In Ucraina un pastore luterano aiuta ragazze fuggite dai territori occupati violentate dai russi e rimaste incinte: un sì alla vita oltre il male subito
A questo punto è difficile prevedere come andranno a finire le trattative di pace proposte dagli Stati Uniti e dalla Federazione Russa. L’Unione Europea sta lavorando per fare correzioni al loro piano. L’Ucraina di Zelensky sta in attesa che si decida qualcosa di buono, di meglio, sulla sua testa.
Ma c’è un’altra Ucraina, che qualunque cosa succeda non può aspettare che la sua vita, quella che sta vivendo ora, dipenda dagli altri, compreso il suo governo.
È l’Ucraina che ho incontrato ancora una volta nel collegamento settimanale online del lunedì, che ha come riferimento alcuni seminaristi della Chiesa greco-cattolica incontrati l’anno scorso a Kiev. Raccontano dello sdegno delle notizie sulla corruzione, del timore di essere abbandonati davanti allo strapotere dei russi. Ma non si limitano a lamentarsi: c’è molto da fare, c’è ancora molto bene da fare.
I seminaristi raccontano dell’aiuto che stanno prestando ad alcune famiglie fuggite dai territori occupati, in particolare da Kupyansk. Potevano restare là, magari collaborando con gli occupanti avrebbero potuto ottenere condizioni di favore. Non se la sono sentita, soprattutto di fronte ai loro figli, di piegare la testa davanti all’invasore.
Ora non hanno più nulla, tranne i figli e la loro dignità, e si trovano a vivere dove i rifugiati iniziano a non essere ben visti da tutti. Cominciano ad essere tanti, portano storie piene di dolore a chi di dolore, e paura, ne ha già trovato abbastanza. O a chi da questo dolore ha provato a prendere le distanze cercando di vivere il più possibile come se non fosse successo nulla.

Poi c’è la storia raccontata da Maria, docente ucraina presso l’Università americana di Kiev. Ha studiato in Italia e in Germania. Provenendo da una zona dell’Ucraina come Kharkiv, dove si parla prevalentemente in russo, non conosce bene la lingua ucraina. Però parla bene il tedesco e per questo è stata contattata dalla Chiesa luterana di Kiev. Lì è arrivato un nuovo pastore dalla Germania. Avendo raggiunto, secondo le leggi tedesche, l’età della pensione, ha deciso di venire a servire la sua Chiesa in Ucraina. Non sa una parola né di russo, né di ucraino, ma vuole rendersi utile, esserci. Ora con alcune volontarie sta sostenendo un gruppo di giovani donne evacuate dai territori occupati e rimaste incinte di soldati russi.
Come già successo a diverse donne della Bosnia ingravidate dai serbi, hanno deciso di tenere le loro creature, non hanno ceduto alla tentazione di un aborto che avrebbe evitato loro molti problemi. Compreso quello, a volte, del giudizio impietoso di chi pensa che il loro rapporto sia stato consenziente.
Quel bimbo o quella bimba che faranno nascere non saranno dei “bastardi”, ma quel dono che vogliono fare a sé e al loro Paese per dire con i fatti che la vita continua.
Mi piace sottolineare che il racconto della professoressa Maria abbia in un certo senso anche una caratteristica, diciamo così, ecumenica. In un Paese che vive, tra l’altro, lo scandalo della divisione tra le Chiese, il fatto che i miei amici di Kiev sappiano valorizzare la testimonianza di questo vecchio pastore luterano incoraggia a continuare il rapporto con loro, evidentemente utile innanzitutto a me.
Non so come andranno a finire le trattative di pace, ma so, vedo, che da qualche parte la resistenza disarmata dell’Ucraina è già cominciata.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
