L’imposizione di un pensiero unico da parte di una sinistra liberal e radicale ha prodotto Trump. Ma ora c’è bisogno di una democrazia vera

L’impatto provocato dal ritorno di Trump e dall’arrivo di Musk sulla scena del mondo è stato violento. Molti, quasi tutti, a destra e a sinistra, sono rimasti spiazzati. A destra si fa fatica a giustificare la simpatia e le attese che Trump aveva suscitato alla luce di certe prese di posizioni imbarazzanti. A sinistra si fa fatica ad ammettere che in parte il potere di Trump deriva, anche, dal fallimento prima culturale e poi politico dei suoi predecessori.



Ci sono molti che lo combattono apertamente, ma non troppo, perché in fondo lo temono e soprattutto temono di perdere condizioni di privilegio accumulate prima di lui. Ci sono altri che, pur essendosi schierati subito dalla sua parte, hanno paura di essere “scartati” quando non saranno più funzionali al suo progetto.



Poi ci sono ancora altri, mediatori, che qualcuno riesumando un vecchio termine chiamerebbe neodemocristiani, che capiscono che non si può cominciare una lotta contro l’America, che sarebbe una patetica riedizione, nostalgica, dei vecchi sostenitori del Vietnam e di Fidel Castro.

Certo è difficile essere amici di uno che, in nome della pace e dell’armonia universale di origine divina, sta suscitando nuovi conflitti prima di aver risolto i vecchi. In questa situazione una questione interessante, posta dal “trumpismo”, è quella di una seria verifica di quel preteso nuovo umanesimo radicale che finora aveva dominato il mondo della cultura e della politica. Si impone così una domanda su cosa sia veramente quel bene che si vuole realizzare e conservare.



Le tre H, Health, Human, Happiness, hanno veramente un significato univoco? Che cosa sono veramente la salute, l’umanitarismo, la felicità? Vale la pena lottare e magari anche morire per i diritti e per quali diritti? Se una donna musulmana accetta liberamente, in base alle sue convinzioni, uno stato di soggezione, dobbiamo per forza liberarla, quando d’altra parte oggi c’è chi sostiene che si debba accettare il sesso violento consenziente?

Se qualcuno, come me, non accetta la pratica dell’aborto, come non accetta la pena di morte, perché ritiene che quello che è concepito è già una persona umana, con tanto di diritto alla vita, deve proprio essere considerato un pericolo pubblico?

E questa gara senza limite ad adeguare continuamente, e a volte arbitrariamente, il nostro vocabolario, per non offendere coloro di cui poi non ci si occupa più di tanto, è proprio condotta lealmente e a fin di bene?

Perché vantarsi di essere italiani può essere considerata una forma di nazionalismo e vantarsi di essere europei significa essere i campioni della democrazia? E poi di quale democrazia? Trump, e anche Putin, hanno ricevuto il potere attraverso un metodo formalmente democratico, ma questo basta a permettere loro di fare quello che vogliono in forza di quello che dicono essere il bene dei loro popoli?

Oggi in America, come in Russia, pare che occorra stare attenti a come si parla, e anche a quello che si pensa. Avevano cominciato a imporre questo modo di fare i sostenitori del radical pensiero e forse solo adesso si rendono conto di avere aperto alla reazione odierna.

Ora in Europa, anche in Italia, abbiamo bisogno di una democrazia dove si possano avere posizioni diverse, non solo in parlamento, ma anche in luoghi come le scuole e le università, dove si dovrebbero formare i cosiddetti uomini del futuro. Quei pochi, visto l’andamento della natalità, che dovranno affrontare sfide molto difficili. Proprio come hanno dovuto fare i nostri genitori, offrendoci una vita tutto sommato accettabile.

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