L’attesa “messianica” di Donald Trump come pacificatore dell’Ucraina potrebbe anche andare delusa. Lo scenario della fine della guerra ormai non è più il solo preso in considerazione dagli Stati Uniti, che puntano sì a far tacere le armi, ma intanto avrebbero sollecitato gli ucraini ad abbassare l’età dell’arruolamento nell’esercito. E al conflitto, spiega Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa, pensano ancora, almeno in parte, anche Francia e Gran Bretagna, che immaginano (senza fare i conti con la Russia) di essere protagoniste in una eventuale forza di interposizione in Ucraina, ma si preparano anche a combattere in Bielorussia o a difendere Kiev assediata dai russi nel caso si verificasse lo scenario peggiore per gli ucraini. Insomma, il conflitto iniziato ormai quasi tre anni fa rischia di proseguire ancora: Marco Rubio, nuovo segretario di Stato USA, dice che le parti dovranno fare delle concessioni, ma non si sa ancora quali e, prima di definirle, ci potrebbe volere molto più tempo delle famose “24 ore” inizialmente auspicate da Trump.
In attesa dell’incontro Trump-Putin, adesso il presidente USA sembra intenzionato ad armare l’Ucraina se Putin non accetterà la sua pace o a disarmare Kiev se sarà Zelensky a non essere d’accordo con il suo piano per la pacificazione. Ora che “l’era Trump” è cominciata, cosa ci dobbiamo aspettare?
L’amministrazione Trump doveva risolvere tutto in due giorni, poi sono diventati cento, infine sei mesi. Ora il nuovo segretario di Stato Marco Rubio dice che Russia e Ucraina dovranno necessariamente fare delle concessioni, tradendo il fatto che non c’è ancora molta chiarezza su come porre fine al conflitto. Non si sa, insomma, di quali concessioni stiamo parlando. Nel frattempo, si continuerà a combattere. Anzi, come riferisce il Financial Times, secondo Mike Waltz, nuovo consigliere per la sicurezza nazionale, Trump spingerà l’Ucraina ad abbassare l’età di mobilitazione a 19 anni: dichiarazioni che vanno in senso contrario all’ipotesi di un negoziato. Se l’Ucraina dovrà reclutare i più giovani per stabilizzare il fronte, è perché se Putin dirà no a Trump c’è la volontà di portare avanti il conflitto.
La prospettiva di pacificazione che inizialmente per Trump sembrava l’unica, in realtà, invece, ha delle alternative?
Intanto Putin si è reso disponibile a incontrare Trump. C’è un atteggiamento, comunque, che accomuna sicuramente Biden, Trump e Putin: la scarsissima considerazione che hanno delle leadership europee, non solo di quelle di ogni singolo Stato, ma anche della UE in quanto tale, tanto è vero che la von der Leyen non era tra gli invitati alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente americano. In ogni caso, sappiamo benissimo che a Trump l’Europa non piace, non è mai piaciuta. Per i negoziati se la vedranno USA e Russia.
In campo europeo, però, c’è qualcuno che si muove: Gran Bretagna e Francia, per esempio. Che obiettivi hanno?
Gli inglesi, rivela il Telegraph, vorrebbero guidare la forza di interposizione da dispiegare eventualmente in Ucraina, mentre i francesi avrebbero addirittura preparato 2mila uomini da schierare in Ucraina, simulando combattimenti in Bielorussia. Ci sono fughe in avanti di alcuni Paesi, che senza consultare nessuno preparano piani e si propongono per un’improbabile leadership, mentre gli altri, invece, evidentemente, aspettano istruzioni.
Se arriverà la pace, sarà senza coinvolgere l’Europa?
Certamente. E questo nonostante sia proprio l’Europa a dover raccogliere i cocci di questa guerra. Tornando all’eventuale forza di pace, comunque, il ministro degli Esteri russo Lavrov nella conferenza stampa di fine anno ha ribadito che la Russia è assolutamente contraria allo schieramento di qualunque tipo di contingente nel territorio ucraino. Questo mentre la Gran Bretagna firma l’accordo dei 100 anni con Kiev, che prevede la realizzazione di basi militari in Ucraina.
Assistiamo a un dialogo tra sordi.
Più i russi dicono: “Guardate che la linea rossa è la neutralità dell’Ucraina”, più dall’altra parte, senza coordinarsi con chicchessia, gli attori principali della guerra a oltranza continuano ad avanzare proposte che vanno nel senso opposto.
Inglesi e francesi hanno parlato di organizzare una forza di interposizione; in realtà formulano anche altre ipotesi di utilizzo delle truppe. Gli scenari di guerra non vengono per niente scartati?
Uno degli scenari che hanno sviluppato insieme inglesi e francesi riguarda proprio l’ipotesi che Mosca sia in grado di conquistare Kiev. In questo caso prevedono la formazione di una coalizione di volenterosi per creare un cordone difensivo attorno alla capitale: torna un’altra volta il discorso dello schieramento delle truppe occidentali in territorio ucraino. L’Europa, in verità, non toccherà palla: ci troveremo di fronte a decisioni prese da altri. Al massimo, il Regno Unito avrà qualche notizia di prima mano in più, vista la partnership strategica con gli Stati Uniti.
Intanto, sul campo di battaglia, le cose per gli ucraini vanno sempre peggio. Il capo dell’esercito Sirsky dice che la mobilitazione in Ucraina è stata insufficiente e, in un incontro con i rappresentanti della Rada, i militari avrebbero riferito che la guerra sarebbe meglio farla finire entro i primi sei mesi dell’anno. Secondo lei com’è la situazione?
Le preoccupazioni dei rappresentanti politici e le loro esternazioni confermano un’analisi fatta ormai da mesi, cioè che oltre la primavera di quest’anno non si può andare. Ammesso che non ci siano sorprese anche prima, perché oramai i russi sono veramente a un passo da prendere il Donetsk nella sua interezza.
Una volta arrivati lì potrebbero ingolosirsi e andare oltre?
Secondo me la Russia non ha la volontà e neanche l’interesse di proseguire. Non so se i russi considerano l’opportunità di arrivare alla capitale, ma penso che non ritengano conveniente andare oltre un certo limite, prima di tutto per i problemi che avrebbero nella gestione dei territori conquistati. Nei territori occupati finora ci sono popolazioni che si sentono russe; più si va verso ovest ci si spinge verso la parte di Ucraina ostile ai russi stessi. Lo dice anche Emmanuel Todd nel suo magnifico libro La sconfitta dell’Occidente.
Per Mosca, quindi, gestire quelle aree sarebbe molto più problematico?
Controllando quei territori andrebbe incontro a fenomeni come l’Afghanistan, l’Iraq, avrebbe a che fare con popolazioni che non vogliono saperne di essere governate dai russi. Poi c’è da considerare la questione demografica. I russi, dal punto di vista militare, non possono superare un certo livello: comincerà a essere un problema reclutare soldati, perché l’andamento demografico non gioca a loro favore. La popolazione russa ha una bassissima fertilità, quindi, nella prospettiva di medio e lungo termine, a Mosca non conviene affatto spingersi oltre.
Politicamente le converrebbe continuare?
La Russia ha vinto e più andiamo avanti più emergono analisi pubbliche sulle responsabilità occidentali di aver provocato quella che è diventata una guerra proxy, organizzata e combattuta soprattutto a spese dell’Ucraina. Putin qui si ferma, non gli interessa andare oltre e ipotizzare di invadere la Polonia, i Paesi scandinavi o quelli baltici. Sta costruendo l’asse alternativo a quello degli Stati Uniti con i BRICS e questo danneggerebbe la sua visibilità politica enormemente. Per tutta questa serie di motivi credo che i russi arriveranno a un certo punto e si fermeranno.
Un elemento che inciderà nelle trattative?
Trump deve prendere atto di questo. Come gestirà la situazione, comunque, è ancora un bel punto interrogativo. Se Putin gli dirà no, aspettiamoci anche una recrudescenza del conflitto, fino all’ultimo uomo (o donna) ucraino.
(Paolo Rossetti)
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