


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Perché siamo nel pieno di una polarizzazione che vede appunto gli Usa sposare la via digitale, mentre la Cina il nuovo gold standard. Nel mezzo, l’Europa che, come al solito, pare avere come unica preoccupazione il prossimo pacchetto di sanzioni contro la Russia.

Al centro dell’intero processo ci sono i cosiddetti Bitbonds o bond digitali. A gettare questo nome sul tavolo della discussione è stato lo scorso 11 marzo Andrew Hohns, economista e fondatore del fondo di investimento Newmarket Capital, nel corso di una presentazione al National Press Club. Ma a tramutare l’intuizione accademica in qualcosa di estremamente pragmatico, tanto da spingere il Genius Act su un binario di discussione e approvazione prioritaria, è stata la senatrice Cynthia Lummis. Il cui pensiero è stato sintetizzato in questa frase: Bitcoin rappresenta l’unica soluzione per risolvere il problema da 36 trilioni di dollari del debito Usa. Salito, nel frattempo, a 37 abbondanti. Ma poco cambia. Anzi, aumenta soltanto l’urgenza.


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L’intero processo è sintetizzabile in una dinamica catturata come un’istantanea da questo grafico, appena pubblicato su dati risalenti alla scorsa settimana. E il quale compara l’andamento della massa monetaria M2 con quello del prezzo di Bitcoin.

Come potrete notare fino allo scorso aprile, quando i mercati subiranno quella drastica correzione che a sua volta ha poi generato un nuovo rally record, la correlazione era perfetta. Sovrapponibile. Poi, divaricazione. Il cosiddetto de-couple. Oggi arrivato a un gap record. Qualcosa sta generando un’esplosione di liquidità che non trova più effetto tandem con le valutazioni della cryptovaluta per antonomasia. Quel qualcos’altro non è che la corsa all’investimento folle nell’AI, i CapEx da record, i continui annunci da parte dei colossi del settore per acquisizioni, finanziamento, fusioni e mega-piani di sviluppo per produzione e data center. Nulla che stupisca.


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Ma attenzione. Quel de-couple può aumentare, stante la natura da primo livello di una seconda rivoluzione industriale che l’AI sta mostrando. Ma può anche tradursi in re-couple. E la valutazione implicita che quel gap colmato al rialzo ci mostra è Bitcoin in area 250.000 dollari. Questo almeno ci dice la correlazione storicamente più simile a un effetto carta carbone della storia finanziaria.

Nell’ultima settimana post-Fed, Bitcoin così come Ethereum ha patito cali drastici. Addirittura al di sotto di implicite linee Maginot di tenuta. Attenzione, nulla che la storia recente non ci abbia già mostrato. E che abbia operato da nuova resistenza per tramutarsi in sostegno e volare verso nuovi massimi. La natura della Bestia digitale: grandi fluttuazioni. Un qualcosa che rende l’ancoraggio, il cosiddetto backing, di assets a Bitcoin una criticità che le Banche centrali, ad esempio, dipingono sempre come ad altissimo rischio di instabilità sistemica. Ma è per questo che esistono le stablecoins. Ed è per questo che diverranno sempre più importanti. Perché rappresentano il cosiddetto strato liquido grazie al loro ancoraggio al dollaro Usa. Diretto. In rapporto 1 a 1.

Ed è per questo che Scott Bessent ha lanciato la sua piccola Operation Twist, operando su due fronti paralleli. Buybacks per togliere dai bilanci bancari Treasuries a lunga scadenza ormai non più negoziali a book value ed emettendo contemporaneamente titoli a brevissimo termine, praticamente solo Bills, con il badile attraverso aste raddoppiate nel loro ammontare solo nel terzo trimestre di quest’anno. Con la scusa del Tga da rimpinguare.

L’idea è legare le stablecoins ai Bills, ottenendo così un triplice effetto. Collocazione integrale ex ante, stante la natura di collaterale finanziario primario dei titoli Usa a breve termine; trasparenza ontologica grazie alla natura da cambio fisso della stablecoins che mantiene sempre immutato il suo valore rispetto alla valuta di riferimento (dollaro Usa); riscattabilità istantanea.

Cosa offre questa opzione rispetto al vecchio modello? Una base monetaria sempre liquida ma non legata al leverage da Banca centrale e sempre accessibile senza intermediazione. Ovviamente, esiste il rovescio della Medaglia. Poiché un sistema simile rischia di sostanziarsi in una sovrabbondanza di liquidità che alimenti la mera speculazione.

Occorre quindi una riserva neutra che assorba quegli eccessi. E quale migliore ancoraggio se non quello garantito appunto da Bitcoin? Il quale rispetto a ogni altro assets di denominazione, compreso l’oro, si basa su quattro pilastri a oggi unici: trasparenza, liquidità, immediata verificabilità e, soprattutto, programmabilità.

(1- continua)

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Tags: BitcoinEconomia USA

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