Svolta Turchia nella guerra AKP-PKK: Ocalan dal carcere chiede lo scioglimento del partito curdo e la deposizione di tutte le armi. Gli scenari con Erdogan

IL NUOVO ANNUNCIO DI OCALAN PER FAR FINIRE LA GUERRA TRA ERDOGAN E IL PKK: CHE SIA LA VOLTA BUONA?

Non è la prima volta ma questo terzo appello in due anni fatto da Abdullah Öcalan, leader del PKK in carcere dal 1999, potrebbe essere quello buono per far calare la parola “fine” sulla guerra civile tra AKP, il partito del Presidente Erdogan, e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Oltre 40 anni di scontri, attentati, tentati golpe e limitazioni della libertà potrebbero concludersi dopo l’appello di Ocalan sullo scioglimento del PKK e sulla deposizione delle armi per i vari gruppi organizzati dei curdi anti-Governo.



Dopo la lieve apertura del potere semi-assoluto del Governo Erdogan (in un momento di forte calo di popolarità e con possibili Elezioni anticipate alle porte), Ocalan torna ad appellarsi alla propria comunità di fratelli curdi ancora in libertà: «deponete le armi, è ora che il PKK si sciolga». L’appello del leader è stato letto dai deputati del partito DEM, movimento filo-curdo che è andato a trovare oggi in carcere l’uomo idolatrato dal popolo curdo, specie dopo la detenzione sull’isola di Imrali, nella zona meridionale della città di Istanbul.



Nonostante la condanna per tradimento e al netto dei suoi 75 anni, la voce di Ocalan ha ancora un certo seguito sul PKK e per questo l’annuncio dello scioglimento avrebbe un significato ancora più eclatante nella già complessa opinione pubblica turca: l’organizzazione terroristica nata nel 1978 ha l’obiettivo, per bocca del suo stesso ideatore Ocalan, di ribellarsi al potere politico di Ankara che nell’ultimo ventennio è esclusiva totale (e quasi totalitaria) di Erdogan. Dopo le parole udite stamane dai comunicati del partito DEM, la reazione dell’AKP è di apertura e al contempo diffidenza: «staremo a vedere», sottolinea il partito del presidente, il quale aggiunge di voler vedere se i terroristi curdi «ascolteranno l’appello del loro capo».



L’APERTURA (CON POSSIBILE TRUCCO) DELLA TURCHIA AI CURDI: GLI SCENARI DOPO L’APPELLO DI OCALAN

Per capire però l’appello clamoroso di Ocalan (lo ripetiamo, il terzo che invoca la pacificazione e la fine della lotta armata dal 2023 ad oggi, ndr) serve un ulteriore antefatto che affonda le radici nella legge della Costituzione ereditata da Kemal Ataturk. In poche parole, per Erdogan – che è ininterrottamente al potere dal 2003 come Primo Ministro e poi come Presidente – non è possibile candidarsi alle prossime Elezioni a scadenza naturale nel 2028, se non con un “trucco”. Chiamando elezioni anticipate potrebbe a quel punto ripresentarsi come leader dell’AKP: unendo questo al calo forte di popolarità di Erdogan, appannaggio dei leader dell’opposizione e sindaci di Istanbul e Ankara, emerge lo shake perfetto per ipotizzare un riavvicinamento con i curdi del PKK.

Considerati nemici della Turchia, oltre che terroristi, all’improvviso l’apertura dell’AKP si porta dietro il sospetto forte che vi sia un secondo fine nel tentativo di chiudere più di 40 anni di guerra civile: tramite il partner di maggioranza di Erdogan, il politico della destra nazionalista Devlet Bahceli, da settimane è stato invitato il popolo curdo a chiudere lo scontro con il PKK e consentire un possibile ulteriore bacino elettorale in più per l’AKP in caso di voto anticipato. Il partito DEM, in aggiunta, oltre a chiedere le migliori condizioni di detenzione di Ocalan, spinge per una pacificazione anche tra i vari partiti, provando ad ottenere più spazio nel potenziale prossimo Parlamento ad Ankara.

Come ha sottolineato lo stesso leader curdo, nell’appellarsi per la fine di ogni lotta armata, le aperture di Erdogan e Bahceli creerebbero le condizioni ideali per finire ogni ostilità e approfittare ora di irrinunciabili condizioni mai avute prima per il movimento curdo. Dal Governo intanto alcune fonti dirette alle agenzie internazionali confermano la previsione che il PKK realmente arrivi allo scioglimento, con tanto di minaccia e ultimatum agli eventuali “resistenti”, «affronteranno la piena potenza di fuoco delle forze armate turche».