Sei i cardinali di lingua tedesca in conclave: le loro posizioni riflettono la divisione progressisti-conservatori che ha preoccupato anche Francesco

Il compianto cardinale Joachim Meisner, cresciuto nella DDR e successivamente divenuto vescovo di Berlino e poi arcivescovo di Colonia, durante un incontro formativo per i referenti pastorali affermò una volta che, quando si tratta della fede, il criterio di una scelta o di un’affermazione non è se essa sia “progressista” o “conservatrice”, ma se sia vera o falsa; e vero è ciò che si colloca nella sequela del Vangelo. Aggiungeva che chi crede è sempre conservatore, perché conserva ciò che ha ricevuto, ed è sempre progressista, perché fa progredire questo patrimonio, declinandolo nel linguaggio e nella cultura in cui vive.



Purtroppo, oggi, i due termini hanno assunto significati ideologici e opposti, anche in tedesco – konservativ e progressiv (ndt) – dove spesso “conservatore” è visto come il cattivo delle fiabe, mentre “progressista” assume i tratti della fata buona che salva tutto.

La Chiesa cattolica in Germania, minoranza in una società fortemente secolarizzata, continua tuttavia a godere di rilevanti privilegi economici. È profondamente divisa tra le due tendenze sopra ricordate, divaricazione resa evidente dal percorso del “cammino sinodale (Synodaler Weg), nato come tentativo di riforma democratica della Chiesa tedesca, ma recentemente riorientato – e di fatto sospeso – proprio da papa Francesco.



I fautori della linea progressista hanno vissuto questo intervento come un’ingerenza romana, ma esso si configura piuttosto come un richiamo alla dimensione cattolica e universale della Chiesa tedesca, che non può procedere in autonomia totale rispetto alla Chiesa universale, senza la quale non sussiste.

L’eco di questa crisi interna non potrà non riflettersi nel prossimo conclave. Negli ultimi settant’anni la teologia di lingua tedesca ha esercitato una notevole influenza nella Chiesa universale, grazie anche al prestigio delle università germaniche. Oggi questo ruolo appare attenuato, come dimostra il numero relativamente ridotto di cardinali di lingua tedesca che prenderanno parte al conclave: tre provenienti dalla Germania, due dalla Svizzera, uno dal Lussemburgo, nessuno dall’Austria.



I cardinali di nazionalità tedesca attualmente viventi sono sei, ma solo tre hanno meno di 80 anni e quindi potranno votare: Gerhard Ludwig Müller, Reinhard Marx e Rainer Maria Woelki. Il card. Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede (2012-2017), è noto per la sua difesa dell’integrità dottrinale. Le sue posizioni, che riflettono la continuità con il magistero di Benedetto XVI, lo hanno reso figura di spicco del fronte cosiddetto “conservatore”.

Nella sua Indagine sulla speranza, Müller scrive che “la verità non è il risultato di un compromesso, ma ciò che guida e unisce”. E ancora: “La verità non cambia, ma cresciamo nella comprensione della verità man mano che maturiamo… Non possediamo la verità, è la verità che possiede noi, poiché è una persona che incontriamo, non qualcosa che possediamo”.

Il card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, ex presidente della Conferenza episcopale tedesca, rappresenta invece la voce più nota del percorso sinodale tedesco. Le sue aperture lo pongono tra i leader della linea progressista, in qualche caso non senza ambiguità. Emblematico fu l’episodio del 2016, quando, in visita al Monte del Tempio e alla moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, si tolse la croce pettorale assieme al vescovo evangelico Heinrich Bedford-Strohm. Il gesto, che si voleva motivato dal rispetto interreligioso, suscitò reazioni contrastanti, quasi che ci fosse un’identità da nascondere.

Il terzo grande elettore di nazionalità tedesca è il card. Rainer Maria Woelki, attuale arcivescovo di Colonia, che si è distinto per la gestione prudente, ma ferma, della crisi degli abusi nella sua diocesi. È considerato un punto di riferimento per quanti temono una deriva “orizzontale” del processo sinodale. In una recente omelia ha sottolineato: “La sinodalità non può significare il dissolvimento della verità rivelata in nome di una maggioranza di voti”. I tre cardinali tedeschi ultraottantenni – Walter Kasper, Walter Brandmüller e Friedrich Wetter – non parteciperanno al conclave. Kasper, teologo e già presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, è noto per il suo influsso sul pontificato di papa Francesco. Brandmüller, storico della Chiesa, è tra i firmatari dei dubia del 2016 su Amoris Laetitia.

Oltre ai cardinali tedeschi, parteciperanno al conclave altri tre cardinali di lingua tedesca: i cardinali Kurt Koch ed Emil Paul Tscherrig, svizzeri, e il card. Jean-Claude Hollerich, lussemburghese.

Kurt Koch, presidente del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani e unico cardinale di Curia di lingua tedesca, è una figura rispettata per il suo lavoro nel dialogo ecumenico. Il suo approccio fermo e sobrio ne ha fatto una delle voci più ascoltate della Curia romana.

Emil Paul Tscherrig, attualmente nunzio apostolico in Italia, è un diplomatico di lunga esperienza. Discreto, colto, preparato, è considerato uomo di collegamento tra Curia e realtà ecclesiali locali.

Jean-Claude Hollerich, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea (COMECE), è una figura centrale nel sinodo europeo. Gesuita, già missionario in Giappone, è noto per una visione inclusiva e per l’appello a una riformulazione del linguaggio morale della Chiesa, anche in questo caso con aperture considerate ambigue.

In un’intervista del 2022 Hollerich diceva che “a volte il pastore cammina dietro al gregge”, per sottolineare che il ruolo del pastore non è sempre quello di guidare in avanti, ma anche di seguire e ascoltare il popolo di Dio, riconoscendo i segni dei tempi. In questo senso, Hollerich ha manifestato apertura su temi come l’ordinazione di uomini sposati, ma anche per la revisione dell’insegnamento tradizionale sull’omosessualità.

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