Ieri è scomparso lo scrittore e poeta Stefano Benni (1947-2025). Raggiunse la fama grazie al brillante e ironico "Bar Sport"
Stefano Benni è stato uno dei pochi scrittori veramente popolari in Italia. Scomparso ieri nella sua Bologna, è stato popolare nel senso che la sua scrittura – romanzi, sceneggiature e testi teatrali, persino poesia – non ha mai voluto diventare intellettualistica, né tantomeno accademica, malvezzo di molti scrittori italiani che si credono elevati e non lo sono.
Ha sempre scritto opere saporose e persino satiriche verso i difetti della società italiana senza perdere il sorriso ironico e un po’ distaccato della città a cui per spirito apparteneva. Ha saputo far ridere anche in maniera affabulante, inventando mondi fantastici in cui riconoscevamo i tratti comici del nostro. Non a caso, il cinema l’ha adottato più volte: scriveva le battute per Beppe Grillo (quando era comico, non politico) e sceneggiature per lo stesso attore genovese, per Dario Fo e Paolo Rossi. Il suo film Topo Galileo è stato musicato da Fabrizio De André.
È approdato anche al mondo dei giornali satirici e dei fumetti, ha lavorato per Linus, Cuore e Tango, oltre che per i quotidiani Repubblica e Il Manifesto e per i settimanali l’Espresso e Panorama. Nota è la sua amicizia con lo scrittore Daniel Pennac, che lui stesso fece conoscere e tradurre in Italia. È salito sul palco con Nick Cave in un teatro a Milano per interpretare alcuni brani di un suo libro.
Il suo soprannome, universalmente conosciuto, era “Lupo”, che torna anche nel titolo di un documentario biografico che gli è stato dedicato nel 2018 al Festival del Cinema di Roma: Le avventure del Lupo. La storia quasi vera di Stefano Benni. È morto dopo una lunga malattia che l’aveva portato a una sorta di invalidità, compreso l’impedimento all’uso della parola.
I racconti di un suo libro dei primissimi tempi sono entrati nell’immaginario di un pubblico normalmente poco avvezzo alla letteratura, i frequentatori di bar. Si tratta di Bar sport (1976), dedicato all’umanità varia, sconclusionata e meravigliosa di noi frequentatori di bar fin dalla giovinezza. Un libro che divenne fin da subito un cult del suo genere, che ha venduto milioni di copie, è stato tradotto in decine di lingue e l’ha lanciato nel mondo della letteratura fin da giovane.
Un’intera generazione di avventori di bar, preferibilmente di provincia, popolari e magari bolognesi, custodiva gelosamente nella memoria i personaggi e le situazioni esilaranti, iperboliche e meravigliose per ripeterle in compagnia degli altri, magari dentro lo stesso personale bar sport del cuore, il bar per antonomasia.
C’è la Luisona, la pasta da tempo immemore in mostra nella bacheca del bar che gli abituali clienti non mangerebbero mai: quando un avventore forestiero si azzarda a ingoiarla la notizia si sparge con preoccupata velocità, finché la pasta, bucato lo stomaco e l’intestino del malcapitato, viene espulsa e, “se il barista non ha visto niente”, rimessa al suo posto.
C’è il playboy da bar e i suoi racconti sproporzionati e incredibili, sciorinati con sfacciata esagerazione a cui nessuno crede ma che fanno sognare tutti.
C’è il ragioniere che si innamora della procace cassiera e spende una montagna di soldi per chiacchierare tutto il giorno con lei, finché questa non sposa il nuovo, muscoloso fornaio che porta al bar gli sfilatini.
Ci sono le avventure del montaggio dell’insegna “Bar sport” dal misterioso funzionamento intermittente e quelle della trasferta a Firenze per la partita contro gli acerrimi nemici della Fiorentina, i cui commenti riempiono immancabilmente il lunedì, condotto da professori e dall’imponderabile tecnico della discussione, che passa la sua vita a far la figura di esperto studiando nei momenti liberi i quattro giornali sportivi.
Anche se ritratti in modo grottesco e deformato, tutti i frequentatori di bar riconoscono l’efficacia dei racconti di Stefano Benni e la paradossale verosimiglianza rispetto alla realtà. Questo autentico capolavoro della letteratura popolare e della comicità è entrato nel cuore di tutti quelli che ci si sono riconosciuti e ha avviato la carriera di uno scrittore che ha saputo adoperare la profondità della leggerezza e del buon umore, assieme alla tenerezza e lucidità dello sguardo poetico dei suoi lavori più lirici per raccontare con ironia e perfino satira, ma anche con partecipazione e affetto, i nostri pregi e i difetti visti da dentro, da uno che era avventore del nostro stesso bar.
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