Al BTO di Firenze è stata presentata la nuova edizione del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano
È stata presentata al BTO di Firenze (be travel onlife, l’appuntamento su turismo digitale, innovazione e formazione) la nuova edizione del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano curato da Roberta Garibaldi, presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico (AITE) e docente all’Università di Bergamo, con il sostegno di Visit Emilia e di Valdichina Living, che dal 2016 monitora con rigore e continuità l’evoluzione di uno dei segmenti più strategici per il turismo nazionale.
Analizzando i sei mercati esteri più importanti per l’Italia – Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Austria, Svizzera e Francia -, il Rapporto 2025 permette di comprendere non solo l’interesse verso il turismo enogastronomico, ma anche le aspettative e le esperienze vissute dai turisti stranieri in Italia.
“Capire come ci vedono e come ci vivono – spiega Roberta Garibaldi – è il primo passo per governare il cambiamento, in un settore che continua a crescere a ritmi sostenuti, affermandosi come uno dei segmenti più dinamici dell’economia turistica globale”. Negli ultimi tre anni, tra viaggi domestici e internazionali, la quota di turisti che ha viaggiato per l’enogastronomia varia dal 60% in Regno Unito al 74% in Francia, con un aumento dal 2016 tra i 15 a 28 punti percentuali. E l’Italia è associata principalmente, come destinazione del viaggio, a cibo e vino, citati dal 55% dei tedeschi e degli svizzeri/austriaci e dal 54% degli statunitensi; solo tra i francesi che scelgono l’Italia prevalgono i monumenti storici (50%).
Nella scelta della destinazione contano soprattutto la bellezza del paesaggio rurale (oltre l’80% in tutti i mercati, con un massimo dell’88% in Francia) e la presenza di ristoranti locali (81% in Francia, 79% negli USA). Gli americani attribuiscono più valore a esperienze tematiche (69%) e ristoranti gourmet (59%). Le principali motivazioni per scoprire l’enogastronomia sono provare nuove esperienze (52% in UK e USA) e arricchire il proprio bagaglio culturale (34% in Francia), seguite da divertimento (36% USA).
I francesi si distinguono per vedere l’enogastronomia come occasione per concedersi un lusso (36%), mentre tedeschi e svizzeri/austriaci per immergersi nei paesaggi rurali. Le regioni più attrattive per i turisti internazionali sono Toscana (69% US/FR; 66% AT+CH), Sicilia (66% FR; 62% US), Sardegna (63% FR) e Puglia (63% FR). Tra le destinazioni enoturistiche prevalgono Chianti (fino al 41% US) ed Etna (fino al 40% FR), a seguire troviamo Montepulciano (42% AT+CH), Montalcino (27% US) e Bolgheri (25% AT+CH). Buone preferenze anche per Cinque Terre (26% AT+CH) e Food Valley dell’Emilia-Romagna (24% US).

Tra le esperienze gastronomiche prevalgono i ristoranti locali (68% per i francesi, 71% AT+CH) ma anche gli etnici, poi le visite in cantina (fino al 36% in area AT+CH), seguite da caseifici (34% in Francia) e birrifici (25% FR, 26% US). La disponibilità di spesa: per un pasto tipico la maggioranza si concentra tra 21 e 60 euro (oltre il 50% dei casi in ogni Paese), per i tour in cantina con degustazione prevale la fascia 21-40 euro (fino al 35% in area AT+CH), mentre le esperienze in acetaia e nei musei del gusto si collocano per oltre la metà dei rispondenti sotto i 20 euro.
Infine, ecco l’intenzione di viaggio in Italia da parte dei turisti stranieri, che nei prossimi tre anni è altissima: la quota “molto probabile + probabile” va dal 55% in Germania al 81% in AT+CH (UK 59%, US 57%, FR 70%); i “molto probabile” toccano il 50% in AT+CH e il 34% in Francia. E l’inclusione di esperienze enogastronomiche nel pacchetto vacanza appare importante: le valutazioni 8-10 arrivano al 62% negli USA, seguite da 38-40% in UK/FRAT+CH e 36% in Germania. Un alto potenziale, oltre al mondo vino, caratterizza l’oleoturismo, con esperienze come le cene negli uliveti (oltre 50% in tutti i mercati) e il turismo della birra.
Nel Rapporto sono indicate anche quattro leve chiave per rafforzare ancor più il settore: stewardship territoriale – passare dalla sola promozione alla cura condivisa del territorio e delle sue comunità; misurazione degli impatti – valutare non solo i flussi, ma gli effetti sociali, culturali e ambientali del turismo; digitalizzazione e intelligenza artificiale – strumenti indispensabili per migliorare visibilità, personalizzazione e gestione delle presenze; professionalizzazione delle competenze – soprattutto nelle realtà agricole, artigiane e nelle piccole imprese, che rappresentano l’ossatura del settore.
La competitività non è più determinata dal numero dei visitatori, ma dalla qualità dell’esperienza, dalla capacità di mantenere vivi i territori e dal valore condiviso che il turismo è in grado di generare.
L’Italia è caratterizzata da dinamiche territoriali contrastanti: da un lato le destinazioni iconiche che continuano a registrare elevati flussi turistici, dall’altro borghi e aree interne che faticano a mantenere vitalità economica e sociale. In questi contesti, il turismo enogastronomico può rappresentare una leva strategica di valorizzazione e rigenerazione: genera valore economico e mette in relazione agricoltura, artigianato, ospitalità e cultura. “Perché questo potenziale si traduca in risultati concreti – sottolinea Garibaldi – è necessario un approccio sistemico che integri politiche di coesione, infrastrutture adeguate, misure fiscali mirate e un rafforzamento delle competenze professionali”.
Una sezione del Rapporto è dedicata all’impatto dell’intelligenza artificiale. Già oggi, il 21% dei turisti americani e il 18% dei francesi pianificano il proprio viaggio attraverso piattaforme che la integrano. Da qui la necessità, per le aziende, di avere le carte in regola per essere selezionate dall’intelligenza artificiale. Se i dati di un’azienda non sono aggiornati o non leggibili dai sistemi AI, quella realtà rischia semplicemente di non esistere digitalmente.
“Le tendenze emerse delineano uno scenario di trasformazione profonda – ha conlcuso Garibaldi -, in cui il turismo enogastronomico si afferma come leva strategica per uno sviluppo più umano, integrato e responsabile, capace di valorizzare i territori non solo come luoghi di consumo, ma come ecosistemi culturali, sociali ed economici in evoluzione. La vera frontiera consiste nell’integrare tre forme di intelligenza, naturale, sociale e artificiale, come componenti complementari di uno stesso ecosistema. È solo dal loro equilibrio che può nascere un modello di sviluppo realmente rigenerativo, in cui il dato dialoga con la natura e le comunità mantengono un ruolo centrale.
Il futuro del turismo enogastronomico non si misura più nei volumi, ma nel valore generato – economico, sociale e culturale. In un mondo che tende all’artificiale, l’intelligenza più avanzata potrebbe tornare a essere quella che nasce dalla relazione armonica tra uomo, comunità e natura: il principio che da sempre sostiene il valore profondo della cucina italiana e dei territori che la esprimono. L’Italia ha le risorse per costruire un modello distintivo, in equilibrio tra tradizione e innovazione, tra locale e globale, tra identità e sostenibilità. Un modello capace di restituire significato al viaggio, dignità al lavoro e futuro alle comunità.
Il turismo enogastronomico può diventare il laboratorio di un’Italia che unisce impresa, cultura e territorio”.
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