L’amministrazione sembrava poggiare su di loro, invece Musk e Trump non si parlano più: hanno idee troppo diverse in economia e su molti dossier
La luna di miele fra loro è finita da un pezzo, ma ora volano gli stracci. Elon Musk e Donald Trump, ex coppia di ferro dell’amministrazione USA, non si sopportano più. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la legge fiscale che ha in mente il presidente, criticata aspramente dal suo ormai ex collaboratore, ma non è che sui dazi la pensino allo stesso modo.
Bisognava solo aspettare, spiega Andrew Spannaus, analista politico, autore del podcast That’s America, un’occasione in cui emergessero le loro visioni differenti dell’economia. Nessuno probabilmente seguirà Musk nell’attacco a Trump. Anzi, Zuckerberg (Facebook) e Bezos (Amazon) potrebbero cercare di prenderne il posto, aumentando la loro sfera di influenza nell’amministrazione americana.
Qual è il vero motivo del contendere fra Musk e Trump? Perché in pochi mesi un’alleanza sulla quale sembrava si fondasse la nuova amministrazione americana si è rovinata così improvvisamente?
Trump e Musk sono molto diversi in termini di visione politica: il loro matrimonio era di convenienza. Musk non è un populista economico, non è contrario agli scambi internazionali e agli investimenti in Cina, ma è a favore di un ruolo molto limitato dello Stato e a profondi tagli nel bilancio pubblico. Non sono elementi sposati dal mondo MAGA. Al di là del lavoro svolto al DOGE, ha un approccio differente rispetto a Trump, che in passato non aveva mai parlato di fare grandi tagli di questo tipo.
La questione vera sulla quale dissentono sembra quella del debito pubblico. Ha ragione Musk, che vede nell’aumento della spesa un elemento che appesantisce l’economia americana, o Trump, che sta varando politiche che faranno crescere lo stesso debito?
La nuova legge voluta da Trump sicuramente contribuirà ad aumentare il debito pubblico. Però Musk ha torto marcio a dire che rovinerà l’economia americana, come hanno torto marcio tutti gli economisti che raccontano che i nostri figli dovranno ripagare il debito pubblico. Musk in questo non è solo: con lui c’è una fazione del Partito repubblicano che, come tanti economisti, crede in questa visione. In realtà gli Stati sovrani che hanno un’economia produttiva, cioè che realizza valore, non sono limitati quanto ai soldi che possono produrre. Basta che ne facciano buon uso, senza creare inflazione e disuguaglianze. Tra i due preferisco Trump, che vuole stimolare l’economia, anche se, secondo me, non lo fa in modo giusto. Meglio muoversi in questa direzione che non pensare di eliminare la metà dei servizi pubblici.
Lo scontro fra i due è esploso in merito alla legge fiscale, ma già sui dazi esprimevano punti di vista diversi. Come stanno le cose?
Anche sui dazi i due non sono d’accordo: Musk è più aperto agli scambi internazionali, mentre l’approccio di Trump è diverso. In questo caso la ragione e il torto si invertono rispetto al debito: l’utilizzo che Trump fa dei dazi è poco efficace. Sicuramente Musk ha ragione a preoccuparsi della strategia del presidente, perché blocca il commercio: abbiamo visto cos’è successo con Pechino negli ultimi mesi. Sul tavolo c’è anche un’altra questione: gli interessi diretti di Musk in Cina, in relazione ai quali non vuole certamente il decoupling, lo sganciamento dell’economia americana da quella cinese.
Nella rottura dei rapporti tra i due hanno influito anche i problemi incontrati dalle aziende di Musk in questi mesi di permanenza nell’amministrazione americana?
La crisi delle sue aziende è dovuta alle posizioni politiche di Musk, non ai dazi. È dovuta al fatto che la gente lo vede come un forte sostenitore di Trump. E questo gli ha fatto molto male. Ci sono stati altri due momenti, invece, che hanno aumentato l’irritazione da parte di Trump nei confronti di Musk: uno riguarda l’accordo per un progetto di intelligenza artificiale negli Emirati Arabi Uniti, in cui Musk non voleva che Trump utilizzasse OpenAI, società in cui Musk stesso non è più coinvolto. L’altro è che il patron di Tesla ha cercato di inserirsi nelle discussioni con la Cina, evidentemente pensando anche ai suoi interessi. Una circostanza che ha fatto arrabbiare il presidente americano e altri nel mondo MAGA.
Si dice addirittura che Trump voglia stracciare i contratti dell’amministrazione pubblica con SpaceX, l’azienda spaziale di Musk. Potrebbe accadere?
Per stracciare i contratti bisogna avere dei motivi, ci sono delle regole da seguire, altrimenti si finisce in tribunale. E buona parte delle questioni portate davanti al giudice non vanno a buon fine per Trump. Però SpaceX è dominante nel trasporto di satelliti nello spazio, gestisce il trasporto degli astronauti nelle stazioni orbitanti, ha contatti con le università americane e la NASA. Non si può rinunciare troppo facilmente ai suoi servigi, non conviene al Paese.
Dopo questa presa di posizione di Musk ci sarà un effetto valanga? Ci saranno altri imprenditori che lo seguiranno nelle critiche aperte alla nuova amministrazione?
Nel mondo hi-tech non penso che Musk faccia da apripista per Zuckerberg e Bezos. Anzi, non mi sorprenderebbe se cercassero di approfittare della situazione, cercando di esercitare loro un’influenza su Trump. Musk è una persona sui generis che irrita tantissime persone.
C’è qualcun altro che potrebbe cavalcare l’onda contro Trump?
Penso che il sostegno a Musk sia relativamente basso nell’opinione pubblica. Forse c’è qualcuno che, nel mondo istituzionale e politico, sta con lui, ma in generale credo che chi ha sostenuto Trump rimarrà con lui.
Musk e Trump faranno la pace?
Potrebbero, anche se le parole usate in questi ultimi giorni sono forti. Forse qualcuno spiegherà loro che non è nel loro interesse litigare, che si stanno danneggiando troppo.
(Paolo Rossetti)
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