Sarà merito di Lorella Cuccarini che, come dice il suo collega sulla scena Giovanni Scifoni, “arriva, sfodera questo sorriso che fa incantare gli italiani da tantissimi anni e porta un’ondata di gratitudine”, perché “lei ha una grandissima gratitudine del privilegio di questo lavoro, di stare sul palcoscenico”. Ma il sorriso di Lorella deve pure essere contagioso, perché l’intera compagnia, giovane, affiatata e bravissima, sembra davvero divertirsi tutto il tempo dello spettacolo e credere in quello che canta e balla. Fatto sta che l’ultima edizione della commedia musicale Aggiungi un posto a tavola di Garinei e Giovannini ha avuto un successo travolgente a Roma, al Teatro Brancaccio. Al punto che, dopo il debutto del 29 novembre scorso doveva terminare il 12 gennaio, ma si è deciso che andasse avanti ancora per una settimana. L’ha annunciato dal palco un sorridente e incredulo Scifoni prima di Capodanno, perché “siete tantissimi”. La vendita di biglietti infatti non si ferma. Il tour, iniziato a primavera del 2024 al Nazionale di Milano, dopo Roma continua in tutta Italia fino a metà marzo, toccando tra l’altro le piazze di Genova (24-26 gennaio), Firenze (7-9 febbraio) e Bologna (28 febbraio-2 marzo).
Ma come mai, a parte l’innegabile bravura della Cuccarini e di Scifoni (il simpatico psichiatra della serie tv Doc e l’interprete di Fra’, un’eccezionale piéce su san Francesco), un musical datato e interpretato agli inizi da Johnny Dorelli e Bice Valori e poi rappresentato molte volte con diversi attori di rilievo, riscuote ancora tanto successo ed entra nei cuori di un pubblico eterogeneo? Amici, coppie, adolescenti, famiglie intere, nonni e nipoti corrono ad ammirare le scenografie mobili curatissime, le coreografie armoniose e vivaci, e si fanno trascinare nel vortice festoso delle musiche orecchiabili cantate a squarciagola, accompagnate da un’ottima orchestra dal vivo. Di certo l’occhio e l’orecchio restano incantati. Ma c’è dell’altro, ed è quasi incredibile: il racconto stesso ci stupisce. Liberamente tratto dal romanzo dei primi anni Settanta After me, the Deluge di David Forrest (pseudonimo di due scrittori inglesi), è una favola moderna che riesce a risuonare ancora in noi, anche se siamo ben lontani dalla storia narrata.
Una storia in cui Dio “parla” (con la voce profonda, registrata, del grande Enzo Garinei) al prete di un paesino di montagna, il tenero e ironico don Silvestro di Scifoni, per annunciargli un secondo diluvio universale. E don Silvestro, dopo l’iniziale comprensibile incredulità, non solo continua l’inimmaginabile “dialogo” con il Padre, ma gli obbedisce, coinvolgendo i suoi parrocchiani che lo credono pazzo. Ma Dio sa farsi ascoltare anche da loro (con qualche semplice ma imprevisto tocco di campana che suona al solo alzare il dito del parroco) e si mettono di buona lena a costruire l’arca, proprio come ai tempi di Noè. Se il pubblico in sala ha qualche reminiscenza biblica, bene, altrimenti la paura dell’inondazione è comunque di sicura attualità. Il fervore è di tutti o quasi, perché ci sono un sindaco avido che non vuol fornire la legna per l’imbarcazione della salvezza e una fanciulla, Clementina (la vivacissima Sofia Panizzi che balla e canta splendidamente), che in realtà vorrebbe don Silvestro tutto per sé. E arriva anche una “straniera” di costumi facili, la frizzante Consolazione, interpretata brillantemente dalla Cuccarini, il cui nome è tutto un programma.
Le cose si complicano, il paese che dovrebbe “impegnarsi” nella procreazione per ordine di Dio, proprio per salvare il mondo (quanto è attuale questo invito, oggi quasi insopportabile per le donne preoccupate innanzitutto della loro autonomia), è invece distratto dal puro piacere offerto con generosità dall’esuberante ed entusiasta Consolazione. Ma Dio sa risolvere anche questa delicata situazione e proprio l’estranea, che soprattutto le mogli sono pronte a condannare e a rifiutare, sa proporre a tutto il villaggio la via dell’accoglienza e della solidarietà. Una formica è solo una formica – canta allegramente – solo uno zero, una nullità; i granelli di sabbia per lei sono montagne, ma basta che abbia vicino le compagne e una formica smuove le montagne. Così il secondo diluvio universale si può affrontare insieme e Dio forse risparmierà il popolo di dura cervice. Don Silvestro comunque condivide fino all’ultimo il destino dei suoi fedeli, con quell’amore che proprio Dio, inizialmente adirato con chi non l’ascolta, gli ha insegnato.
E tutto finisce in gloria, come il pubblico, divertito ma anche avvertito del pericolo dell’egoismo, della maldicenza, dell’incredulità, si aspetta e attende: la tavola in festa attorno a cui si raccoglie tutto il cast. Ma c’è un posto vuoto, su cui atterra una colomba bianca (simbolo evidente della presenza di Dio) a cui don Silvestro dà da mangiare, sostenuto dal canto felice ed entusiasta di tutti gli attori: Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più, se sposti un po’ la seggiola stai comodo anche tu, gli amici a questo servono a stare in compagnia, sorridi al nuovo ospite non farlo andare via, dividi il companatico raddoppia l’allegria. Un invito luminoso che ci apre all’altro e all’oltre.
Assistere allo spettacolo della Cuccarini e di Scifoni suscita il desiderio di stare insieme, di essere accoglienti, di ritrovarci attorno a un prete che ci riporti “la voce” di Dio per insegnarci a volere bene agli altri. Forse è proprio per questo che tanti corrono a teatro, spegnendo per due ore lo smartphone e uscendo dalla sala sentendosi più amici e “spalancando un sorriso”. Come quello contagioso di tutti gli interpreti, che danzando gridano con una sola voce: Evviva! Evviva!.
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