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Home » Chiesa » CONCLAVE/ “I vecchi schemi sono tutti saltati, potrebbe esserci un nuovo caso-Bergoglio”

  • Chiesa

CONCLAVE/ “I vecchi schemi sono tutti saltati, potrebbe esserci un nuovo caso-Bergoglio”

Int. Massimo Introvigne
Pubblicato 3 Maggio 2025 - Aggiornato alle ore 06:08
Cardinali nella Basilica di San Pietro in occasione di un concistoro, nel 2016 (Ansa)

Cardinali nella Basilica di San Pietro in occasione di un concistoro, nel 2016 (Ansa)

Conclave imprevedibile. Decisivi i discorsi nelle congregazioni, ma i cardinali potrebbero optare per quelli più conosciuti. Come Parolin o Grech

Non ci sono progressisti né conservatori in conclave, ma cardinali che, a seconda del tema trattato, possono essere annoverati tra quelli più tradizionalisti o innovatori. E non contano tanto neanche le aggregazioni geografiche: si è molto parlato, ad esempio, della Chiesa africana, ma in realtà, visto che per l’elezione occorrono i due terzi dei voti, nessun continente, di fatto, può essere decisivo per indicare il nome del successore di papa Francesco.


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Gli unici due criteri che possono essere presi in considerazione per l’elezione del pontefice, suggerisce Massimo Introvigne, sociologo fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter, sono questi: da una parte, i cardinali, molti dei quali non si conoscono, potrebbero farsi convincere dai discorsi pronunciati da qualcuno di loro durante le congregazioni che precedono il conclave; dall’altra, per evitare un salto nel buio fidandosi di persone sostanzialmente sconosciute, potrebbero indirizzare i voti verso i cardinali noti a tutti per il ruolo che svolgono. Per questo, ad esempio, potrebbero salire le quotazioni di Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano, e del cardinale maltese Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi.


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Le voci sui candidati si inseguono e la lista dei possibili successori di papa Francesco si allunga giorno per giorno. Qual è il quadro della situazione a pochi giorni dal conclave?

Ci sono due linee di pensiero. La prima è che sarà un conclave imprevedibile perché, come tutti sanno, ci sono cardinali che non si conoscono, che arrivano da Paesi che non hanno molti contatti con il resto della Chiesa cattolica. Alcuni sono arrivati negli ultimi giorni e non hanno partecipato ai primi incontri delle congregazioni: c’è un numero di votanti, insomma, il cui atteggiamento è ampiamente imprevedibile. Poi c’è una seconda scuola di pensiero, secondo la quale, quando non si conosce nessuno, si finisce per puntare sui volti più noti, come quello di Parolin, che è il segretario di Stato, o di Grech, che ha guidato il Sinodo.


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Qual è l’interpretazione più attendibile?

Credo la prima. Circola un’interpretazione, sicuramente falsa, per cui tutti i porporati, che sono la maggioranza, nominati cardinali da papa Francesco, siano bergogliani. Chi dice queste cose dovrebbe riflettere sul fatto che Bergoglio stesso è stato eletto da cardinali che erano stati nominati da Ratzinger o da Wojtyła, o che i cardinali africani che Francesco ha nominato sono quelli che più di altri si sono ribellati alla benedizione delle coppie omosessuali.

In una situazione in cui mancano dei punti di riferimento, ci sono cardinali che possono influenzare le scelte degli altri? Qualcuno parla del lussemburghese Jean-Claude Hollerich per i cosiddetti progressisti e del cardinale Gerhard Ludwig Müller tra le file dei conservatori.

Un’altra idea che mi sembra sopravvalutata è che esista un fronte conservatore: esistono figure come Burke, che partecipa alle congregazioni ma non al conclave, o come il cardinale Robert Sarah, Müller stesso, che indubbiamente sono stati critici, diciamo così, da destra, nei confronti di papa Francesco; però non mi sembra che ci sia un fronte o un’organizzazione. Piuttosto, ci sono 4-5 porporati su queste posizioni, neo-tradizionaliste o nostalgiche di Benedetto XVI, che hanno visibilità. Però non sono neanche uniti fra loro.

Che cosa li divide?

Non sono uniti perché dipende di che dossier si parla. Il cardinale Zen ha parlato alle congregazioni, anche se non parteciperà al conclave perché ha 90 anni. Molto saggiamente, ma spiazzando qualche attesa, non ha parlato della Cina, ma di temi spirituali. Però si sa che è critico in merito all’accordo di Francesco con Pechino. Magari non lo è su altri argomenti. Insomma, non c’è un chiaro fronte conservatore, e se c’è si tratta di un numero di porporati che non sono in grado di condizionare il conclave. Come non c’è neppure un fronte ultra-progressista: ci sono singole personalità, alcune fuori del conclave ma certamente influenti, come Kasper, ma anche loro hanno opinioni diverse su questioni diverse.

È cambiata proprio la configurazione del conclave?

Mi sembra che fino al 2013, senza che sia stata una lettura in grado di tenere conto di tutte le sfumature, valeva l’idea che ci fossero dei conservatori e dei progressisti. Adesso questa interpretazione non funziona più. Quando ci troviamo di fronte a un numero così alto di porporati che non sono europei né nordamericani, diventa più difficile etichettare certe posizioni. Lo stesso papa Francesco, per esempio, sull’aborto era quasi un “ultrà”. Questo vale per esempio per un certo numero di cardinali del Terzo Mondo, che anche per ragioni culturali, penso alla cultura africana, non vogliono sentire parlare né di aborto, né di sacerdozio delle donne, né di benedizione delle coppie omosessuali; però, magari, sulle questioni sociali, il lavoro, gli ultimi, gli emarginati, hanno posizioni che in Europa chiameremmo progressiste.

Questa situazione, allora, favorisce che tipo di candidatura?

Nei conclavi imprevedibili rischia di emergere qualcuno per la sua personalità: per una certa fama di vita santa e di buon lavoro, o per un’oratoria carismatica in grado di affascinare i cardinali all’ultimo minuto. Personalità di questo tipo ce ne sono, tra quelli conosciuti Pizzaballa o Tagle, ma potrebbero emergerne altri che in questo momento molti non conoscono.

Si è parlato molto della Chiesa africana: è possibile che ci sia un’aggregazione di voti su base continentale? E i nordamericani, per esempio, possono spostare gli equilibri?

Gli americani non credo, perché sono molto divisi tra loro. Con l’Africa e l’Asia potrebbe succedere, ma da soli non fanno la maggioranza: Benedetto XVI l’ha riportata a due terzi.

Uno degli ultimi nomi che è circolato è quello di Ángel Fernández Artime, cardinale spagnolo. Potrebbe essere lui il pontefice?

Escono tanti nomi. Si è parlato anche di Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, che mi sembra sia sponsorizzato da Macron. A Trump, invece, piace Dolan, cardinale americano. A me sembra, comunque, che restino le due possibilità che abbiamo enunciato: la prima è che molti non abbiano idea di chi possa essere il nuovo papa e che si faranno un’opinione ascoltando i discorsi nelle congregazioni dei cardinali. Bergoglio era tra i candidati anche nel conclave precedente a quello che lo scelse, ma fu eletto grazie al discorso che fece alle congregazioni generali. La seconda è che, siccome in molti non conoscono nessuno tranne che un paio di porporati, alla fine si punti su questi ultimi. Magari, per diverse ragioni, né Parolin né Grech convincono a pieno, ma per evitare un salto nel buio, molti convergerebbero su di loro perché li conoscono in virtù dei loro incarichi.

Si dice che il conclave durerà al massimo due o tre giorni, oppure che si avrà il nuovo papa già il 7 maggio. L’attesa sarà breve?

È un auspicio. In realtà, la situazione è all’insegna della totale imprevedibilità. Oggi siamo al 3 maggio: potrebbe essere che qualcuno, il 5, faccia un discorso come quello di Bergoglio alle congregazioni generali, per cui tutti si alzano in piedi ad applaudire, per poi votarlo una volta entrati nella Cappella Sistina.

(Paolo Rossetti)

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Tags: ConclavePapa FrancescoElezione Papa

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