AMBIENTE/ Come ricreare un humus per lo sviluppo sostenibile?

- Piero Gagliardo

Dopo circa 40 anni dal famoso libro “I limiti dello sviluppo” del Club di Roma, PIERO GAGLIARDO ci aiuta a capire cosa occorre realmente per uno sviluppo sostenibile del Pianeta

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Sono trascorsi quasi quarant’anni dalla pubblicazione del famoso libro “I limiti dello sviluppo” del Club di Roma, cioè, da quando il mondo della scienza ha provato, per la prima volta nella storia contemporanea, ad occuparsi del Pianeta nella sua globalità e nella sua complessità funzionale, attraverso misure, valutazioni, ipotesi di strategie, allarmi più o meno fondati.

 

In questo arco temporale si sono susseguite molte iniziative politiche, diplomatiche, legislative, scientifiche, tutte protese, molto probabilmente, all’identificazione di errori commessi, di disastri annunciati, di responsabilità da segnalare con decisione, di suggerimenti essenziali.

La Commissione Bruntland nel 1987 ha definito l’idea di sviluppo sostenibile, affermando, con intenti fortemente persuasivi, la necessità di cambiamenti di stile di vita, peraltro già annunciati nel volume del Club di Roma, di modificazioni razionali nell’uso delle risorse in previsione di un futuro generazionale possibile.

Secondo diversi accenti e con calibrature di pensiero talora ondeggianti, è emerso in modo clamoroso e, probabilmente, inatteso, il bisogno di riconsiderare in maniera sempre più accurata l’elemento ambiente, inteso come aria che respiriamo, come acqua con cui ci dissetiamo insieme agli animali e con cui irrighiamo i campi, come suolo da cui ricaviamo il cibo per la nostra alimentazione quotidiana.

Le Convenzioni Onu sull’ambiente (Cambiamenti climatici, Biodiversità, Siccità e desertificazione) costituiscono l’impalcatura basilare sulla quale costruire in termini diplomatici, politici, scientifici ed economici una complessità di azioni e di interventi che producano processi di conoscenza della realtà ambientale e generino una nuova forma di alleanza con l’ambiente.

Dal susseguirsi di eventi estremi, al degrado delle terre per erosione o per progressiva perdita di sostanza organica, tutto sembra annunciare la storica e patetica indifferenza di chi detiene il potere di fronte a una dinamica involutiva degli elementi naturali, causata anche da fattori d’ordine antropico.

Le risorse finanziarie ed economiche, la gestione dell’informazione, la prerogativa legislativa o addirittura la forza bruta degli eserciti o dei mezzi di distruzione di massa non appaiono che fanciulleschi giocattoli nelle mani irrazionali di chi ha pensato di usare la forza e il potere, sotto qualunque determinazione o forma, per ”governare”, nell’accezione peggiore del termine, il mondo.

Il mondo, oggi, è finalmente considerato la totalità del Pianeta e non più ciò che lo sguardo può abbracciare in un giro di orizzonte: più percepiamo questa dimensione complessiva, con maggiore evidenza appare, a chi non sia accecato dalla brama di dominare, la necessità, l’opportunità, quasi l’obbligatorietà di incontrare la realtà della Terra nella sua consistenza creaturale, cioè nella verità della sua struttura, nella complessità delle sue funzioni, nello splendore dei suoi ecosistemi.

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C’è una pre-esistenza che va riconosciuta, non come immutabile ed eterna, ma piuttosto come sistema preordinato e accessibile alla nostra conoscenza, talora costretta a una grande fatica speculativa e a un discernimento centellinato, ma sempre ostinata e sospinta da una insaziabile curiosità.

 

Stiamo attraversando un periodo nel quale sembra rendersi necessario un segno di umiltà, quasi per essere sempre più aderenti all’humus da cui ci nutriamo, da parte di tutti, ma in particolar modo da parte di coloro che, generati all’interno di società altamente sviluppate e, per questo, consumistiche al di là di ogni immaginazione, dopo aver ritenuto di far dipendere dalla propria capacità di gestione la modalità o i criteri d’uso delle risorse, si ritrovano nell’esigenza di inchinarsi di fronte al mistero della natura, che ci è progressivamente svelato dal mondo della scienza e dell’esperienza empirica di chi conosce e lavora la terra.

 

Probabilmente, questo è il passo che ora vale la pena di compiere: il mondo, che deve comprendere, non in modo ovvio, anche coloro che vivono nella povertà, nella guerra, nella violenza, nella sopraffazione, il mondo chiede di guardare la preziosità del dono che abbiamo ricevuto, di conoscerne, in modo sempre più accurato, le leggi che lo costituiscono, di imparare l’armonia che è insita nella sua struttura, di provare a stupirsi di fronte alla bellezza della realtà, per generare strategie di sviluppo sostenibile.

 

C’è un luogo segreto, o misterioso, o immateriale, ma culturalmente accessibile e armonioso, dove stanno racchiusi i termini della conoscenza, i connotati e le peculiarità degli elementi costitutivi della materia: questo luogo di relazioni sistemiche sta diventando, in misura sempre più rilevante, l’oggetto delle nuove esplorazioni del Pianeta, da cui potrebbero derivare i principi per una evoluzione positiva della sostenibilità ambientale dell’intera umanità.







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