TURISMO IN ITALIA, “SETTORE MAI ANDATO COSI’ BENE PERCHE’…”
Turismo, è boom nel settore in Italia nel 2023: mentre si preannuncia una frenata nel nostro Paese per quanto concerne l’industria, a trainare il PIL ci pensa, stando alle più recenti rilevazioni dell’Istat e anche quelle fornite da Bankitalia, proprio il settore delle vacanze e quello delle strutture ricettive che vale almeno il 13% dello stesso prodotto interno lordo. Infatti, i valori rilevati in relazione allo scorso anno parlano di picchi raramente registrati in passato con oltre 134 milioni di arrivi nel Belpaese e un totale di circa 451 milioni di presenze per quanto concerne le strutture ricettive (+2,3% la crescita del dato rispetto, ad esempio, a cinque anni fa) e con una crescita delle singole presente turistiche del 3,3%, pari a 14,5 milioni in più.
Ovviamente questi numeri relativi al mondo del turismo vanno contestualizzati nel ‘rimbalzo’ del periodo post-Covid ma sicuramente l’interesse per l’Italia è tornato a crescere nell’ultimo biennio: “Dopo il periodo pandemico (2020-2022) la componente estera della clientela è tornata a prevalere su quella domestica” si legge ancora nel rapporto dell’Istat, dato che nel 2023 il 52,4% delle presenze turistiche fanno riferimento a una clientela di non residenti nel nostro Paese. Ottimo anche il dato relativo agli arrivi e al comparto extra-alberghiero, con rispettivamente un +16,9% e un +11% rispetto all’anno di riferimento (2022), numeri persino migliori del settore alberghiero tout cort. La conferma, come accennato, arriva pure da Bankitalia che parla di una spesa dei viaggiatori esteri in Italia aumentata del 17% a quota 5.23 miliardi di euro.
ISTAT E BANKITALIA, NUMERI DA RECORD PER ARRIVI E PRESENZE
Insomma, il turismo fa registrare (in attesa dei dati relativi alla stagione estiva 2024) performance eccellenti, consentendo pure di recuperare, stando sempre alle stime di Bankitalia, i volumi registrati nel biennio precedente. A completare il quadro, come riporta ‘Libero’, c’è uno studio della Rome Business School che registra un giro di affari totale di 255 miliardi di euro e che, tra impieghi diretti, indiretti e il proverbiale indotto, dà lavoro a più di 3 milioni di persone (gli assunti nel 2023 sono stati un quarto del totale), segno che quello del turismo è non solo un comparto oramai in salute ma che può diventare un importante traino per il PIL. Tuttavia, come sottolinea ancora il quotidiano milanese, c’è una questione forse troppo sottovalutata e che fa riferimento alla considerevole ‘fetta’ dei turisti americani in Europa. Il rischio, a causa di criticità della ricettività e accuse di “cattive abitudini” è quello di perderli.
Americani stufi dunque del turismo nel Vecchio Continente? Eppure fino a qualche anno fa il volo transoceanico per gran parte delle upper classes a stelle e strisce che possono permettersi questo tipo di vacanza era non solo uno status symbol ma anche un piccolo culto dal momento che, seconda solo agli USA, la cara, vecchia Europa per loro ha rappresentato sempre una sorta di seconda casa accogliente, pur con tutte le differenze culturali e di lifestyle. Come ricorda ‘Libero’, la bilancia tra partenze e arrivi America-Europa è stata a favore nettamente della prima almeno fino al 2018, quando il dato si è capovolto grazie anche alla voglia di evadere e sfruttando il traino di serie tv di successo che raccontavano le meraviglie dei soggiorni europei e soprattutto dell’Italia.
TURISTI USA, CRITICHE ALLE ‘CATTIVE’ ABITUDINI’: ORA EUROPA RISCHIA…
Sorprendente, tuttavia, è un dibattito nato proprio negli States in relazione al turismo in Europa: i columnist dei principali quotidiani si dividono tra coloro secondo i quali gli americani in vacanza alle nostre latitudini “danneggiano l’Europa” e altri che invece ritengono che il Vecchio Continente faccia schifo (“Europe sucks”) e, piuttosto che essere considerati rozzi, cafoni e poco incline a modificare il proprio stile di vita, i viaggiatori stars&stripes farebbero bene a privilegiare altre mete in Asia o nel resto del mondo. Come sappiamo, per l’Italia ma non solo, un cambio di tendenza rappresenterebbe un duro colpo al comparto turistico (considerando anche la loro capacità di spesa e la forza del dollaro, senza contare un volume di arrivi aumentato del 55% in un anno).
E quindi? Suggerisce il quotidiano, forse l’Europa deve imparare meglio a gestire le PR con questi turisti, fornendo servizi a tariffe che non continuino sempre a crescere, evitando di creare un ‘divide’ culturale e a non generalizzare, cadendo nel luogo comune del viaggiatore USA sgrammaticato nei modi e avvezzo solo al ‘fast tourism’. Pena il rischio che gli americani non pensino più che ‘italians do it better’ e cerchino occasioni di vacanze, che certo non mancano, in luoghi più accoglienti che hanno imparato dal Belpaese e pian piano lo supereranno.