TURISMO & FESTIVAL/ La scommessa (vincente) sui territori del Trentino

- int. Maurizio Rossini

In Trentino crescono le presenze di turisti, grazie anche a un’attenta strategia che valorizza il territorio ed evita l’overtourism

Piazza Duomo Trentino Sviluppo1280 640x300.jpeg Piazza Duomo a Trento

C’è ordine e c’è disordine. Non è solo il claim del diciassettesimo Festival dell’Economia di Trento (dal 2 al 5 giugno). È anche un refrain caro a Maurizio Rossini, Amministratore Delegato e anima di Trentino Marketing (tra gli organizzatori del festival), la società di scopo creata dalla Provincia autonoma di Trento, una vera cabina di regia impegnata non solo nella promozione di progetti per lo sviluppo del turismo territoriale, ma anche nel coordinamento di energie e risorse impegnate nella provincia.

Secondo lei, Rossini, cosa implica la distinzione ordine-disordine?

Resto sul turismo, che in Trentino vale circa 17 punti di Pil, distribuito in tutte le vallate, sui monti, ai laghi e perfino in città: Trento è cresciuta da 100 mila presenze fino a un milione, subito pre-pandemia.

Bene, no?

Certo. Ma, vede, il Trentino è anche un territorio fragile, e come dico spesso troppi turisti concentrati nelle stesse date e nelle stesse località non sono un valore aggiunto, anzi. Quindi la nostra attenzione va alla promozione di nuove destinazioni, come borghi e piccole città dalle grandi potenzialità, quali ottimi punti di partenza per escursioni, tour e quant’altro. Il tentativo è di indirizzare al meglio i flussi, concentrandoci anche sulle belle stagioni.

Si conosce “la bella estate” di pavesiana memoria o la bella stagione, ovvero l’estate. Quali sono le sue “belle stagioni”?

I classici periodi di vacanza sanno camminare con le proprie gambe, non hanno bisogno della nostra comunicazione. Noi puntiamo sugli altri, primavera e autunno, stagioni stupende, da riscoprire al riparo dalla folla, con maggiore equilibrio. E per farlo ci concentriamo sulle attività, i grandi appuntamenti, il miglioramento di servizi e infrastrutture, la mobilità, e in generale sulla qualità della nostra ospitalità.

Parlava di eventi spalmati nei periodi quindi più interessanti. Perché Trento sembra diventata la città dei festival, vero?

Anche. Adesso c’è il Festival dell’Economia, un appuntamento cresciuto edizione dopo edizione, stavolta con la presenza di otto premi Nobel. Inauguriamo anche un “fuorifestival”, in spazi meno istituzionali, rivolto a un pubblico giovane, interessandolo con temi diversi, come la creatività, il digitale, le nuove opportunità e i nuovi modi di fare impresa. A fine aprile abbiamo ospitato l’ormai storico Trento Film Festival (ha compiuto 70 anni). Dal 22 agosto a fine settembre ci sarà il festival “I Suoni delle Dolomiti”, organizzato in varie location, tutte in quota, appuntamenti particolarmente suggestivi. E per finire il Festival dello Sport, a fine settembre.

Non scherzava: puntate davvero sulle belle stagioni…

Che vogliamo rafforzare ancora di più, lavorando sui territori. Sono convinto che la vera sfida sia proprio qui, nelle scelte locali, nella condivisione, nel convincere gli operatori a tenere aperte le strutture e le attività anche nei periodi tradizionalmente più vuoti. Un lavoro graduale, che prevede un salto anche di mentalità, di cultura d’impresa.

Mica facile, ci stanno provando in tanti, ma i risultati tardano ad arrivare.

Come dicevo, è un processo graduale, che deve vedere impegnati i privati ma anche il settore pubblico. Il patto dev’essere questo: l’albergatore o il ristoratore tiene aperto, e l’azienda di promozione locale s’impegna a organizzare eventi, a promuovere le destinazioni. Il dopo pandemia ci impone di lavorare per una tenuta complessiva del nostro sistema turistico, che si fonda su circa 1.500 strutture alberghiere, molti camping, b&b, agriturismi e moltissime seconde case. Bisogna mettere in sicurezza tutto questo tessuto, che fino al 2019 aveva segnato una crescita costante. Adesso però la visione deve cambiare: consolidare le stagioni classiche, senza puntare ad aumentare i numeri, ma facendo crescere qualità e spesa media; e riequilibrando gli altri mesi, con le vallate pronte a offrirsi a un turismo più dolce, per far respirare ai turisti la cultura, la gastronomia, le tradizioni delle comunità locali.

È un progetto complessivo sulla destinazione Trentino post-Covid, insomma.

Esatto, anche perché sono convinto che la pandemia offra la possibilità di prendere decisioni. Mentre invece vedo una tendenza generale a un semplice ritorno al prima. Così non si cresce, però, almeno non in senso strutturale. Sono invece possibili strade diverse, che però vanno sostenute, anche a livello di stimoli infrastrutturali, uno per tutti la banda larga, o con iniziative mirate, in una collaborazione costante pubblico-privato.

Immagino si tratti di attrarre anche platee più giovani, e non solo turisti, ma anche addetti, che anche in Trentino, come ovunque, scarseggiano…

Certamente. Per il personale occorre costruire le condizioni affinché un ragazzo capisca che il “turismo è bello”, che anche in queste mansioni si possono ottenere realizzazioni professionali. E per i turisti meno agée bisogna puntare su nuove proposte. Faccio un esempio: alla Paganella, specie ad Andalo e Molveno, si è investito molto nella promozione del bike. Bene: le aperture sono passate dal primo luglio a metà giugno, poi al primo giugno, e adesso ad aprile-maggio…  

(Alberto Beggiolini)

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