Il partito di Nigel Farage è allo stesso livello del Labour. Lo dicono i sondaggi. Vanno presi con le molle, certo, ma evidenziano una flessione nei consensi di Keir Starmer e del suo governo, alle prese con un’economia che accresce le disuguaglianze sociali e con le contraddizioni di certe posizioni dello stesso esecutivo sull’immigrazione, non ultimo il caso degli stupri commessi da enclave pakistane denunciati da Elon Musk. Il Regno Unito, però, spiega Claudio Martinelli, professore di diritto pubblico comparato e diritto parlamentare nell’Università di Milano-Bicocca ed esperto del sistema giuridico britannico, non è sull’orlo di una crisi politica. Intanto Musk fa sentire la sua voce a sostegno dell’estrema destra, e la Gran Bretagna, fuori dalla UE, è meno considerata dagli stessi USA, ai quali prima faceva da ponte con Bruxelles.
Secondo un sondaggio del Daily Express, Reform UK di Nigel Farage ha gli stessi consensi (25%) dei laburisti, mentre i conservatori sono al 20%. Come mai, a pochi mesi dal voto che ha portato Keir Starmer a Downing Street, l’elettorato sembra aver cambiato opinione?
I sondaggi nel Regno Unito non vanno paragonati a quelli italiani. Da noi, ogni settimana si rileva come è cambiato il gradimento dei partiti, che però di solito rimane sostanzialmente stabile, con scostamenti di pochi decimi di percentuale. Nel Regno Unito, invece, è normale avere delle continue fluttuazioni: il sistema politico non è particolarmente ideologizzato e gli spostamenti di buona parte dell’elettorato possono essere molto consistenti. Gli exploit nei sondaggi di qualche formazione politica non vogliono necessariamente dire che, se si votasse, quel partito farebbe sfracelli.
Ma Farage, secondo questi dati, avrebbe guadagnato molti consensi. Come si spiega?
Tutti hanno enfatizzato il risultato di Reform UK nelle elezioni del 4 luglio 2024. In realtà, ha preso un paio di punti in più e 5 seggi, e a Westminster è del tutto irrilevante. Quando Farage si era presentato sotto le insegne di UKIP, aveva ottenuto il 13% e i conservatori avevano vinto. Nell’ultima tornata ha conseguito solo due punti percentuali in più, senza approfittare del tracollo Tory. Più o meno è rimasto stabile.
Ma ora ha cambiato registro?
Il suo è un partito molto aggressivo dal punto di vista del programma politico, che si ripromette di essere più movimentista di quanto non fosse UKIP. Teniamo presente, però, che nel frattempo c’è stata la Brexit: i partiti alla destra dei Tory non hanno più il loro cavallo di battaglia, perché hanno già conseguito la fuoriuscita del Regno Unito dalla UE. Probabilmente Reform UK si radicalizzerà ulteriormente su altre tematiche, la prima delle quali sarà l’immigrazione.
Per quanto il risultato vada preso con le molle, però, qualche numero in più nei sondaggi Reform UK ce l’ha. Cambia qualcosa la sua ascesa?
Bisogna vedere come reagiranno i conservatori: tenderanno anche loro a radicalizzarsi o proveranno a isolare Farage per mettersi in concorrenza con il partito laburista sul piano delle concrete scelte politiche?
Ma i laburisti sono già così in crisi?
Ogni tanto si legge che Starmer è in tale difficoltà nei sondaggi che è già a rischio di cadere e che non finirà la legislatura. Affermazioni tipicamente italiane: quasi tutti i primi ministri della storia, anche quelli più importanti, hanno incontrato difficoltà iniziali a mettere in moto le loro politiche. Di solito, nel Regno Unito, per chi vince le elezioni i primi due mesi sono di luna di miele, dopodiché cominciano le difficoltà, perché implementare una nuova politica non è così facile. La cifra di un primo ministro si vede innanzitutto da come esce da questo momento: non funziona che tu crolli nei sondaggi e allora il giorno dopo ti dimetti.
A livello di contenuti, su cosa Starmer sta trovando difficoltà?
È evidente una discrasia tra ciò che aveva promesso nel manifesto elettorale e la concreta attuazione di quel programma. Ha promesso di rilanciare l’economia britannica e lottare contro le disuguaglianze, ma farlo è molto più difficile che dirlo. E una delle dimostrazioni di quello che sto dicendo è proprio la legge di bilancio: molto rigorosa, assolutamente necessaria, ma non può rilanciare da un giorno all’altro il sistema economico britannico, che soffre di problemi di deficit e di debito.
Per questo l’elettorato è un po’ deluso?
Era molto speranzoso, adesso si trova di fronte a qualche delusione. Ma il bilancio, per come è stato fatto, potrà essere valutato nei suoi risultati solo tra un po’, e queste politiche dovranno essere ulteriormente rafforzate negli anni successivi. In Gran Bretagna si ragiona in termini di legislatura, di tempistiche ragionevoli, per consentire al primo ministro e al suo governo di mettere in atto almeno alcune promesse del manifesto elettorale, in questo caso combattere le disuguaglianze sociali sia territoriali sia tra ceti sociali.
Il calo di consensi di Starmer, quindi, è comprensibile?
Sì, soprattutto se c’è qualcuno che contemporaneamente la butta sulla polarizzazione politica. Tra l’altro, non stiamo parlando di tracollo: il Labour alle elezioni ha preso il 33% e adesso sta al 25%. Sono 7-8 punti di differenza, ma non fanno sì che domani il governo si dimetta. Dopodiché, naturalmente, si possono benissimo rivolgere delle critiche a Starmer.
Quali?
Riguardo all’immigrazione illegale, aveva fatto un cavallo di battaglia del contrasto al Rwanda Plan, dicendo che il problema doveva essere gestito senza deportare le persone in Paesi terzi. Poi, quando è andato al governo, ha preso in considerazione forme di esternalizzazione, compreso il modello definito dal patto Italia-Albania. Indipendentemente da come la si pensi, è una contraddizione evidente.
Sullo scenario politico inglese ha fatto irruzione anche Elon Musk, che sembrava sostenere Farage, mentre ora si è spostato su Tommy Robinson e le sue posizioni estremiste. Che ruolo sta giocando?
Non sappiamo di preciso che cosa abbia in testa, se quello che dice sia frutto di un disegno politico oppure, semplicemente, se abbia annusato che per determinati interessi sia meglio gonfiare i partiti antisistema. Musk è un personaggio totalmente fuori dagli schemi, che in questo momento fa in un modo e fra due mesi, se lo ritiene più vantaggioso, potrebbe comportarsi diversamente. Certo, è l’uomo più ricco del mondo e si sta preparando ad assumere un ruolo dentro l’amministrazione USA: due elementi difficilmente compatibili con il suo attivismo in relazione ai sistemi politici europei. Forse qualche voce in più, da questo punto di vista, dovrebbe levarsi.
Ma chi è questo Tommy Robinson, l’estremista di destra che Musk sembra sostenere?
Musk, a un certo punto, ha deciso che perfino Farage non andava bene: è un politico e, quando ha visto attorno al suo movimento realtà che definire estremiste è poco, le ha sconfessate. A quel punto, ha smesso di andare bene a Musk, che ha bisogno in qualche modo di scompaginare il sistema. Robinson fa discorsi da suprematista, parla di purezza dei britannici, di escludere chi non lo è, usa parole molto dure contro l’immigrazione. Farage, a confronto, è un moderato.
Il governo di Starmer, comunque, non cadrà?
Starmer potrebbe fare dei rimpasti, ma il cosiddetto reshuffle è uno degli strumenti usuali con cui i primi ministri governano. Non credo che ci saranno né cadute di governi, né elezioni a brevissimo, ma ci sarà una navigazione inevitabilmente difficile. Quando era nella UE, il Regno Unito aveva un rapporto privilegiato con gli USA, faceva da cerniera con l’Europa. Adesso è rimasto solo. Probabilmente, gli Stati Uniti a guida Trump finiranno per avere, soprattutto finché ci sarà un governo laburista, un atteggiamento un po’ arrogante.
(Paolo Rossetti)
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