Vaccini Covid, inchiesta giornalistica de La Verità rivela "pressioni del ministero" e i dubbi del Cts su Astrazeneca: cosa emerge da verbali delle riunioni

Alcuni video esclusivi, pubblicati in questi giorni da La Verità, riaccendono le polemiche sulla gestione della pandemia da parte dell’allora governo Pd-M5s e dei vaccini Covid. Ad esempio, ce n’è uno che rivelano pressioni ministeriali per la vaccinazione dei giovani.

Si tratta di quello relativo alla seduta del Comitato tecnico-scientifico (Cts) che si tenne il giorno successivo a quello della morte di Camilla Canepa, 18enne che si era vaccinata con Astrazeneca in occasione di un open day. La riunione di quell’11 giugno di quattro anni fa ruotò soprattutto attorno a quella vicenda, perché un mese prima il Cts aveva deciso di non raccomandare i vaccini di Astrazeneca e Johnson&Johnson agli under 60.



Vaccino covid (Foto: Pexels)

Eppure, il verbale riporta un’aggiunta che sarebbe ignota a tutti, cioè che il Cts non aveva rilevato ragioni ostative per l’organizzazione degli open day per i maggiorenni. Quella è la frase che diede il via libera alle Regioni. Il video in questione mostra Giorgio Palù, presidente dell’Aifa, mentre parla al telefono, ignaro che il suo microfono fosse aperto: parlò esplicitamente di “pressioni” che non comprendeva, anche perché altri Paesi europei non facevano vaccinare con quei due sieri.



LA TELEFONATA RIVELATRICE DI PALÙ

Come ricostruito dal quotidiano, il professor Franco Locatelli lo richiamò segnalandogli che il microfono era aperto, nel frattempo Palù proseguiva la sua conversazione, mentre Gianni Rezza, che guidava la Prevenzione del ministero della Salute, scoppiò scagliandosi contro gli open day, ribadendo di non essersi mai espresso a favore. Volarono accuse e parole pesanti, con Rezza che minacciò di non firmare il verbale di quel giorno e di andarsene dal Cts.

Nessuno voleva prendersi la paternità di quella decisione, ma la soluzione fu trovata da Locatelli secondo cui andava indicato che il Cts raccomandava alle Regioni di promuovere eventi open day rispettando le indicazioni per le fasce di età. Agli inquirenti, quando è stato sentito, Palù ha spiegato le ragioni di quella sua dura presa di posizione, ricordando che le istituzioni avevano dato il via libera, dall’Ema all’Fda, quindi c’era una “insistenza”, ma dal punto di vista scientifico restava la questione della fascia d’età, per il rischio della cascata infiammatoria che quei vaccini possono causare.



Pur essendo contrario, come riportato da La Verità, alla fine Palù non si oppose, ma il virologo si è difeso spiegando che non aveva potere di veto, spiegando che nel Cts c’erano esperti che erano già propensi a dire sì.

LE RIUNIONI DI MAGGIO 2021 DEL CTS

Fabio Amendolara spiega sul giornale che il Cts non difese la scienza, ma si preoccupò di difendere se stesso. Infatti, La Verità ha anche scoperto che nel maggio 2021, quindi un mese prima, il Cts era pienamente dei rischi e degli scarsi benefici del vaccino Astrazeneca, accettando faticosamente la richiesta dell’allora ministro Speranza di abbassare l’età per la somministrazione.

Ad esempio, emerge ora che l’immunologo Sergio Abrignani dichiarò nella riunione del Cts che bisognava valutare “alternative” più sicure, evitando di rischiare “anche un solo morto” con Astrazeneca. Palù suggerì di non andare oltre i 50-59 anni, la bioeticista Cinzia Caporale definì “sub-ottimale” quel vaccino, quindi andava bene dove non c’erano alternative.

Dal video esclusivo della seduta in questione emerge anche il tentativo degli esperti di tenere segreti i gravi rischi, infatti una relazione Ema accendeva un allarme sul rapporto tra le vite salvate e i casi certi di trombosi gravi, e Locatelli, ad esempio, suggerì a Brusaferro di far ricontrollare una diapositiva che stava mostrando, perché emergeva che Astrazeneca era un vaccino di serie B, tanto da arrivare a proporre di tenere fuori dal verbale quella discussione.

Dal verbale del 7 maggio 2021 La Verità è passata poi alla riunione del 10, in cui gli esperti del Cts litigarono sui vaccini e confermarono che i termoscanner erano costosi e inutili. Pur avendo messo sul tavolo i pericoli, gli esperti se ne lavarono le mani tirando in ballo il consenso informato. A tal riguardo, il quotidiano tira in ballo la bioeticista Cinzia Caporale, che scaricò la responsabilità sui cittadini con una sorta di scappatoia, segnalando che “resta ferma la libertà di ciascuno, attraverso un consenso informato chiaro e non omissivo“.