India e Pakistan, storiche nemiche, sono ancora sull’orlo di una guerra. Tra i motivi la necessità per la Cina di uno sbocco per l’Oceano Indiano
L’attacco portato il 22 aprile nella parte di Kashmir amministrata da Nuova Delhi, nel quale sono morte 28 persone, mantiene tesi i rapporti tra India e Pakistan. Tanto da far temere una guerra tra i due Paesi, entrambi detentori di armi nucleari. L’attentato di un gruppo terroristico con base in Pakistan (Lashkar-e-Taiba), messo a segno nei giorni della visita in India del vicepresidente USA J.D. Vance, ha riportato a livelli altissimi la tensione che ormai rappresenta una costante da quando, nel 1947, entrambi i Paesi hanno dichiarato l’indipendenza. Una tensione alimentata dalle contese proprio sulla regione del Kashmir, a maggioranza musulmana, come il Pakistan.
Dietro questa crisi che dura da decenni, però, spiega Giuseppe Morabito, generale dell’esercito, fondatore dell’IGSDA e membro del collegio dei direttori della NATO Defense College Foundation, c’è anche la guerra commerciale fra India e Cina. Quest’ultima sfrutta le buone relazioni con Islamabad per ritagliarsi in Pakistan un importantissimo corridoio che le permette di trasportare le sue merci verso l’oceano e fare concorrenza all’economia indiana.
Il conflitto tra Nuova Delhi e Islamabad rimane una possibilità, anche se il premier indiano Modi, dopo aver allertato l’esercito, si è limitato a disporre un embargo commerciale nei confronti delle merci pakistane. Probabile, comunque, che siano gli USA, che sono già intervenuti con il segretario di Stato Marco Rubio, e la Cina a intervenire per calmare gli animi.
Gli occhi del mondo sono puntati su Ucraina e Gaza, ma tra poco ci dovremo confrontare anche con la guerra fra India e Pakistan?
L’attentato all’origine di questa crisi è avvenuto nei giorni in cui in India era in visita il vicepresidente americano J.D. Vance. Una scelta non casuale, per dare rilievo all’aggressione e riaccendere una tensione mai sopita che dura da subito dopo la Seconda guerra mondiale. L’India in questi ultimi tempi sta cercando di rinsaldare i rapporti con gli USA e i terroristi hanno approfittato dell’occasione per rimettere al centro il problema del Kashmir, dei suoi confini e della sua gestione. Un episodio abbastanza grave, almeno per gli indiani, da minacciare una guerra, anche se non credo che ci si arriverà.
Gli indiani dicono di considerare questo attentato il loro 7 ottobre, facendo presagire la possibilità di una risposta violenta come quella degli israeliani ad Hamas. Perché hanno usato questo paragone?
Il parallelismo con il 7 ottobre non riguarda evidentemente il numero dei morti, ma il fatto che l’attentato sia stato organizzato da un gruppo di terroristi islamici che hanno attaccato un Paese non musulmano. Il premier indiano Modi ha usato questo paragone per giustificare un’eventuale futura azione militare, accusando direttamente il Pakistan, perché i terroristi che hanno rivendicato l’azione hanno base proprio nel territorio del Paese confinante. New Delhi li considera “sponsorizzati” dal governo di Islamabad.
Cosa pensa della risposta del governo indiano?
Di fronte a un attacco del genere, attribuito a un nemico storico, il governo Modi si è sentito in dovere di reagire in modo determinato. Un atteggiamento più morbido poteva portare a una perdita di consenso interno.
Ma perché, a distanza di quasi 80 anni, India e Pakistan continuano a guardarsi in cagnesco? Ci sono altre ragioni che li rendono Paesi nemici?
Siamo in un’area particolarmente importante, soprattutto per la Cina, che attraverso il Pakistan arriva all’Oceano Indiano trovando uno sbocco per imbarcare le sue merci. Lì ha contribuito allo sviluppo di una rete portuale che permette a Pechino di non dover passare dallo stretto di Malacca. I cinesi sfruttano questo corridoio, che rappresenta un pilastro della Belt and Road Initiative, riducendo i tempi di trasferimento dei loro prodotti verso l’ovest. Si tratta di uno strumento importante, quindi, per realizzare i loro affari, ma che non fa gioco all’economia indiana, perché l’India è in piena guerra commerciale con la Cina.
Il problema, però, è anche che i due Paesi hanno entrambi ordigni nucleari. Si rischia una guerra di questo tipo?
Le armi nucleari le hanno tutti e due, ma finora non sono mai arrivati a pensare di usarle. È logico, tuttavia, che bisogna mettere in conto questa possibilità, anche se l’entità dell’attacco non è tale da giustificare una risposta del genere. Il rischio, seppure remoto, che questo possa succedere, però, rimane. Escluderei questa eventualità, anche perché, oltre ai danni che i due Paesi provocherebbero l’uno all’altro, scatenerebbe una crisi di portata mondiale. Bisogna trovare il modo di affrontare la questione sul piano diplomatico, come è stato fatto negli ultimi anni.
Sulla vicenda in questi giorni è intervenuto anche il segretario di Stato americano Marco Rubio, che ha invitato India e Pakistan a mantenere la calma. Anche la Cina, che appoggia il Pakistan, farà lo stesso?
Credo che USA e Cina abbiano tutto l’interesse a calmare la situazione. Xi Jinping ha interesse che il corridoio commerciale attraverso il Pakistan non venga bloccato per nessun motivo.
(Paolo Rossetti)
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