PAPA & FT/ Benedetto insegna alla finanza chi è Cesare e chi è Dio

- Gaetano Troina

Il Financial Times ieri ha pubblicato un articolo di Benedetto XVI: “Tempo di impegno nel mondo per i cristiani”. Il Vangelo nella casa del capitalismo più avanzato. GAETANO TROINA

benedettovxi_rosso_pastoraleR400 Benedetto XVI (Infophoto)

Ancora una volta Papa Benedetto XVI ci stupisce per il carattere profetico e penetrante del suo magistero. Ci stupisce anche per il “luogo” che ospita le sue ultime affermazioni, il Financial Times. Proprio nella casa del capitalismo più avanzato, egli propone il Vangelo in una modalità molto semplice e sostanzialmente reale rispetto ai contenuti e alla forma. Il suo articolo, dal titolo “Tempo di impegno nel mondo per i cristiani”, scritto in occasione del Natale su richiesta della redazione del quotidiano finanziario, afferma che bisogna rendere a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.

Sembra quasi una frase scontata quella del Papa, ma a un certo punto egli sottolinea che “tuttavia i cristiani danno a Cesare soltanto quello che è di Cesare, non ciò che appartiene a Dio”. Con questa frase Benedetto XVI intende richiamare l’attenzione su un punto: il mondo, la politica e il potere devono essere rispettati, ma questi ultimi devono rispettare la sfera di Dio, che non può essere invasa. Come il potere non può essere divinizzato, così ciò che appartiene a Dio non può essere politicizzato. Sembra di cogliere un richiamo preciso e perentorio: il Papa vuole porre all’attenzione che il concetto di bene comune è più alto di tutto, e che sia il politico sia il cristiano, tenendo conto di questo terreno, devono sapersi incontrare a questo livello. Se non si incontrano sul bene comune, allora sì che spuntano altri dei, che nascono dalla politica, dal tornaconto, dall’economia, dall’interesse. Specialmente il dio Mammona si mette in moto in maniera inequivocabile.

Il Papa trova un’espressione molto bella, là dove dice che in Italia molte scene di presepi sono adornate di rovine con gli antichi edifici romani sullo sfondo. Ciò dimostra che la nascita del Bambino Gesù segna la fine dell’antico ordine, cioè l’ordine pagano del potere. Mentre il Dio che si è fatto carne in un bambino, in una piccola grotta e in una mangiatoia richiama il potenziale più intimo e più vero dell’uomo: l’amore. Ecco il punto su cui Benedetto XVI pone l’attenzione: tutto il sociale, tutta la politica devono essere impregnate di amore.

Non perché dobbiamo divinizzare la politica, ma perché dobbiamo umanizzarla. Umanizzare la politica significa avere un occhio verso il povero, che non solo rappresenta Dio per il cristiano, ma è il grido della società nei confronti del potere, politico ed economico. “I cristiani combattono la povertà perché riconoscono la dignità suprema di ogni essere umano, creato a immagine di Dio e destinato alla vita eterna”, dice il Papa. Ciò è vero per il cristiano, ma anche per il non cristiano. La persona deve essere riposta al centro di tutto, dell’economia e del potere, perché se così non si fa non solo si trasgrediscono quelli che per noi cristiani sono i comandamenti di Dio, che si basano sull’amore e di conseguenza sull’equità, la sussidiarietà e la solidarietà, ma soprattutto si crea inimicizia.

E’ quest’ultimo il veicolo su cui transita il potere economico, e il dio Mammona invaderà di nuovo tutto. La crisi è il risultato di uno strapotere del tornaconto e del diavolo, che è riuscito a ubriacare le menti al punto tale che il tornaconto è diventato l’unico dio. E’ per questo che il Papa, rifacendosi anche all’enciclica Deus Caritas Est, pone al centro di tutto il discorso l’uomo, la persone e il povero. Il motivo è che la povertà è il momento dominante di tutta la scena economica, e non soltanto l’immagine di Gesù Cristo, ma il simbolo di una società che ha perso ogni riferimento alla prospettiva della solidarietà.







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