Filippo Tortu, reduce dal Mondiale di Budapest dove ha vinto un argento in staffetta, racconta le emozioni vissute con gli azzurri
Una deludente eliminazione in batteria nella gara individuale dei 200 metri e poi uno straordinario argento in staffetta. Filippo Tortu, ai mondiali di Budapest, ha vissuto momenti contrastanti: a raccontarli è proprio lui a Il Foglio. “All’Olimpiade ero molto più a terra, qui sono rimasto abbastanza sereno come avete potuto vedere nelle conferenze stampa. La staffetta, solo come partecipazione, è stata un’ottima medicina. I compagni per sdrammatizzare hanno subito cominciato a prendermi in giro perché andavo piano e poi dentro di me sapevo che il 20”46 non è quello che valgo. Questo non toglie che l’arrabbiatura c’era tutta”.
Il bilancio, infatti, non è pienamente positivo: “Il voto in staffetta può essere 9 ma fa media con il 4 dei 200 metri e quindi merito 6 e mezzo”. L’argento azzurro è stata però una gioia per il corridore: “Diciamo che insieme a Desalu sono il veterano della squadra e in raduno ho potuto aiutare i nuovi come Rigali, Ricci, Ceccarelli e Simonelli a capire cosa è la staffetta. Come si mette da parte ogni individualità e si sta bene insieme soprattutto fuori dal campo. La nostra forza è stata quella di essere un gruppo unito, tutti alla pari”.
Tortu: “Non metto in discussione papà come allenatore”
Filippo Tortu, sulle pagine de Il Foglio, racconta: “La staffetta è come i Mondiali di calcio in cui bisogna ubbidire all’allenatore. Per questo dopo la premiazione siamo corsi al campo di riscaldamento per consegnare al responsabile tecnico Filippo Di Mulo e al tecnico Giorgio Frinolli, che erano impegnati con le 4×400, i premi ricevuti sul palco: la medaglia che ora viene attribuita ai tecnici e un pezzo di pista con testimone”. Il gruppo, come sempre, fa la differenza: “La nostra forza è quella di restare uniti anche fuori dal campo, siamo tutti alla pari”.
Anche in questi Mondiali, al fianco di Tortu c’era il padre, come allenatore: “Non lo metto in discussione perché è un bravo tecnico che mi ha sempre portato al massimo nelle grandi manifestazioni. Ovviamente con mio padre mi trovo bene anche come figlio ma questo è un altro discorso. Non ne ho mai dubitato ma quello che ho fatto in staffetta dimostra che ero al massimo della condizione e potevo scendere sotto i fatidici 20” che era l’obiettivo della stagione se avessi corso bene la gara individuale”.