Secondo l'Istat, un italiano su quattro è a rischio povertà e la disuguaglianza sociale cresce, con l'inflazione che erode il potere d'acquisto
L’Italia si ritrova in una spirale allarmante, e questa preoccupante tendenza trova conferma in numeri sconcertanti: un italiano su quattro si trova sull’orlo della povertà e dell’esclusione sociale, un dato che, più che far statistica, racconta storie di famiglie che faticano a far quadrare i conti e arrivare a fine mese, giovani precari e pensionati in gravi difficoltà economiche, e, parallelamente, la distanza tra ricchi e poveri aumenta sempre di più.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat, la realtà italiana appare sempre più drammatica: nel 2024, la percentuale di italiani che non riescono ad affrontare le spese essenziali quotidiane è aumentata notevolmente, rimarcando una preoccupante crescita dal 22,8% al 23,1%.
In un contesto del genere, parlare di crisi della classe media, di povertà crescente e di precarietà economica sembra quasi una minimizzazione fin troppo banale; ormai non si tratta più di semplici previsioni basate su dati e statistiche, ma di una realtà concreta e tangibile che sta progressivamente mutando in modo desolante il volto della nostra società, e se a questo già complesso scenario si somma il dato inquietante sulla crescita delle famiglie con bassa intensità lavorativa, si può comprendere quanto il lavoro oggi non rappresenti più una garanzia, ma una condanna a vivere al di sotto della soglia minima di autosufficienza.
In un Paese che da sempre si è contraddistinto per la sua creatività, le sue capacità imprenditoriali e la forza della sua classe lavoratrice, questa situazione appare incomprensibile e angosciante; il reddito medio è aumentato, ma solo sulla carta. Infatti, se poniamo la questione in termini reali, questo appare in realtà in diminuzione.
Il 2023 è stato protagonista di un incremento nominale del 4,2%, ma il potere d’acquisto è sceso dell’1,6% e la condizione delle famiglie più povere, quelle che guadagnano meno, è sempre più disperata: la differenza tra chi sta bene e chi è in difficoltà aumenta a dismisura, con il divario che ha raggiunto livelli strazianti. E se il distacco tra il Nord e il Sud è ormai una costante, un punto su cui non si può sorvolare – il dato che più di tutti ci dovrebbe far riflettere – è quello che riguarda i giovani, che oggi sono più esposti alla povertà rispetto a qualsiasi altra fascia di popolazione.
In un Paese in cui l’emigrazione all’estero dei giovani è ormai prassi, in cui il tasso di disoccupazione giovanile continua a crescere e in cui la speranza di un futuro migliore sembra diminuire di giorno in giorno, i dati sull’incremento del rischio di povertà per i giovani sono laceranti.
Istat, povertà e disuguaglianza: l’ombra che cresce sulla società italiana
Nel quadro di una povertà che dilaga, l’Istat fornisce un altro numero preoccupante: le disparità non riguardano solo le fasce più fragili della popolazione, ma puniscono in modo particolare i lavoratori autonomi, le donne, i giovani e gli stranieri. La precarietà, infatti, non è un fenomeno circoscritto solo a chi dispone di meno risorse economiche, ma un problema che vede coinvolta una larga fetta del mondo del lavoro, dove uno su dieci tra coloro che sono impiegati non arriva a guadagnare una somma sufficiente per assicurargli una vita perlomeno dignitosa.
È proprio qui il paradosso del nostro tempo: il lavoro sembra non bastare più per essere certi di non ritrovarsi a vivere in condizioni di miseria e povertà. Ma non è solo il lavoro a essere nella crisi più nera. La politica economica italiana presenta delle lacune visibili ad occhio nudo: la mancata riforma del sistema fiscale e l’attenzione pressoché assente a chi vive in povertà stanno creando una situazione insostenibile, confermata dalle parole del segretario della CGIL, Maurizio Landini, che ha parlato di un Paese di “precari e poveri”.
In questa situazione in cui il tasso di povertà non accenna a fermarsi, diviene sempre più urgente la necessità di un cambiamento drastico: non solo sul piano economico, ma anche sul piano sociale, e se non si cambierà prospettiva, se non si interverrà in maniera strutturale e radicale per garantire la possibilità di condurre un’esistenza dignitosa, i rischi saranno altissimi, con una società destinata a polarizzarsi tra chi può tutto e chi niente, e a frantumarsi in modo irreversibile.
