Le Iene tornano sul giallo di Unabomber parlando con l'ingegner Elvo Zornitta, accusato ingiustamente di essere il bombarolo

Roberta Rei de Le Iene è tornata sul caso Unabomber, il famoso “mostro del nord est” che per anni ha terrorizzato con i suoi ordigni introdotti un po’ ovunque, e colpevole di aver ferito in maniera molto grave diverse persone. Durante la puntata di ieri è stato intervistato Elvo Zornitta, quello che per anni si è creduto fosse appunto il vero Unabomber.



“Quando andavo a fare la spesa mi son trovato più volte che mi guarda con la bocca aperta mentre prendo un oggetto, pensando è lui”. Sono queste le prime parole dell’ingegnere friulano, unico su cui si sono focalizzate le indagini in tre decenni con l’obiettivo di catturare il bombarolo colpevole di 33 attentati fra il 1994 e il 2006.



Nelle ultime settimane sono state riaperte le indagini sul caso, dopo che sono stati rinvenuti un capello bianco e una traccia di saliva dentro un uovo-esplosivo piazzato da Unabomber in un supermercato del 2000. Attualmente sono indagate 11 persone fra cui anche lo stesso Elvo Zornitta, che ha spiegato che: “Sono stato subito disponibile al confronto e i due anni non ho avuto alcuna risposta”. Oggi l’ingegnere friulano chiede che le indagini arrivino presto ad una conclusione anche per provare a scrollarsi di dosso definitivamente ogni sospetto: “Io mi sento una vittima di Unabomber”.



UNABOMBER, ELVO ZORNITTA E L’INCUBO INIZIATO NEL 2004

Per Elvo Zornitta l’incubo inizia nel 2004 dopo che il bombarolo ha terrorizzato il nord est con 26 attentati fra il litorale friulano e veneto. “Una persona che io non vedevo più da 20, 25 anni e conosciuto nel primo lavoro, non so perchè lo ha fatto”, racconta Elvo Zornitta spiegando colui che avrebbe fatto il suo nome agli inquirenti. “La prima perquisizione è avvenuta nel maggio del 2004, c’erano otto persone al cancello e iniziò la perquisizione”. C’era una stanza chiusa a chiave, “Uno stanzino dove tenevo tutti gli attrezzi, seghe, coltelli, forbici e non volevo che mia figlia ci entrasse e si potesse fare male. Mai più avrei fatto qualcosa la dentro anche perchè non si respirava”.

C’era anche una fialetta per aromi per dolci di marca Pane e Angeli che era stata utilizzata per un ordigno non esploso in chiesa: “Mia moglie li usava per fare i dolci mentre io li usavo per fare le lampadine nel mio presepe”, aggiunge Zornitta.

Quindi tutta una serie di altri oggetti, come degli evidenziatori: “Li avevo usati per fare dei fuochi d’artificio in giardino e in metaldetector trovarono in giardino un pennarello bruciacchiato”. Maurizio Paniz, il suo avvocato, aggiunge: “Quelli erano degli pseudoinzidi, non c’era nulla”. Sono iniziati così i pedinamenti nei confronti di Elvo Zornitta: “Mi accorsi che mi stava seguendo una vettura nera…”.

UNABOMBER, L’ATTENTATO DEL 2005 E LE ACCUSE VERSO ELIO ZORNITTA

Nel 2005 è arrivato l’attentato degli ovetti Kinder, il 26 gennaio di quell’anno a Treviso: “Quattro giorni dopo, casualmente mi trovavo ad avere in casa 48 involucri di ovetti Kinder, mia figlia sapeva che io tenevo tutto e me li ha regalati. Io ho subito pensato all’attentato, e arrivarono pochi giorni dopo e glieli consigliai, dissi loro di analizzarli ma non lo fecero”. Zornitta subirà poi altre due perquisizioni: “Hanno sequestrato tutta l’attrezzatura da taglio”.

Con delle tecniche più sofisticate cercarono di trovare delle comparazioni fra gli oggetti di Elvo Zornitta e gli esplosivi di Unabomber, nonostante gli attentati continuassero e nonostante lo stesso ingegnere fosse monitorato H24: “Aveva degli alibi indiscutibili, era monitorato 24 ore su 24, tenuto sotto controllo da ogni punto di vista, non aveva alcun contatto con nessuna persona”, aggiunge il suo legale.

“Credevano che io potessi istruire qualcuno”, precisa invece l’ingegnere “Io stesso avevo paura perchè pensando a questa persona come psicopatico magari mi seguisse, potesse prendere un campione del mio dna, in quel periodo fumavo parecchio e non buttavo via le cicche ma le mettevo in tasca, avevo questa paranoia”.

Gli inquirenti sembrano però sempre più convinti che Unabomber sia Zornitta: “Un giorno di agosto una giornalista mi fermò in strada e mi disse che era stata trovata una mia forbice che aveva tagliato un lamierino di un ordigno. E’ stato il periodo peggiore della mia vita, c’erano i giornalisti con le telecamere che aspettavano che uscissi di casa, poi alla fine mi è arrivata la lettera di licenziamento”.

UNABOMBER, ELVO ZORNITTA E IL TAGLIO “MANOMESSO”

Ad “incastrare”, secondo chi indaga, l’ingegnere friulano, furono una serie di “gialli” come quello delle microspie: “Stavo montando il condizionatore, ho visto un microfono spia, e l’ho tolto”. In un video viene ripreso con dei grossi sacchi neri: “Lasciavano tutti in giro dopo le perquisizioni e quindi ho messo tutto sul tetto del capanno”.

C’è poi il video delle forbici, con Zornitta ripreso mentre le pulisce: “L’avevo solo affilata, se avessi voluto cancellare le tracce avrei usato la mia mola”. Per l’avvocato: “Nei confronti del mio cliente c’è stata la presunzione di colpevolezza e noi abbiamo voluto scardinarla”. A incastrare definitivamente Elvo Zornitta fu però il taglio fatto con la famosa forbice di cui sopra: “Quel taglio che incriminava Zornitta sarebbe forse stato fatto mentre erano in mano agli inquirenti”.

Peccato però che quel segno prima del sequestro non c’era e dopo una battaglia di perizie, la vicenda si concluderà con una condanna per l’ispettore che indagava sull’ingegner Zornitta e che lo aveva di fatto incastrato: “Si è fatto prendere la mano dal poter dire, io ho scoperto quello che gli altri non avevano scoperto”, commenta l’avvocato. Per Zornitta: “Bisognava trovare il colpevole e come diceva qualcuno era brutto, cattivo e pure ingegnere. Io non ho nessun problema nei suoi confronti – dice riferendosi all’investigatore – penso alla figlia e alla moglie che non hanno torto”.

L’avvocato aggiunge: “L’ispettore andava espulso ma lo stato l’ha difeso, siamo stati da soli contro tutti. Quella manomissione è risultata decisiva, gli inquirenti hanno dovuto abbandonare ogni altro approfondimento”. Dopo quell’assurda vicenda nessuno ha mai chiesto scusa a Elvo Zornitta: “Sento ancora il sospetto verso di me e lo stiamo vedendo anche ora con la riapertura del processo. Le vittime hanno diritto di sapere e di vedere conclusa questa vicenda, hanno subito danni permanenti, non è corretto”, conclude.