ALLARME TERRORISMO/ Mori: noi italiani abbiamo un vantaggio su Francia e Regno Unito

- int. Mario Mori

Per MARIO MORI, non sempre c’è un’applicazione pedissequa delle norme, anzi siamo portati sempre a interpretarle. La legge invece deve essere precisa e non prestarsi a interpretazioni 

polizia_camionetta_29062016 Immagini di repertorio (LaPresse)

«Il nostro apparato di sicurezza è all’avanguardia in tutta Europa, e del resto il nostro Paese ha un grosso vantaggio: gli immigrati di fede musulmana nella stragrande maggioranza non hanno la cittadinanza italiana, e quindi appena non rispettano le regole possiamo espellerli». Lo rimarca il generale Mario Mori, ex comandante dei Ros ed ex direttore del Sisde. Nei giorni scorsi sono avvenuti diversi arresti ed espulsioni di persone sospettate di fare parte dello Stato Islamico. L’ultimo nell’ordine di tempo è avvenuto venerdì, quando un tunisino è stato arrestato per associazione con finalità di terrorismo internazionale. L’uomo è stato intercettato mentre diceva: “Sono isissiano finché avrò vita. E se morirò vi esorto a farne parte”. Nei giorni scorsi un sito legato all’Isis aveva ribadito la minaccia secondo cui il Califfato prenderà Roma.

Quanto vanno prese sul serio le minacce dell’Isis contro l’Italia?

Le minacce diffuse attraverso i siti dell’Isis sono da prendere con il beneficio dell’inventario. Per i jihadisti sarà pure un auspicio, ma non ci dobbiamo preoccupare più di tanto. Prima che la bandiera del Califfo possa sventolare su Piazza San Pietro ce ne vuole. I veri problemi non sono questi, bensì l’attuale situazione in Europa che vede un’esplosione di attentati da parte di individui isolati o praticamente tali come quello che ha portato all’uccisione del sacerdote francese di Saint’Etienne.

I lupi solitari possono colpire anche in Italia?

Quello di un’azione dei lupi solitari è un rischio che può colpire qualsiasi parte del mondo occidentale, e quindi anche l’Italia. È veramente difficile individuare dei soggetti singoli che non facciano riferimento a un’organizzazione e a un sistema che possa essere in qualche modo investigato e penetrato. Quindi è un pericolo che corriamo anche noi.

Quanto è efficace il nostro apparato di sicurezza?

Il nostro apparato di sicurezza è indubbiamente efficace anche se lo paragoniamo a quello di altri Paesi dell’Europa Occidentale. In questo l’Italia è all’avanguardia. Del resto noi non abbiamo quelle grandissime concentrazioni di migranti presenti in Francia, Belgio o Regno Unito. La nostra immigrazione è diffusa sul territorio, e soprattutto non ha gli stessi legami con il resto della società che si verificano in Francia e in Belgio, dove moltissimi musulmani hanno ottenuto la cittadinanza. Da noi invece i musulmani con cittadinanza italiana sono pochissimi.

È diminuita la soglia di tolleranza verso i sospettati?

Forse più che essere diminuita la soglia di tolleranza è aumentata la preoccupazione. Il nostro Paese però ha un grande vantaggio. Non avendo molti cittadini italiani di fede musulmana, non abbiamo il problema e la remora di poter intervenire con un’espulsione nei confronti di chi è nostro ospite e non si comporta in modo adeguato.

 

C’è il rischio che una volta in carcere questi sospettati diffondano ancora di più l’ideologia jihadista?

Sì, certamente questo è possibile. L’accortezza vorrebbe che si pensasse a un tipo di detenzione tale da isolare questi personaggi. Negli anni ’70, quando la minaccia era rappresentata dal terrorismo nazionale, furono scelti determinati istituti penitenziari nei quali furono fatti soggiornare gli estremisti di destra e di sinistra. Riducendo il numero di questi istituti si poteva fare una vigilanza più mirata, che potrebbe essere realizzata anche nel caso di questi detenuti di fede musulmana che potenzialmente potrebbero dare vita a delle radicalizzazione pericolose.

 

Servirebbe un 41-bis per i terroristi islamici sul modello di quanto fatto per la mafia?

Il problema non sono le leggi, che già ci sono, ma la costanza nell’applicarle. Non sempre c’è un’applicazione pedissequa delle norme, anzi siamo portati sempre a interpretarle. La legge invece deve essere precisa e non prestarsi a interpretazioni. Se queste interpretazioni ci sono e vanno al di là e al di fuori del dettato della legge stessa, gli organi della magistratura devono intervenire e richiamare tutti all’applicazione pedissequa della norma.

 

(Pietro Vernizzi)





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