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Home » Esteri » Africa » VOTO IN TUNISIA/ Ben Ali e quel “sano” golpe dell’87 firmato Andreotti e Craxi

  • Africa
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VOTO IN TUNISIA/ Ben Ali e quel “sano” golpe dell’87 firmato Andreotti e Craxi

Giuseppe Gagliano
Pubblicato 15 Settembre 2019
Giulio Andreotti e Bettino Craxi negli anni 80 (LaPresse)

Giulio Andreotti e Bettino Craxi negli anni 80 (LaPresse)

Nel 1987 l’Italia “favorì” la transizione della Tunisia tra Bourghiba e Ben Ali. La Francia non era d’accordo, ma la Cia sì

Opportunamente Michela Mercuri ha ricordato l’importanza per il nostro paese delle elezioni che si svolgeranno in Tunisia. Tuttavia non si può fare a meno di rilevare quanto corta sia la memoria di giornalisti e analisti accreditati, in relazione al ruolo che l’Italia svolse negli anni 80 proprio in Tunisia. Troppi, molti si sono dimenticati che fu proprio il nostro paese, ed in particolare furono Bettino Craxi, Giulio Andreotti, il direttore del Sismi Fulvio Martini e il Ceo dell’Eni Franco Reviglio a favorire, per usare un’espressione eufemistica e politicamente corretta, la transizione politica della Tunisia tra Bourghiba e Ben Ali.


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Per evitare una guerra tra Tunisia e Algeria che avrebbe destabilizzato non solo l’area nordafricana ma anche il nostro paese – e nello specifico gli interessi dell’Eni (ci riferiamo naturalmente al gasdotto Transmed che collega l’Italia all’Algeria passando attraverso la Tunisia), – la nostra classe politica decise di porre in essere una strategia finalizzata a salvaguardare i propri interessi nazionali.


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Grazie alla collaborazione tra i servizi segreti algerini e quelli italiani – secondo la testimonianza di Martini – fu possibile stabilizzare la Tunisia nonostante l’aperta opposizione manifestata dal direttore della Dgse francese René Imbot, che continuava a considerare la Tunisia una sorta di protettorato francese (nonostante questa avesse raggiunto l’autonomia politica della Francia nel 1956).

La svolta decisiva per stabilizzare la Tunisia avvenne il 6 novembre 1987 quando Giovanni Goria, allora presidente del Consiglio, insieme a Giulio Andreotti, ministro degli Esteri, Bettino Craxi a capo del Psi (che smentì qualsiasi coinvolgimento italiano nel suo saggio Sguardo sul mondo) insieme a sette medici firmarono un referto medico che stabiliva l’incapacità di Habib Bourghiba di continuare ad esercitare il potere. Proprio per questo, non senza ironia, fu chiamato il golpe medico.


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Prima di diventare presidente della Tunisia Ben Ali fu a capo del dipartimento di sicurezza militare tunisino e poi, intorno agli anni 70, direttore della sicurezza nazionale. Dopo aver svolto l’incarico di ambasciatore in Polonia e di ministro dell’Interni tunisino, nel 1987 verrà nominato primo ministro dal presidente tunisino in carica Bourguiba. Dopo aver preso il potere nel novembre del 1987 – grazie certamente ai servizi segreti italiani e algerini, ma anche grazie al tacito consenso della Cia (nonostante le smentite istituzionali dell’ammiraglio Martini) – il governo posto in essere da Ben Ali fu di matrice autoritaria monopartitica (ci riferiamo al Raggruppamento democratico costituzionale erede del Partito Socialista Desturiano) e clientelare (la seconda moglie di Ali, Leila Trabelsi, gestiva infatti gran parte della Tunisia).

Inoltre il suo governo – che si concluse nel 2011 con l’esilio in Arabia Saudita – oltre a ricevere il sostegno economico e militare da alcune nazioni europee (come l’Italia e la Francia), fu sostenuto in modo decisivo dagli Stati Uniti allo scopo di contrastare il terrorismo islamico.

A tale proposito è opportuno ricordare che dagli anni 50 Tunisia e Stati Uniti hanno posto in essere accordi bilaterali sia in materia di assistenza tecnica ed economica che in ambito militare. Inoltre, grazie al partenariato economico tra Usa e Nord Africa (Usnaep), volto a favorire gli investimenti nel Maghreb, la Tunisia ha ricevuto più di 4 milioni di dollari dagli Usa tra il 2001 ed il 2003 ed è divenuto membro della Trans-Saharian Counter-Terrorism Initiative. 

A tale proposito non c’è dubbio che il ruolo degli Stati Uniti sia di estrema rilevanza, come dimostrano sia gli ingenti finanziamenti di circa 335 milioni di dollari per cinque anni da parte della’Agenzia per lo sviluppo internazionale degli Stati Uniti (UsAid), sia il fatto che dopo l’incontro del 17 luglio 2019 tra funzionari americani, tunisini e libici, è nata l’esigenza di porre in essere un partenariato strategico tra Tunisia e Usa e un più efficiente coordinamento tra i paesi che confinano con la Libia per contenere la azione offensiva terroristica.

È infatti interesse degli Usa, come della Francia e dell’Italia, evitare che la Tunisia possa diventare una polveriera di instabilità politica che non farebbe altro che alimentare il terrorismo nel Nordafrica e in Medio oriente. Non dobbiamo infatti dimenticare da un lato che nel febbraio 2018 il Parlamento europeo ha considerato la Tunisia come un paese che alimenta il riciclaggio di denaro per finanziare il terrorismo, e dall’altro lato che i foreign fighters tunisini hanno posto in essere azioni terroristiche in Siria, in Iraq e in Europa, in particolare a Nizza il 14 luglio 2016 ad opera di Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, e a Berlino il 19 dicembre 2016 ad opera di Anis Amri.


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