Dalle navi Ong alla legge sicurezza e ai Cpr per i migranti, il governo si trova a dover fronteggiare sentenze avverse. Ecco la strategia della Meloni
“L’Ufficio del Massimario ha come compito istituzionale l’individuazione dei principi di natura nomofilattica, affermati nelle decisioni della Corte di cassazione, allo scopo di creare le condizioni necessarie per garantire una capillare informazione. Il processo, costituito da una pluralità di passaggi, che conduce alla pubblicazione e conseguente immissione in rete al servizio di tutti, delle massime ufficiali della giurisprudenza di legittimità, ha inizio con lo ‘spoglio’, che consiste nella lettura e selezione di tutti i provvedimenti depositati dalle Sezioni civili e penali della Corte di cassazione”.
Così si legge nella presentazione dell’ufficio del massimario della Corte di Cassazione, finito nell’occhio del ciclone dopo la pubblicazione di due report assai critici sul “decreto sicurezza”, già convertito in legge, e sul protocollo Italia-Albania.
Addirittura, è dovuta intervenire anche la prima presidente della Corte Margherita Cassano in difesa del suo ufficio. “Nessuna invasione di campo. I nostri pareri sono legittimi. Il ministro Nordio lo sa bene. La politica ci rispetti. Sono critiche tecniche, fondate, che dovrebbero alimentare il pluralismo e migliorare l’interpretazione delle leggi. Nessun automatismo, nessun condizionamento. Ogni giudice resta libero di interpretare”.
La precisazione della Cassano era rivolta ai rilievi fatti dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, che insieme a Matteo Piantedosi e Tommaso Foti ha voluto fare alcune osservazioni in merito. Questa polemica, secondo alcuni autorevoli fonti della maggioranza, rappresenta un disagio da parte dei magistrati verso un governo che, dopo anni, ha deciso di mettere mano ad una riforma della giustizia, che tocca alcuni nervi scoperti, a cominciare dalla divisione delle carriere.
Molti hanno sottolineato il silenzio con cui Palazzo Chigi ha accolto le conclusioni dell’ufficio studi della Cassazione. Da Chigi tacciono, anche se a mezza bocca si sottolinea come in passato siano stati rarissimi gli interventi dello stesso ufficio su decreti di passati governi. Giorgia Meloni sembra infatti avere completamente cambiato approccio rispetto al passato, e vuole evitare il più possibile polemiche e screzi con altri poteri dello Stato. È ormai evidente che la sua risposta deve essere nei fatti e lasciare le polemiche strumentali ad altri.
Dopo i 450mila del triennio 2023-2025, con un nuovo decreto flussi il governo ha autorizzato l’ingresso in Italia di altri 500mila lavoratori stranieri dal 2026 al 2028. Ma la situazione ha poi avuto sviluppi per certi versi inaspettati, come per esempio quello dovuto alla nuova sentenza della Consulta a proposito dei Cpr.
La Corte Costituzionale ha stabilito che la detenzione amministrativa dei cittadini stranieri vìola i diritti fondamentali e la Costituzione. Diversamente da quanto richiede l’articolo 13 della Carta, infatti, la legge disciplina i “casi” del trattenimento nei Cpr ma non i “modi”. Significa che mancano le garanzie ai migranti privati della libertà personale, a partire dall’individuazione di un giudice competente (come la magistratura di sorveglianza per le carceri).
La Consulta si però è fermata ad accertare l’incostituzionalità della norma, senza dichiararla. Si chiama “sentenza monito”: i giudici delle leggi riconoscono l’offesa di un diritto, ma si dichiarano impossibilitati a risolverlo. Testualmente: “Gli strumenti del giudizio di legittimità costituzionale sulle leggi non permettono a codesta Corte di rimediare al difetto”.
Solo per tale motivo le questioni sollevate, con grande coraggio, dalla giudice di pace di Roma Emanuela Artone sono inammissibili. Dovrà dunque intervenire il legislatore, che ha “l’ineludibile dovere di introdurre una disciplina compiuta”.
Il dato politico si colloca nel solco di quella che ormai appare sempre più come una sorta di battaglia di posizione tra parti della magistratura e il governo su un tema delicato come quello dell’immigrazione. Una polemica che sta alimentando il dibattito politico in Italia, proprio nel momento in cui mezza Europa sembra volersi allineare alle posizioni del governo italiano sul tema.
Un’altra sentenza, sempre della Consulta, dà invece ragione al governo per quanto riguarda la questione delle navi delle Ong, utilizzate, spesso in modo arbitrario, come veri e propri traghetti per migranti irregolari che vogliono entrare in Italia. Dopo la decisione del Tribunale di Brindisi di ritenere non infondati i profili di incostituzionalità della normativa sul fermo delle navi delle Ong, i giudici della Corte hanno dichiarato non fondate le questioni proposte, ritenendo la misura “punitiva” del fermo della nave non “irragionevole né sproporzionata”, giacché va a sanzionare “quelle trasgressioni che pregiudichino la stessa finalità di salvaguardia della vita umana in mare, insita nella Convenzione Sar”.
Insomma, l’ennesimo capitolo di una saga che sembra senza fine, ma il presidente del Consiglio sembra non voler più cedere alle polemiche, e il suo motto, indirizzato anche ai ministri del governo, sembra quello di “zitti e pedalare”. Proprio come si sta vedendo nel caso del protocollo Italia-Albania, altro tema di scontro tra magistratura e governo, malgrado esso stia diventando un modello per tutta Europa, anche per i governi socialisti come quello inglese o quello danese.
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