MORTE IN DIRETTA SU INSTAGRAM/ Sofia e Dasha, perché vale la pena vivere?

- Maurizio Vitali

Due ragazze ucraine, Sofia di 16 anni e Dasha di 24, in dieci secondi dalla pazza gioia alla morte. Tutto in diretta su Instagram. Il video è divenuto virale. MAURIZIO VITALI

incidente_auto_ragazze_ucraina_instagram_social_youtube Un fotogramma del video in cui sono morte le ragazze (foto da Youtube)

Due ragazze ucraine, Sofia di 16 anni e Dasha di 24, in dieci secondi dalla pazza gioia alla morte. Tutto in diretta su Instagram. Adesso funziona così. Pazza gioia per la vittoria di Sofia a un concorso di bellezza nella sua città, Izyum. Il video è un selfie di Sofia a bordo della Bmw guidata dall’amica. Alcuni secondi di gridolini di euforia, risa, sorsate di roba alcolica una via l’altra, dita a “v” in segno di vittoria, e un “Ciao ragazzi. Ci stiamo godendo la vita questa sera”. Improvvisamente altri brevissimi secondi in cui i gridolini delle due reginette di bellezza si fanno urla, l’euforia terrore, l’auto è impazzita, va in testacoda, si sente il rumore dello schianto mentre lo schermo diventa nero, si sentono gli ultimi clangori dei pezzi di lamiera, poi è silenzio totale e il buio è quello della morte.

Resto lì un po’ attonito, davanti allo schermo del mio pc e al silenzio delle lamiere contorte contro il lampione, pervaso dal senso del mistero della vita e della morte. Della vita umana veramente appesa a un filo.

Il video è diventato subito, come si dice, virale. Non ho potuto fare a meno di farmi un giro tra i commenti postati sui social. Mio Dio, che vomito. Cinismo a tonnellate e moralismo d’accatto imperversano. I moralisti se la prendono con questi giovani di oggi che non hanno veri valori e detto questo scuotono la testa e tirano in là come un Levita sulla strada tra Gerusalemme e Gerico puta caso gli capitasse tra i piedi un samaritano. Come se ne Il sorpasso di Dino Risi con Gassman e Trintignant, anni fa 55, non si fosse già visto tutto, salvo che non c’erano i social. 

I brutaloni invece vanno giù di mannaia senza pudore. Tale Ludovicius è soddisfatto:  “Due esseri inutili di meno al mondo che si sono eliminate da sole. Bene così. Meno male che non hanno ammazzato nessuno mentre si schiantavano. Tale Il sorpasso ribadisce: “Per fortuna che non hanno coinvolto altre persone”. Non è da meno tale Petrus: “Meglio così. Sono crepate da sole. Sicuramente avrebbero rifatto la stessa cosa, magari provocando incidenti con il coinvolgimento di persone innocenti”. Diagnostica tale Titina: “Non sanno più cosa volere dalla vita”. Scuote la testa tale Mbiferno: “Come si fa ad essere così idiote proprio non lo so”. Un altro che fossi in lui mi darei il nick Lapalisse: “Bere e guidare non vanno d’accordo”. Di commenti del tipo “Se la sono cercata. Meno male che non hanno ammazzato nessuno” ce ne sono a bizzeffe. Come a dire: Succeda quel che succeda, l’importante è metterci in sicurezza. Insomma, basta che non infastidiscano noi.

Lo so che tra i grafomani e i postatori seriali di social prevalgono spesso i meno equilibrati nei giudizi, che sparacchiano dalla pancia protetti dalle casematte dell’anonimato. Quindi facciamogli pure un po’ di tara, in nome della nota prevalenza del cretino. Ammettiamo pure che la media sia meno cinica e meno moralista. E’ un fatto che in nessun post ho trovato nessuno che facesse mente locale sull’evidenza  che la nostra vita, girala come vuoi, è come dicevo appesa a un filo. E che per questo è inevitabile chiedersi perché valga la pena vivere. L’euforia di Sofia e Daria per un piccolo, banale successo, ci dice quando grande sia il desiderio di un giovane di afferrare la vita in pienezza e gustarsela a grandi sorsi tutta quanta, al punto da prendere per promessa di vita piena (eterna) un casuale (precario)  evento fortunato, come un concorso di bellezza a Izyum. Ma diciamo la verità, il mercato delle offerte questo propone: performance di successo, giocate al lotto e carpe diem. Cose che non bastano a riempire la vita. Bicchiere più, bicchiere meno.

Ne era ben consapevole Cesare Pavese che, vinto il prestigioso premio Strega, nel giugno del 1950, commento: “A Roma apoteosi. E con questo?”. Pavese, che si sappia, non guidò ubriaco. Semplicemente, due mesi dopo, si tolse la vita.





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