Tensione alle stelle, non si chiude occhio prima di un debutto mondiale. Il sonno non arriva e allora si provano a contar le pecore… a gruppi: 4-4-2, 4-3-3, 3-5-2… ma niente di fatto, gli occhi guardano il soffitto. Poi mi addormento e mi torna in mente il trionfo di 4 anni fa grazie alla nostra grande difesa. Sonnecchio nella speranza di vedere emulato Vittorio Pozzo e di rivedere la figura di Cannavaro con la coppa tra le mani: questa è stata saggiamente stampata sul muro di uno stabilimento produttivo a fianco dell’autostrada Milano-Venezia per la goduria di tutti gli automobilisti. Peccato non fosse in direzione Lione/Parigi. Questi primi giorni ‘mondiali’ ci hanno indicato sia Lionel Messi, la promessa da compiersi definitivamente in questo mondiale (o almeno nei prossimi due), sia le partitacce decise da papere dei portieri o da espulsioni poco probabili.
Poi vedi il lodatissimo e iper collaudato gioco di squadra teutonico e sai che non appena si infrangerà contro altri protagonisti verrà sbeffeggiato (“è una squadra giovane che però manca di esperienza”) perché non si è guardato a tutti gli aspetti del gioco; insomma, nello spirito del mondiale c’è tutto e il contrario di tutto e noi vogliamo vedere tutte le facce, vogliamo sentire tutte le vuvuzelas possibili per goderci fino in fondo questo spettacolo, attendiamo altre papere e altri messia.
Alcune squadre son già cadute, altre cadranno, qual è la differenza? L’applicazione, la determinazione, la sequela al proprio allenatore. E poi la fantasia, quando c’è. A volte si vince anche senza quella: ce la mette il dio del calcio, una carambola, un guardalinee impazzito, la trasformazione di un brocco in cigno… Guardo già al fine partita, mi dicono che quel che conta sono le statistiche i gol fatti, i gol subiti. Il resto, con superficialità, non conta. E invece no, ci leggiamo le statistiche, le interpretiamo, sono la base di ogni ragionamento, vogliamo capirci, entrare nel merito: ogni singolo numero emana saggezza, ricorda un avvenimento della partita. Senza quelli non avremmo memoria di una partita.
Ci limiteremmo agli high-lights e ai commenti meramente qualitativi dei soliti giornalisti sportivi. Stasera speriamo nelle misure tattiche di Lippi e che i soldatini seguano il loro generale: proviamo a contenerli sulle fasce e a pressarli, poi ci penseranno Vincenzone o il Gila. Mi piacerebbe poter dire "ci penserà il nostro 10" ma non ce l’abbiamo, non l’hanno portato, forse se ne riparla in Brasile nel 2014. Tifiamo chi c’è, quelli che sono stati scelti e cantiamo l’inno di Mameli a squarciagola, con la mano sul petto. Allora attendiamo l’acuto del gruppo e quindi l’acuto di uno di quegli undici. Difendiamoci contro gli altissimi attaccanti paraguayani (la media è di 185cm) e facciamoci valere: loro si sono inimicati il dio dell’umiltà urlando “vinciamo facile 2 a 0”, manco fossimo un ‘gratta e vinci’. Forza allora, noi che siamo i Campioni del Mondo, giochiamo da Italia, è il nostro DNA, siamo così, soffriamo e stringiamo i denti, perché il nostro miglior attacco è la difesa!
(Benedetto di Blasi)