Si fa preso a dire "fate il 900 a scuola", ma il campo è vastissimo. Alcuni spunti su come progettare un percorso storico per l'ultimo anno (2)
Per parlare della progettazione di un percorso storico, dobbiamo innanzitutto parlare di contenuti, ma questo richiederebbe una disanima dell’intero curricolo verticale e non basterebbero queste poche righe per una questione così corposa. Tuttavia, possiamo fare un’ipotesi relativa all’ultimo biennio e, dunque, gestibile a livello di dipartimento d’istituto. Nel quarto anno, il docente potrebbe svolgere il percorso dall’Ancien Régime al 1919, iniziando così il programma di quinta con l’avvento dei totalitarismi e finendo con gli anni dieci del XXI secolo. Non solo: in collaborazione con i docenti di italiano, o come percorso di potenziamento, sarebbe possibile introdurre gli ultimi quarant’anni del XX secolo (1960-2000) attraverso il cinema e le canzoni, creando così un background di conoscenze socio-culturali, su cui poi fondare il percorso storico dell’anno successivo relativamente a quel periodo, tanto interessante quanto spesso studiato malamente per scarsità di tempo.
Un nota bene sugli anni Dieci: si potrebbe obiettare che rischiamo di fare cronaca, non storia; d’altra parte, i nostri studenti chiedono spesso di giudicare il presente, l’attualità, e noi dobbiamo in qualche modo offrire almeno un laboratorio del tempo presente. Potremmo, dunque, scegliere alcuni temi che hanno segnato questi anni: la questione ambientale con l’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, l’evento di Fukushima ed il movimento capeggiato da Greta; la scoperta del Bosone di Higgs, la prima foto di un buco nero, la morte di Rita Levi Montalcini e di Stephen Hawking; la crisi dell’Unione Europea con la Brexit e la questione della Catalogna; la diffusione di populismo e sovranismo. Sono tematiche che si prestano ad essere trattate in chiave interdisciplinare (educazione civica, scienze, italiano) e che possono costituire l’orizzonte contestuale su cui poi collocare pochi, essenziali, eventi storico-politici.
Infatti, se è vero che servono chiavi interpretative certe per “fare storia” – distanza dai fatti ed analisi scientifica della storiografia –, tuttavia non possiamo ignorare le domande che sono nella testa dei nostri studenti e che troppo spesso restano o senza risposta o vittime di una falsa “para-storia” fatta di complotti, negazionismi, miti, fake news. Il docente non ha il compito di creare una “controstoria”, riproponendo in chiave opposta gli stessi errori metodologici e perpetuando falsi timori o inutili schieramenti; deve invece guidare gli alunni alla conoscenza della verità storica da cui quel dato fatto scaturisce o a cui esso rimanda, insegnando a distinguere la storia scientifica dalla storia pubblica e a confrontarle. Infatti ci sono troppe questioni sensibili, o “emergenze del presente”, che non possiamo ignorare in un percorso che conduce i ragazzi all’esame di Stato; pensiamo anche alle migrazioni, alla globalizzazione, al terrorismo: è evidente che per tali questioni non serve un elenco cronologico nozionistico, ma una scansione di lungo periodo, che permetta di cogliere relazioni, analogie e differenze fra i fatti, in un dialogo vivo fra passato e presente.
Questa impostazione esplicita l’idea di un curricolo reticolare, in cui si va dalle maglie più larghe (macro-temi) a quelle più fitte (sotto-temi), procedendo cioè dal semplice al complesso e dal generale al particolare. In tal senso, i grandi quadri e gli studi di casi sono strumenti didattici utili, come anche i materiali audio e video su cui discutere ed argomentare insieme.
Tuttavia, quando affrontiamo le questioni di memoria collettiva (Shoah, totalitarismi, colonialismi, le foibe, il secondo dopoguerra in Italia) dobbiamo utilizzare metodologie e strumenti diversi, oltre ad avere sempre quel pizzico di “coraggio” per selezionare e ricomporre i contenuti. L’insieme di “storie” che compongono il Novecento rischiano di disorientare i ragazzi, che, pur avvertendo il fascino di questo secolo immenso e tragico, vivono la grande guerra con lo stesso distacco che hanno per quella franco-prussiana. Per questo, è importante dare loro strumenti che li aiutino a fare sintesi di senso: timelines interattive – con fatti-chiave ed eventi periodizzanti – e laboratori sulle fonti, ma anche parole chiave, fils rouges come lettura globale di una serie di fatti (utopia, sussidiarietà, ideologia, nichilismo…) e mappe da loro costruite, con analogie e differenze fra alcuni grandi eventi ricorsivi (ad esempio, i movimenti giovanili fra ideale ed utopia, dal biennio rosso all’inizio del ’68, al movimento del ’77 fino a Greta Thunberg; oppure le crisi, dal 1929 al 1974 al 2008). Lasciamo perdere le interpretazioni storiografiche imparate a memoria e facciamole invece usare per un debate, su questioni provocanti per i ragazzi, magari scelte da loro perché desiderano avere un giudizio chiaro e fondato.
Il tempo che ci è dato per la nostra amata storia del Novecento è sicuramente poco, ma si possono mettere in atto molti cambiamenti, senza aspettare l’ennesima riforma che ci doni ore in più. Ci proviamo?
(2 – fine)
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