ATTACCO AL PAPA/ Ingrao (Panorama): il mio scoop travisato da Repubblica per colpire Benedetto

- int. Ignazio Ingrao

Come rivela IGNAZIO INGRAO, l’articolo di Repubblica sul dossier segreto del Vaticano non si basa su un lavoro di inchiesta originale, ma amplifica in modo fazioso il servizio di Panorama

benedettoxvi_quaresima_violaR400 Il Papa Benedetto XVI

Uno scoop strumentalizzato per andare contro il Papa. L’articolo di Repubblica, pubblicata ieri con il titolo “Sesso e carriera, i ricatti in Vaticano dietro la rinuncia di Benedetto XVI”, non si basa su un lavoro di inchiesta originale, come lascia intendere il pezzo, ma sulla ripresa di ampi stralci del servizio di Panorama, uscito il giorno stesso ma anticipato martedì alle agenzie. A rivelarlo è il vaticanista del settimanale, Ignazio Ingrao, secondo cui “di certo non si può dire che il rapporto sulla situazione della Curia sia stato l’unico motivo delle dimissioni di Benedetto XVI, che ha una conoscenza molto più ampia della realtà della Chiesa nei cinque continenti”.

Ingrao, fino a che punto ritiene che l’articolo di Repubblica sia fedele alla realtà?

E’ un articolo che riprende ampiamente quanto è stato pubblicato oggi da Panorama, e che ieri avevamo lanciato alle agenzie. L’articolo di Repubblica, firmato da Concita De Gregorio, si è dunque ispirato a noi, anche se poi va un po’ oltre al lavoro che ho fatto io. La De Gregorio ha infatti riutilizzato ampiamente le nostre anticipazioni alle agenzie, aggiungendo delle parti. L’articolo di Panorama è più equilibrato rispetto a quello di Repubblica, io ho cercato di dare una lettura meno faziosa della realtà. Ciò che ho fatto è stato ricostruire il metodo seguito dai tre cardinali 007, Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi, i quali hanno svolto un lavoro molto accurato, indagando sulla situazione complessiva della Curia e intervistando numerose persone.

Benedetto XVI si è dimesso per quanto è contenuto nel rapporto o per un insieme di altri motivi?

Noi non possiamo dire che Benedetto XVI si sia dimesso unicamente per queste vicende. Lo ha fatto perché era una decisione che maturava da tempo all’interno del suo orizzonte di pensiero, per un insieme di ragioni. Certamente il governo della Curia con questa situazione è un elemento importante, perché da esso dipende il governo della Chiesa. E’ però anche vero che nella prospettiva complessiva delle preoccupazioni del collegio cardinalizio e del Papa è soltanto un pezzo del problema.

In che senso?

Benedetto XVI ha una visione molto più ampia dei problemi della Chiesa e quindi delle sfide e delle difficoltà che ha nel mondo, dall’America del Nord al Sudamerica, passando per il centro Europa, fino all’Italia. Joseph Ratzinger avverte quindi le difficoltà interne di gestione della macchina vaticana, ma anche l’urgenza del fatto che ci sia una persona che si faccia carico con energia dei grandi problemi della Chiesa nel mondo. Non vorrei quindi che noi pensassimo che tutto gira intorno alla Curia. Questo è un pezzo importante ma non esclusivo. Ratzinger si trova in Curia dal 1982, ben prima di diventare Papa.

 

Ritiene davvero che il rapporto segreto possa contenere qualcosa che Benedetto XVI non conosceva già da tempo?

Il Papa aveva certamente cognizione di certi episodi. Negli ultimi otto anni Benedetto XVI ha continuato a ribadire, chiedere e invitare a superare i carrierismi, le divisioni e le lotte di potere. Il Papa sperava che il suo appello fosse stato raccolto. D’altra parte Ratzinger è sempre stato fuori dalle correnti, dai rapporti, da certe filiere di amicizie. La fuga dei documenti ha offerto il pretesto per questa indagine, che poi è stata molto più ampia e a tutto campo e ha consentito di vedere come purtroppo anche nella cerchia più stretta dei collaboratori del Papa, i suoi appelli non fossero stati sufficientemente ascoltati. Ora quindi per Benedetto XVI è molto difficile, con le energie che ha, riuscire a modificare una situazione di questo tipo e preferisce affidarla al suo successore.

 

Quali saranno le conseguenze di questo rapporto segreto sul prossimo Conclave?

Questo rapporto sarà il “convitato di pietra” del Conclave. I tre cardinali che hanno svolto questa inchiesta così meticolosa dovranno mantenere il segreto e non entreranno nel Conclave in quanto non votano, ma il giudizio espresso nel rapporto peserà. Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi sono venuti a conoscenza di una serie di filiere, di rapporti e di situazioni. Tutti i cardinali elettori sanno che il prossimo Papa prenderà in mano questo rapporto e sulla sua base dovrà compiere delle scelte. L’influenza del rapporto sul Conclave sarà quindi silenziosa, ma ne influenzerà lo svolgimento. I tre cardinali non potranno dire che cosa c’è scritto, ma sicuramente potranno orientare i confratelli in una direzione piuttosto che in un’altra, sapendo quella che è la reale situazione e i reali rapporti.

 

(Pietro Vernizzi)







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