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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » SPY FINANZA/ Gli incroci tra bolla AI, shutdown e Qe della Fed

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SPY FINANZA/ Gli incroci tra bolla AI, shutdown e Qe della Fed

Mauro Bottarelli
Pubblicato 10 Novembre 2025
Pixabay

Pixabay

Nell'arco dei prossimi giorni potrebbero esserci notizie importanti sul fronte shutdown Usa, cruciali anche per i mercati

Parola d’ordine per l’azionario è shutdown. Ed effetto New York. Se infatti Donald Trump ha evocato proprio il blocco delle attività (e dei pagamenti) federali come una delle cause principali dell’elezione di un Sindaco democratico nella Grande Mela, la dinamiche – già raccontate approfonditamente negli scorsi articoli – legate alla liquidità fra Tesoro e riserve bancarie presso la Fed cominciano a divenire assolutamente mature e strumentali per ottenere il bersaglio grosso. Ovvero, la ripartenza degli acquisti da parte della Fed stessa.


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Un Qe in qualche forma che tamponi il potenziale fallout derivante dallo scoperchiamento del vaso di Pandora dell’AI e della sua ultima frontiera gonfia-indice e valutazioni. Ovvero, gli investimenti per data center. E paradossalmente, in tal senso sembra che qualcuno stia volutamente stuzzicando la bolla con un ago di realismo, stante lo strano stillicidio di notizie critiche sul comparto che da qualche giorno riempie le news finanziarie. Da Re Mida a Giamburrasca senza passare dal via.


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Sospetto. Così come certe uscite. Ad esempio, l’uno-due da parte del Ceo di OpenAI, prima deciso a richiedere addirittura la garanzia federale sui futuri investimenti (mossa definita socializzazione delle perdite dallo stesso Wall Street Journal) e poi, dopo il no giunto da Washington, intento a ottenere almeno l’inclusione degli stessi nel Chip Act per l’ottenimento del credito d’imposta per i data centers. Di fatto, prodromo alla possibilità di acquisto di propri bond da parte della Fed in seno al prossimo programma espansivo.

In contemporanea, il Governo Usa poneva ulteriore veto sull’export e la vendita in Cina di scaled-down chip, quasi a voler paradossalmente boicottare i conti di Nvidia, mentre il Presidente sentenziava che l’AI non rappresenta una bolla. Insomma, un guazzabuglio di decisioni, retromarce e annunci. Tipico delle situazioni che necessitano approccio maoista di caos creativo sotto il cielo. E cortina fumogena.


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Nel frattempo, l’uomo che sovraintende alle facilities repo e reverse repo e al System Open Market Account (ovvero, al Qe/Qt) della Banca centrale Usa, il numero uno della Fed di New York, John Williams, dichiarava come a suo modo di vedere la Banca centrale Usa potrebbe ricominciare la sua azione di espansione di bilancio molto presto. Il tutto a una settimana dall’annuncio dello stop al Qt del medesimo stato patrimoniale a partire dal 1 dicembre.

E qui, attenzione. Perché la reazione a quell’annuncio è stata la crisi-lampo proprio del mercato repo. A cavallo della fine del mese, quindi assolutamente giustificabile con drenaggi da window dressing. Anche questa volta, il Tesoro ha cadenzato un timing perfetto. Chapeau per Bessent.

Questo grafico, consente di unire i puntini alla perfezione e delineare lo scenario creatosi nella tarda serata di venerdì.

Il rientro a quota 0 dell’utilizzo della facility repo della Fed è stato infatti reso possibile da due fattori. Primo, la due giorni di vendite sui titoli tech che ha consentito una via alternativa e parallela di finanziamento via sell-off. Secondo, lo strano rientro in grande stile della logica di vasi comunicanti della liquidità, stante un Tga del Tesoro calato di 40 miliardi e le riserve bancarie presso la Fed cresciute in contemporanea per lo stesso ammontare.

Di fatto, il Tesoro ha utilizzato la settimana di attesa offerta dalla Corte Suprema per pagare quell’ammontare sotto forma di sussidi alimentari Snap, facendo così calare il suo conto corrente che proprio grazie al blocco dei pagamenti federali stava raggiungendo la cifra record di 1 trilione di dollari.

Casualmente, venerdì sera la medesima Corte Suprema dava ragione a Donald Trump. E mostrava luce verde al blocco di quei pagamenti Snap. Giusto in tempo. Il tutto mentre la politica entrava in campo. I Democratici avanzavano la proposta di un accordo di compromesso per far terminare subito lo shutdown in cambio di un anno di prolungamento di un serie di benefit legati al welfare, soprattutto i crediti di imposta Aca. Proposta bocciata dai Repubblicani. Ma in grado di generare pavlovianamente subito due risultati.

Primo, l’annuncio del Senato rimasto aperto nel corso del weekend da parte del potente senatore Dem, Chuck Schumer. Sintomo di trattative febbrili e di un approccio da cani che si annusano. Secondo quello mostrato da questo secondo grafico: lo Standard&Poor’s negli ultimi 5 minuti di contrattazioni di venerdì scorso metteva in campo un poderoso colpo di reni e chiudeva in verde.

Insomma, tutto ruota attorno allo shutdown. E a quanto accadrà nel corso di questa settimana che sta per aprirsi. Se si arrivasse a un accordo, dal Tga è atteso un afflusso di liquidità nel sistema quantificabile in circa 250-300 miliardi di dollari. Nemmeno a dirlo, quanto perso dai titoli tech in questo strano storno da realismo potrebbe tramutarsi in un mini buy the dip decisamente interessante. E su titoli di prim’ordine come Microsoft e Meta, ad esempio o ancora di più su Microstrategy, Oracle e Coreweave. Tutti sotto pesante scacco di credit default swap in fase di lievitazione.

Infine, questi ultimi due grafici mostrano la sponda macro alle parole di John Williams riguardo l’approssimarsi di un ritorno degli acquisti da parte della Fed.

Da un lato, il report dell’Università del Michigan (pubblicato poiché privato e non federale) rendeva noto il secondo peggior dato di sempre a livello di fiducia dei consumatori. Soltanto il giugno 2022 aveva fatto peggio. E questo con Wall Street ai massimi storici. E in un’economia basata al 70% sui consumi personali. Secondo, il debito privato Usa (mutui immobiliari esclusi) oggi sta erodendo il corrispettivo del 2% del Pil sotto forma di potere d’acquisto. O salgono i salari o si crea credito, stampando. Tertium non datur.

Insomma, l’unica incognita è se alla Fed servirà un crash per attivare la stamperia o basterà la fine dello shutdown e un diluvio di dati macro da recessione acclarata. Comunque sia, quasi certamente le risposte che contano arriveranno prima della prossima riunione del board del 9-10 dicembre.

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Tags: Donald Trump

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