Il lungo discorso di Donald Trump al Congresso Usa, video integrale: cosa ha detto su dazi, woke, pace in Ucraina e controllo di Panama e Groenlandia
TRUMP SHOW TRA STANDING OVATION, “PALETTE” E ANNUNCI: COSA HA DETTO (E COSA HA FATTO) IN 43 GIORNI DI PRESIDENZA USA
«America is back», ma anche Donald Trump è decisamente “tornato”: il primo discorso al Congresso Usa dall’insediamento – nell’insolito report sullo Stato dell’Unione al primo anno di Presidenza – è una sorta di recap delle puntate precedenti, dove i 43 giorni giorni di nuova “residenza” alla Casa Bianca hanno visto già più sconvolgimenti di quanto possa avvenire in una Legislatura intera in un normale Governo europeo.
Col motto che lo ha contraddistinto dopo la vittoria sui Democratici, “l’America è tornata”, il Presidente degli Stati Uniti si è presentato nella notte italiana a Capitol Hill per informare i parlamentari dei primi risultati ottenuti dalla miriade di decreti esecutivi siglati dalla Casa Bianca. Il sogno americano unito al movimento MAGA, con il fido “scudiero” Elon Musk e il sorprendente e molto attivo vicepresidente J.D. Vance: Trump ha stravolto la politica internazionale, ma è soprattutto di politica interna che ha preferito discutere questa notte (sebbene qualche chicca sul fronte estero l’ha riservata, dall’Ucraina alla Groenlandia).
Il tycoon ha difeso la guerra dei dazi che ieri ha mandato in frantumi miliardi su miliardi nelle Borse mondiali, spiegando il motivo del suo agire: «le nuove tariffe servono a proteggere l’anima del Paese e i posti di lavoro americani». In realtà, come dimostra il caso Canada e Messico dove il Governo Usa sarebbe già pronto ad interrompere il nuovo tariffario, i dazi servono a contrattare su politiche, riforme e scambi commerciali: un grande negoziatore, ancor più del “distruttore” dimostratosi durante il primo mandato.
LA SFIDA AI DEM E AL WOKE: “FINE DEL POLITICAMENTE CORRETTO DITTATORIALE”
Fortemente contestato dall’intera platea del Partito Democratico – che punta già alle Elezioni di MidTerm per provare ad indebolire in almeno uno dei due rami del Congresso la maggioranza repubblicana – Trump ha rilanciato la sua guerra personale ai cartelli della droga, sul rilancio delle politiche anti-green e sull’abbattimento del fronte woke con i primi decreti entrati in funzione dopo soli 43 giorni dall’insediamento. «Abbiamo fatto più ora che nella maggior parte delle amministrazioni Usa in 4 o 8 anni di durata», rivendica il Presidente americano.
Momento molto particolare quando alle dichiarazioni di Donald Trump rispondono dal banco dei Democratici le varie palette alzate con scritte dello stile “falsità”, “Musk ruba” e altri attacchi del genere: nello specifico, il Presidente Usa elenca i vari programmi interrotti con effetto immediato dal nuovo corso della Casa Bianca assieme al nuovo ufficio DOGE.
In particolare i 250mila dollari dati ogni anno per l’azione climatica vegana nello Zambia, o ancora gli 8 milioni di dollari per aiutare programmi LGBT in Lesotho, o gli altri 8 milioni donati per studi sui topi trans. I Dem si infuriano, Trump li sfida e spiega perché molti dei finanziamenti dell’amministrazione Biden sono assurdi e del tutto superati da primi 43 giorni di Presidenza repubblicana.
CAOS GEOPOLITICA: VICINO ALL’ACCORDO CON L’UCRAINA, RESTA LO SCONTRO CON LA CINA. “PRENDEREMO LA GROENLANDIA”
Nel suo lungo discorso di quasi due ore al Congresso – dove spesso è stato interrotto e contestato dalla minoranza Dem – Donald Trump ha rivendicato di aver messo fine alle tante politiche dell’amministrazione Biden legate al Green Deal e alle riforme “woke” legate alla “cancel culture” anti-moderata e conservatrice. «Ho messo fine alla dittatura del politicamente corretto: il nostro Paese non sarà più woke», attacca il leader repubblicano, ribadendo che con questi primi atti esecutivi ha ridato la libertà di parola contro la censura presente negli Stati Uniti.
Sebbene abbia occupato uno spazio minore all’interno del largo discorso sullo Stato dell’Unione, è per l’annuncio sulla politica estera che l’intero mondo si è sintonizzato questa notte con il Congresso americano: dopo lo scontro alla Casa Bianca e dopo la minaccia di stoppare gli aiuti militari all’Ucraina, il dietrofront di Zelensky avvenuto ieri sera è stato salutato con forte piacere dal Presidente Trump, che ha svelato di aver ricevuto una lettera dal Presidente ucraino dove annunciava la disponibilità a sedersi quanto prima al tavolo di pace con la Russia.
Non solo, anche sull’accordo per le terre rare Kiev è disponibile a firmare nell’immediato con l’alleato americano: era esattamente quella disponibilità di intenti che chiedeva Trump e per cui era saltato il tavolo alla Casa Bianca appena venerdì scorso. Nel suo lunghissimo speech di 100 minuti, Trump ha rivendicato come l’azione diplomatica di queste settimane abbia portato sia l’Ucraina, sia la Russia ad aprire «forti segnali di pace, sono tutti pronti» per impostare «discussioni serie» nei negoziati.
Dopo aver attaccato Biden («Putin ha pensato che era la sua occasione quando ha visto il ritiro degli Usa dall’Afghanistan») e l’Europa («ha speso più soldi per acquistare gas e petrolio russi che non per difendere l’Ucraina», Trump ha ringraziato il leader ucraino dicendo di aver apprezzato la lettera e il passo indietro dopo lo scontro.
Resta sullo sfondo lo scontro a distanza con la Cina, per cui l’amministrazione Trump si è schierata continuamente a fianco di Taiwan per impedire il «disastro dell’eventuale invasione», confermando in toto i dazi applicati per il traffico di fentanyl. Ma è sempre dalla politica estera che arriva l’ultima “sparata” del discorso di Trump, legato ancora una volta all’espansione “vicina” degli Stati Uniti: se sul Canale di Panama Trump celebra la “ripresa” avvenuta nelle scorse ore con un importante accordo siglato dal consorzio BlackRock (con un pizzico di Italia grazie alla presenza di MSC), è sulla Groenlandia che arriva l’annuncio spiazzante, «caro popolo groenlandese se lo desiderate, vi diamo il benvenuto negli Stati Uniti d’America».
La promessa è di riprendersi lo stato formalmente appartenente alla Danimarca, «in un modo o nell’altro», ovvero appoggiando lo spirito di indipendenza dall’Europa o comunque “comprando” il territorio complesso dal punto di vista amministrativo e gestionale.
